Per i giornalisti queste tre settimane sono state le più sanguinose, le peggiori, dall’inizio del monitoraggio del conflitto, ovvero da 1992. A tracciare il bilancio dell’informazione nel corso della guerra in Medioriente è il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) , associazione che si occupa della libertà di stampa nel mondo e difende il diritto dei giornalisti di operare in sicurezza senza timori di repressione. L’organizzazione descrive un quadro drammatico: sono stati infatti 29 i cronisti morti nella guerra tra Israele e Hamas dal 7 ottobre, tra cui 24 palestinesi, quattro israeliani e un libanese. Inoltre, altri 8 giornalisti sono rimasti feriti e 9 risultano dispersi o detenuti. A complicare la situazione anche l’interruzione dei servizi di comunicazione nella Striscia di Gaza, un “blackout di notizie” che compromette la capacità del pubblico di “conoscere e capire cosa sta succedendo in questo conflitto”.

Ma a precisare che è impossibile garantire la sicurezza dei cronisti che operano nella Striscia è lo stesso esercito israeliano: in una lettera alle due agenzie di stampa internazionali Reuters e France Presse, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno annunciato che stanno “prendendo di mira tutte le attività militari di Hamas in tutta Gaza“, aggiungendo che la fazione palestinese ha deliberatamente effettuato operazioni militari “nelle vicinanze di giornalisti e civili“. Di conseguenza, aggiungono, “non possiamo garantire la sicurezza dei giornalisti che operano nella Striscia di Gaza”.

Nella lettera di cui riferisce il Guardian, l’esercito di Israele ha osservato che i suoi attacchi ad alta intensità contro obiettivi di Hamas potrebbero causare danni agli edifici circostanti e che i razzi del movimento terrorista che guida la Striscia potrebbero anche esplodere e uccidere persone all’interno di Gaza.

Il Cpj oggi si è detto “fortemente allarmato” dalle notizie di un blackout delle comunicazioni a Gaza. In una nota sul suo sito web, il Comitato ha sottolineato che il mondo sta “perdendo una finestra sulla realtà” di ciò che sta accadendo a Gaza, poiché gli organi di stampa perdono i contatti con i loro corrispondenti sul campo. “Un blackout delle comunicazioni è un blackout delle notizie – ha ricordato -. La guerra Israele-Gaza è entrata in una nuova fase con bombardamenti intensificati e operazioni di terra da parte delle forze israeliane” e questo “può portare a gravi conseguenze con un vuoto informativo indipendente e fattuale che può essere riempito con la disinformazione”.

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