In Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia si fa ancora fatica a demolire. Dal 2004 a dicembre 2022 in queste regioni è stato eseguito solo il 15,3% delle demolizioni su 70.751 immobili abusivi per i quali è stato stabilito l’abbattimento. E sono i dati relativi solamente ai Comuni che hanno risposto in maniera completa al monitoraggio civico promosso da Legambiente, ossia 485 Comuni, appena il 24,5% di quelli interpellati. Questo a dispetto delle ordinanze emesse: sommando anche quelle nei Comuni che hanno fornito risposte parziali (sono stati 545, il 27,5% di quelli interpellati) il numero si attesta a 83.430 con una media di un’ordinanza ogni 310 cittadini. Rilevante l’incidenza del mattone illegale nei comuni costieri dove si arriva a una media di quasi 396 ordinanze di demolizione a Comune, cinque volte quella relativa ai Comuni dell’entroterra.

Osservate speciali anche le isole minori dove si registra un abuso ogni 12 abitanti. Qui, però, la risposta al problema è maggiore: il tasso di demolizione rispetto alle ordinanze è del 20,5%. Sotto la media nazionale, invece, gli abbattimenti eseguiti nei sette Municipi di Roma che hanno fornito i dati sull’abusivismo edilizio nei loro territori: a fronte di ben 2.676 ordinanze di demolizione emesse ne sono state eseguite solo 323, il 12,2%. Sono i dati del terzo report di Legambiente sull’abusivismo edilizio, nel quale si riportano i risultati dell’indagine sulle regioni più esposte all’invasione del mattone illegale, le quattro a tradizionale presenza mafiosa e il Lazio, stabilmente nelle prime posizioni della classifica sull’illegalità ambientale stilata ogni anno nel Rapporto Ecomafia.

Trasparenza e ordinanze eseguite – Quattro gli indicatori presi in considerazione dall’associazione ambientalista per il suo monitoraggio civico: trasparenza, ordinanze di demolizione e abbattimenti eseguiti, trascrizioni immobiliari nel patrimonio comunale, trasmissione alle prefetture delle ordinanze di demolizione non eseguite. “Parliamo di un fenomeno che, anche negli ultimi anni, nonostante la crisi edilizia e quella pandemica, si mantiene su livelli preoccupanti, addirittura in crescita nel 2022 come valori assoluti” commenta il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani. La regione più virtuosa, relativamente al tasso di risposta, è la Sicilia: con 154 comuni su 391 che hanno risposto in modo esaustivo, sfiora il 40% del totale. Rapportato alla popolazione residente, la percentuale migliore è quella del Lazio, quasi il 42%. Al secondo posto la Puglia, seguita da Lazio, Campania e Calabria. Dai comuni lungo la costa sono state emesse oltre 43mila ordinanze (il 61% del totale delle ordinanze, il 39% sono quelle emesse nell’entroterra) e ne sono state eseguite 6.731 (il 62%, mentre il 38% è la quota dei comuni dell’entroterra). La regione con il maggior numero di ordinanze emesse è la Campania (23.635), ma quella con il migliore rapporto tra ordinanze emesse ed eseguite è la Sicilia, con oltre il 19%, seguita da Lazio 17%, Campania 13% e Puglia 10%. In fondo alla classifica, la Calabria con il 9,6%.

Trascrizione degli immobili abusivi e ruolo dei prefetti – Numeri bassi per quanto riguarda la trascrizione degli immobili abusivi nel patrimonio del Comune. La media nelle cinque regioni è del 5,6%. Solo la Sicilia fa un po’ meglio, con il 12,5%. Per quanto riguarda le città capoluogo, prima è Catanzaro, con il 9,7%, seconda Ragusa, con il 7,2%, e terza Benevento, con il 6,7%. Roma supera di poco il 5%, le altre sono a zero. Altro elemento significativo, riguarda la trasmissione delle pratiche di demolizione non eseguite da parte dei Comuni ai prefetti: solo il 2% delle ordinanze emesse è stato inviato ai prefetti, in base all’articolo 10bis della legge 120/2020. Nel Lazio e in Sicilia il dato supera di poco il 3%, in Campania il record negativo con lo 0,5%. Limitando l’analisi ai soli Comuni costieri, con solo 617 ordinanze trasmesse il dato percentuale scende all’1,4%.

Di fronte a questa situazione, Legambiente rilancia sei proposte al governo Meloni chiedendo proprio di restituire “il senso originario all’articolo 10bis”. La norma era stata approvata dal Parlamento per fare fronte alle mancate demolizioni da parte dei Comuni degli abusi non sanabili nonostante tre condoni edilizi, l’ultimo nel 2003, con un’assunzione dell’onere da parte dello Stato. Pochi mesi dopo l’entrata in vigore della norma, ricorda Legambiente, “un’improvvida circolare del ministero dell’Interno, ne ha di fatto bloccato l’applicazione, restringendola solo agli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e salvando così decine di migliaia di manufatti illegali”.

Cosa alimenta l’abusivismo – “A frenare il processo di risanamento delle aree massacrate da decenni di anarchia urbanistica e illegalità – commenta Laura Biffi, coordinatrice dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente – è quella politica, locale e nazionale, che, a dispetto della consapevolezza maturata tra i cittadini, rimane ostaggio di interessi a breve e brevissimo termine. Tra tentativi di condono, più o meno espliciti, proclami a favore di un falso ‘abusivismo di necessità’ e disinteresse al tema, si continua – nei fatti – ad avallare il mattone illegale”. Nell’ultimo rapporto sul Bes dell’Istat, realizzato in collaborazione con il Cresme, l’abusivismo edilizio è stimato in crescita del 9%. E la situazione nelle regioni del Sud viene definita come “insostenibile”, con 42 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole.

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