“Abbiamo chiarito a Netanyahu che è necessario un accordo ‘tutti in cambio di tutti'”, tutti i detenuti palestinesi in cambio di tutti gli ostaggi. Così hanno parlato le famiglie dei rapiti parlando in piazza subito dopo l’incontro con il premier israeliano. “Devono riportarli a casa con qualsiasi tipo di negoziato, non importa cosa gli danno in cambio”, ha aggiunto uno dei portavoce. A 22 giorni dall’inizio del conflitto, mentre i tank di Israele sono ormai da venerdì sera dentro la Striscia di Gaza, lo stallo sulla situazione delle 230 persone (il conteggio è stato aggiornato ancora oggi) rapite da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre è uno dei temi che più mettono in difficoltà il governo di Netanyahu.

Nel pomeriggio centinaia di parenti delle persone ancora in ostaggio si sono riuniti a Tel Aviv per chiedere al governo di anteporre la restituzione dei loro cari agli obiettivi militari. Il premier li ha incontrati per la prima volta dopo settimane e ha sostenuto che “quanto più è grande la pressione su Hamas tanto maggiori sono le possibilità” che siano rilasciati. Ma proprio negli stessi minuti Abu Ubaida, portavoce delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato dell’organizzazione terroristica, ribadiva che “il prezzo da pagare” in cambio è la liberazione di tutti i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Sostenendo, per di più, che un accordo era vicino ma ora “si è bloccato” perché Israele avrebbe ostacolato l’intesa e mostrato “titubanza” proprio nelle ore immediatamente precedenti alle incursioni di terra di venerdì.

Per parte sua Netanyahu, che stasera ha parlato alla nazione, dopo l’incontro ha affidato il commento a una nota diffusa dall’ufficio, sostenendo che lo sforzo per riportare a casa gli ostaggi “non solo continua ma aumenta di giorno in giorno” ed è “parte integrante degli obiettivi dell’operazione, così come li abbiamo definiti. Non è solo retorica”. Anche la versione dell’esercito israeliano è che che si sta cercando di rovesciare Hamas e di riportare al tempo stesso indietro gli ostaggi. Ma nessuno ha spiegato come si punti a ottenere entrambi gli obiettivi allo stesso tempo. Le famiglie degli ostaggi temono che l’intensificarsi dell’offensiva israeliana a Gaza stia peggiorando la situazione dei prigionieri, mettendoli in pericolo. Secondo Hamas, sarebbero almeno 50 le persone rapite morte sotto i raid di Israele.

Quanto a uno scambio, in serata è stato l’esercito a bocciare l’ipotesi senza mezzi termini. Le dichiarazioni di Hamas”sono una forma di terrorismo psicologico, concepito per disseminare pressione e terrore nelle famiglie degli ostaggi”, ha affermato il portavoce militare israeliano Daniel Hagari.

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Le famiglie degli ostaggi israeliani criticano Netanyahu: “Non è colpa degli abitanti di Gaza, soffrono anche loro a causa di Hamas”

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Voci di Gaza – “L’accesso a internet è l’unico modo per sapere se la famiglia è viva”: l’operatrice Oxfam e le conseguenze del blackout

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