La Corte d’assise di Napoli ha condannato all’ergastolo Antonio Martone, chef di bordo originario di Sant’Antonio Abate, per l’omicidio del fratello Domenico con aggravante della premeditazione. I fatti risalgono allo scorso marzo quando il 37enne ha portato il fratello di 33 anni in un casolare di campagna a Lettere, in provincia di Napoli, per poi dargli fuoco e lasciarlo agonizzante tra le fiamme. Secondo l’accusa l’imputato uccise il fratello bruciandolo vivo per incassare i soldi della polizza vita.

A incastrarlo sono stai i video delle telecamere di sorveglianza consultati dagli inquirenti, insieme allo storico delle ricerche in Rete dell’imputato che hanno contribuito a creare il quadro probatorio. Secondo quanto emerso dalle indagini, Martone stava pianificando il delitto da oltre un anno, come confermato dalle ricerche su Google con le quali cercava informazioni su come “uccidere senza sospetti” , come incassare “assicurazione sulla vita in caso di assassinio”. Dopo il delitto ha invece cercato sul motore di ricerca “perché quando una persona è morta non prende fuoco”. Un dettaglio che fa il paio con il ritrovamento del corpo della vittima corpo della vittima, carbonizzato solo per metà.

Sempre secondo quanto sostiene l’accusa, sarebbe stato lo stesso Martone nel 2021 a convincere il fratello a stipulare un’assicurazione sulla vita con l’intenzione di incassare i circa 400mila euro della polizza. “Come Caino e Abele” ha commentato il pubblico ministero di Torre Annunziata, Emilio Prisco, a proposito dell’omicidio durante la requisitoria che ha preceduto la sentenza di condanna, sottolineando che “l’imputato non ha mai mostrato segni di ravvedimento, né abbozzato una confessione“.

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