“Sfollare 2,3 milioni di palestinesi che abitano a Gaza nel Sinai”. È il piano contenuto nella bozza di un documento presentato al capo del governo israeliano, Benjamin Nethanyahu, dal ministro dell’Intelligence, datato 13 ottobre. Il plico top secret, contenente la proposta, è stato pubblicato da un sito israeliano e ha obbligato il governo ad ammetterne l’esistenza. Il documento esiste, ha dichiarato l’ufficio del primo ministro interpellati dalla Associated Press, “ma è solo concettuale – e non vincolante -, questo tipo di documenti vengono preparati dalle agenzie governative a ogni livello”. E ha poi spiegato che “la questione del ‘giorno dopo’ non è stata ancora discussa”. La priorità del paese oggi è “ la distruzione delle capacità governative e militari di Hamas”.

Se la bozza venisse attuata, sarebbe una nuova Nakba per i palestinesi. “Non permetteremo che ciò che è avvenuto nel 1948 avvenga nuovamente”, ha commentato Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente dell’autorità palestinese, Mahmoud Abbas. “Siamo contrari al trasferimento della popolazione in qualsiasi luogo, in qualsiasi forma. È una linea rossa che non permetteremo venga oltrepassata”, ha concluso parlando con la stampa araba.

Al momento, solo 500 palestinesi con doppio passaporto hanno attraversato il valico di Rafah che collega la Striscia con l’Egitto. La linea del Cairo, come già segnalato da diversi analisti, al momento rimane quella di non aprire il Sinai all’accoglienza dei profughi palestinesi che, secondo il piano contenuto nella bozza israeliana, sarebbero prima accolti in tendopoli da trasformare in seguito in vere città. Tutto, però, avverrebbe solo dopo aver creato un cuscinetto di sicurezza che prevenga il ritorno dei rifugiati nella Striscia di Gaza.

Anche gli Stati Uniti, insieme a diversi Stati, starebbero esplorando delle soluzioni. Fra queste, ha dichiarato martedì 31 ottobre il segretario di Stato americano, Antony Blinken, “ci sarebbe quella di rivitalizzare il ruolo dell’Autorità Palestinese all’interno della Striscia”. Nel caso questo scenario non fosse praticabile, il segretario di Stato ha spiegato che potrebbero esserci “accordi temporanei che coinvolgerebbero un certo numero di altri Paesi della regione e agenzie internazionali, queste ultime aiuterebbero a garantire sia la sicurezza che la governance”.

Sul terreno, continua l’offensiva israeliana. Cinquanta palestinesi, secondo quanto riporta il ministero della sanità di Gaza, sono morti inseguito al bombardamento del campo profughi di al Jabalia. Mentre l’esercito israeliano chiarisce che ad essere stati colpiti è “un grande numero di terroristi”. L’obbiettivo del raid, aggiungono, erano delle strutture sotterranee e un capo di Hamas. Foto diffuse da attivisti presenti sul terreno mostrano enormi crateri di esplosioni. Gli ospedali vicini riportano di aver accolto oltre 400 feriti.

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