Si sa già cosa è accaduto martedì sera davanti all’ospedale Al-Alhi di Gaza e attribuirne una responsabilità? Sì, secondo diversi quotidiani italiani. Assolutamente no secondo la BBC che ha pubblicato un lungo articolo firmato da quattro giornalisti del team “Verify” – Paul Brown, Joshua Cheetham, Sean Seddon e Daniele Palumbo – supportati dal team di “Visual Journalism” e da altri quattro colleghi (Tom Spencer, Shayan Sardarizadeh, Emma Pengelly e Jamie Ryan). Nonostante sia stati contattati 20 think tank, università e aziende con esperienza nel settore degli armamenti, nonostante la presenza sul posto di un reporter (Rushdi Abualouf) e il parere anche di un esperto nel campo delle lesioni da conflitto, interpellato per analizzare le ferite sui corpi delle vittime, nonché l’analisi di foto e video disponibili, i giornalisti dell’autorevole tv britannica sono arrivati a una sola ragionevole conclusione: “Tra accuse e controaccuse, arrivare alla verità è più difficile che mai”. E avvisato che la loro inchiesta, pubblicata sul sito, verrà aggiornata perché “nuove informazioni emergono continuamente” con l’intento dichiarato di cercare di “svelare ciò che si sa e ciò che non si sa”.

Prima di entrare nell’analisi, tra l’altro, il team di BBC Verify ha sottolineato: “È anche importante notare che, oltre ai combattimenti sul campo, questo conflitto si sta svolgendo come una guerra dell’informazione. Questa non è la prima volta che le autorità di Israele e Gaza forniscono resoconti completamente diversi di un’esplosione. Stiamo anche esaminando le loro varie affermazioni e dichiarazioni”. Ma cosa hanno raccolto i cronisti della tv britannica nel lavoro, apparso online con il titolo “Ospedale di Gaza: cosa ci dicono video, immagini e altre prove sull’esplosione all’ospedale di Al-Ahli”?

Innanzitutto il parere di esperti nel settore degli armamenti per analizzare i filmati dell’esplosione. Ne hanno contattati venti: “Nove di loro devono ancora rispondere, cinque non hanno commentato”. In sei hanno risposto: “Abbiamo chiesto se le prove disponibili – compresa la dimensione dell’esplosione e i suoni uditi in precedenza – potessero essere utilizzate per determinare la causa dell’esplosione”. I risultati? “Inconcludenti”. Le risposte infatti non sono state univoche: “Tre esperti con cui abbiamo parlato affermano che non è coerente con ciò che ci si aspetterebbe da un tipico attacco aereo israeliano con munizioni di grandi dimensioni”.

Per J Andres Gannon della Vanderbilt University, negli Stati Uniti, le esplosioni sembrerebbero “piccole” e quindi il “calore generato dall’impatto potrebbe essere stato causato dai residui di carburante per missili piuttosto che dall’esplosione di una testata”. Justin Bronk, ricercatore del Royal United Services Institute, concorda con l’ipotesi di una “sezione di un razzo guasta che ha colpito il parcheggio provocando un incendio innescato da carburante e propellente”. Gannon ha inoltre sottolineato che dal filmato “non è possibile determinare se il proiettile abbia colpito il bersaglio previsto” e i “lampi nel cielo probabilmente indicano” che si trattava di un razzo “con un motore che si è surriscaldato e ha smesso di funzionare”. Valeria Scuto, capa degli analisti per il Medio Oriente di Sibylline, società di valutazione del rischio, sottolinea invece che “Israele ha la capacità di effettuare” attacchi aerei “tramite droni” che montano missili Hellfire, i quali “generano una quantità significativa di calore ma non lasciano necessariamente un grande cratere”. La tipologia di incendi visibili da foto e video, però, “non è coerente con questa spiegazione”.

La BBC ha quindi analizzato immagini e filmati delle vittime per comprendere “cosa possono dirci sull’esplosione in base alla natura delle loro ferite”. Ha quindi interpellato il medico patologo Derrick Pounder, membro fondatore di Physicians for Human Rights ed esperto di lesioni da conflitto: “Il modello delle lesioni sparse è quello che ci si aspetterebbe dalle schegge frutto di un’esplosione”, ha detto alla tv britannica. Uno degli aspetti più “critici” ad avviso della BBC è la “natura” del cratere, molto piccolo per l’Idf, l’esercito israeliano, e quindi una prova che l’esplosione non è stata causata da una delle sue armi. “Un’altra parte importante delle prove mancanti sono i frammenti di missili”, aggiunge il team di giornalisti spiegando come spesso dai residui è possibile stabilire di quale arma si tratti. “Ma non ne abbiamo visti”. Un ultimo punto affrontato è la registrazione diffusa dall’Idf nella quale si sentono due militanti di Hamas discutere riguardo all’origine del missile, attribuibile secondo il loro dialogo alla Jihad islamica palestinese. La conclusione sulla veridicità dello scambio intercettato dall’intelligence israeliana è netta: “Non è possibile verificare in modo indipendente questa registrazione”.

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