Giornali e tv neanche a parlarne e per informarsi utilizzano Instagram e TikTok. Va così anche a Torino, con la differenza che gli studenti del liceo Gioberti l’influencer ce l’hanno in cattedra e le lezioni finiscono dritte online. Come quella su Gaza, Israele e Hamas, oltre 100mila visualizzazioni in poche ore, registrata davanti a ragazzi di terza che i programmi ministeriali vorrebbero alle prese con l’anno mille. “No, nessuno mi obbliga, ma un insegnante è anche un formatore sulle grandi questioni del mondo, a partire dalla pace e dalla convivenza civile. E poi sono stati i ragazzi a chiedermi di aiutarli: prof, ci potrebbe spiegare?”, racconta al Fatto Matteo Saudino, barbuto docente di Filosofia e Storia al Gioberti, autore di libri, podcast e titolare di un canale YouTube che ha chiamato BarbaSophia, con 300mila iscritti e 10 anni di attività.

Saudino, l’età dei suoi studenti è un vantaggio o una fragilità di fronte ad avvenimenti così complessi?
Sono fragili e disorientati. Vivono in un mondo veloce, fatto di consumo, di social, e questioni complesse come il conflitto israelo-palestinese non appartengono al loro orizzonte. Hanno un background storico e politico dove l’interesse per l’attualità si è ridotto e quello politico è molto precario. Ma la stessa fragilità innesca in alcuni di loro una sana curiosità, la volontà di comprendere senza preconcetti, proprio perché a digiuno e quindi non schierati. Me l’hanno chiesto in tanti e così, oltre alla lezione per la quinta ho preparato quella per la terza, che ho poi messo online.

Dal video non sembra volare una mosca.
È vero, pare di essere a teatro, sono fortunato. Lavoro spesso segnalando loro i quotidiani ma anche trasmissioni televisive e selezionati profili social. Ma alla fine il 99 percento sceglie i social e nient’altro. Dei miei, un solo ragazzo di quinta legge un quotidiano perché la madre lo compra. Quanto al dibattito pubblico, lo trovo pessimo, fazioso, coi fatti che spariscono o vengono invertiti. Basti pensare a come cambiano i concetti di occupante e occupato a seconda che l’Europa si rapporti alla questione israelo-palestinese o alla guerra in Ucraina.

Cosa significa essere responsabili quando si tratta di introdurre un tema così complesso?
Significa dare le coordinate, definire i fatti, gli eventi, che poi sono anche interpretabili, ma vanno spiegati, inquadrati gli attori, i protagonisti. Serve dare strumenti e quindi costruire una grammatica e un linguaggio: storici, politici. Le basi sono queste.

In questo caso quali sono le coordinate imprescindibili?
L’inizio: il sionismo e il ruolo dell’Inghilterra. La Seconda guerra mondiale e la Shoah. La nascita del nazionalismo arabo e poi quanto accade tra il ’47 e ’48, con il rifiuto degli arabi ad accettare la proposta di allora. Le guerre di Israele che hanno portato all’occupazione della Palestina e alla non nascita dello Stato palestinese. Poi il declino, la corruzione e l’impotenza di Al-Fatah e Abu Mazen, e il terrorismo jihadista di Hamas. Infine il governo Netanyahu con le sue politiche di apartheid e colonialismo.

Le reazioni in classe?
In terza per lo più hanno chiesto ulteriori chiarimenti. In quinta invece sono intervenuti, chi difendendo la causa palestinese, il diritto ad avere uno Stato, sostenendo che quella di Israele è un’occupazione mentre dall’altra parte c’è una resistenza, anche se sbagliata. C’è chi si è appellato alle risoluzioni Onu con Israele che non le rispetta e chi invece ha detto di no, che la presenza di Hamas non permetterà mai ad Israele di concedere un’indipendenza.

A quel punto il suo ruolo qual è?
Io accompagno la discussione, ma li lascio liberi di esprimersi. Ovvio, nel rispetto delle idee altrui e anche dei valori di fondo: nessuno può incitare alla violenza e infatti non è mai successo. Peraltro non potremmo scandalizzarci visto che ad ammazzare sono gli Stati, gli eserciti, i gruppi terroristici, non certo le parole degli studenti. Preoccupiamoci della violenza delle classi dirigenti che sembra guidare il pianeta a tutta velocità contro un muro.

Possiamo dire ai giovani che l’umanità impara poco o nulla dal suo passato?
In queste occasioni sono sempre tentato di citare Schopenhauer: l’essere umano è stupido, non impara nulla, anzi reitera egoismo, desiderio, sopraffazione e la Storia non è altro che il ripetersi della stessa immane tragedia. Ma poi c’è un po’ di ottimismo anche in me. Penso che la Storia non sia mai stata maestra di vita. E tuttavia può essere uno strumento per comprendere, che rende più liberi, emancipa. Senza illuderci né dimenticare che l’essere umano è pigro e si affida spesso al sentito dire.

Come coltivare il pensiero critico in un’epoca dove sono tutti influencer, anche il prof di Filosofia e Storia?
Insegnare è sempre più difficile proprio perché la scuola è solo uno dei tanti centri formativi, tv e social compresi, e anche per questo è stata depotenziata. Non dico sia per forza un male, ma a maggior ragione un insegnante deve essere anche un educatore. “È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”, diceva Edgar Morin, gigante della pedagogia. Teste che sappiano ragionare bene, dunque, anche attraverso l’empatia e le emozioni per provare a comprendere la realtà. Quanto agli influencer, beh, in un mondo dove esistono è bene che ci sia anche un Alessandro Barbero e nel suo piccolo anche BarbaSophia.

Qui abbiamo finito, può dire qualcosa ai giovani.
Il motto latino, il vecchio sapere aude: abbiate sempre, assolutamente, il coraggio di pensare.

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