Fermato dalla polizia antiterrorismo all’aeroporto di Glasgow di ritorno dall’Islanda. Il giornalista Craig Murray, attivista per i diritti umani ed ex diplomatico britannico, dopo essere stato sottoposto ad un colloquio di circa un’ora e aver subito un sequestro di pc e smartphone nella mattinata del 16 ottobre, è stato rilasciato e ha raccontato la vicenda al sito web statunitense The Grayzone. Murray aveva appena trascorso diversi giorni nella capitale islandese Reykjavík, dove aveva preso parte a un evento di solidarietà in favore della popolazione palestinese e incontrato alcuni attivisti della campagna per la liberazione di Julian Assange, che da anni si battono per sensibilizzare sul suo caso e per fare pressione sul governo britannico affinché neghi la possibilità di estradizione negli Stati Uniti.

Il giornalista ha raccontato che, una volta identificato, è stato informato che avrebbe subito un interrogatorio per essere successivamente condotto in una stanza dove ad attenderlo c’erano tre agenti del corpo antiterrorismo britannici. Murray ha inoltre riferito che prima dell’inizio dell’interrogatorio, è stato messo in guardia dalla polizia britannica sul rischio da lui corso di commettere un reato, con conseguente persecuzione legale, qualora si fosse rifiutato di rispondere alle domande o avesse risposto in modo non veritiero, nascosto informazioni o non avesse fornito i codici di accesso ai dispositivi elettronici di cui era in possesso. Una volta iniziato l’interrogatorio “per prima cosa” – ha riferito Murray – “mi hanno chiesto informazioni in merito all’incontro privato della campagna Assange” ritenendo di particolare interesse gli “aspetti finanziari” sia personali dell’uomo sia quelli riguardanti il suo rapporto col movimento, ovvero “se ricevo soldi per i miei contributi alla campagna, se vengo pagato da WikiLeaks o persino dalla famiglia di Julian” ha raccontato Murray.

In seconda battuta, è stato messo sotto la lente il blog personale gestito da Murray, con domande specifiche da parte degli ufficiali intenti a sapere se oltre a lui ci fosse qualcun altro in grado di pubblicarvi contenuti per poi passare alla questione calda del momento, il conflitto mediorientale e le posizioni di solidarietà espresse da Murray con la popolazione e la causa palestinese. Sulla questione, gli agenti hanno insistito particolarmente chiedendo quale fosse il contenuto delle proteste e delle iniziative che aveva presieduto e se l’uomo avesse intenzione di partecipare ad eventi simili anche nel Regno Unito. Domanda alla quale Murray ha risposto: “Probabilmente”.

Ad un’ora dall’inizio dell’interrogatorio, ovvero il tempo necessario affinché, secondo l’allegato numero 7 della legge britannica sul terrorismo del 2000, l’uomo potesse essere trattenuto senza poter esigere l’assistenza di avvocati, Murray è stato rilasciato senza computer e telefono, che sono rimasti nelle mani degli agenti. Non è però una novità nella vita dell’uomo perché, come lo stesso ha raccontato, nel corso di un viaggio in Germania alla fine dello scorso anno, due suoi computer furono sottratti da posti differenti con delle modalità inusuali che gli permettono di poter affermare che quei furti furono compiuti “probabilmente dai servizi segreti”. In un rapporto pubblicato nel luglio del 2023 dall’autorità britannica di vigilanza sulla legislazione sul terrorismo, è stato messo in luce come in altri casi simili al fermo di Murray sono stati utilizzati dei metodi “esagerati e prepotenti”, senza tener conto degli effetti del Terrorism and Border Act britannico del 2019 rinforzato dal National Security Act approvato quest’anno.

Articolo Precedente

Nome in codice “Nili”: la nuova unità speciale dello Shin Bet che dà la caccia ai capi dell’élite militare di Hamas

next
Articolo Successivo

“A Gaza serve carburante per gli ospedali, per azionare i pozzi d’acqua e le ambulanze”, la testimonianza dell’operatrice di Oxfam

next