Siamo da anni ad affrontare in vari modi e a diversi livelli istituzionali l’emergenza migranti che dovrebbe essere europea ma che, avendo l’Italia quasi esclusivamente confini di acqua, è principalmente un affare “nostrum”. Ovviamente questa emergenza diventa anche una emergenza sanitaria perché, con la crisi economica, le diseguaglianze si accentuano e il sistema sanitario Nazionale è messo a dura prova anche sotto questo punto di vista.

L’articolo 32 della Costituzione Italiana recita:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Ovviamente i numeri dei migranti non saranno mai certi. I regolari lo sono anche per l’assistenza sanitaria. Gli irregolari sono individuati sotto il termine Straniero Temporaneamente Presente (STP) e spesso non sono assistiti adeguatamente ma comunque creano numero, nel loro percorso assistenziale, a scapito anche di cittadini italiani che hanno versato contributi per decenni. Nessuno ne parla ma questo – a mio avviso – è un grande problema.

Mi si risponderà che esistono enti caritatevoli, come quando esistevano per i cittadini italiani prima dell’entrata in vigore del Sistema Sanitario Nazionale nel 1981. Ma sono enti che vivono con il contributo del volontariato e delle sovvenzioni spesso private e a volte usano soldi non sempre in modo “pulito”. Che giro economico esiste visto che lo Stato per ogni rifugiato versa diverse decine di euro al giorno?

Perché gli italiani intanto devono fare il conto con la sanità regionale le cui scelte sono prese localmente, senza una decisione univoca a livello nazionale. Così succede che un signore si reca al Pronto Soccorso e gli chiedono di pagare 50 euro per averlo “intasato” avendo poi in realtà una diagnosi di “braccio rotto”!

E questo è nulla, perché a mio avviso gravissimo resta l’accentuarsi di diseguaglianza sociale quando la necessità vera di emergenza si scontra coi codici delle carte di credito, come ho già scritto, piuttosto che con codici rossi sanitari. Così proprio oggi scopro che alla Casa di Cura Madonnina di Milano, del gruppo San Donato che per molte loro strutture è anche accreditato come ad esempio il San Raffaele, si può avere una assistenza veloce post-traumatica sette giorni su sette dalle 8 alle 18 con una cifra di 350 euro nei feriali e 500 nei festivi, a cui ovviamente andranno aggiunte fra le 92 e le 345 euro per gli eventuali esami.

Sul sito è esplicitamente scritto:

“Il servizio è a pagamento e non è sostitutivo di un Pronto Soccorso, pertanto non può effettuare prestazioni con carattere di emergenza-urgenza”.

Come per dire: vi curiamo subito anche per traumi, forse favoriti anche dalla vicinanza dell’Istituto traumatologico Gaetano Pini, ma non eseguiamo pronto soccorso. Insomma decidiamo noi, magari al telefono, se ci conviene e come, ma vi illudiamo specificando la disponibilità immediata a caro prezzo.

Ma il problema è il dilagare della sanità privata, anche in emergenza, con il silenzio assordante dei medici che scapperanno sempre più dal pubblico verso nuovi lidi privati con una emorragia ormai inguaribile se non viene fermata dalla politica che guarda solo al consenso. Perché è stata la politica ad aprire le porte al privato senza controllarlo adeguatamente, è stata la politica a non favorire l’adeguamento degli ospedali pubblici per fermare medici competenti con adeguati compensi, è stata la politica a permettere che in Regione Lombardia il servizio privato coprisse il 70% delle prestazioni pubbliche.

Infatti tutto ciò avviene soprattutto in Regione Lombardia, che sbandiera la sua correttezza di conti in sanità dovuta all’impegno economico diretto dei cittadini e del welfare aziendale. Non ha deficit perché i rimborsi alle strutture pubbliche o private accreditate sono ridotti, perché è il cittadino che sempre più paga di tasca propria. Minori rimborsi alle strutture, minor spesa pubblica e conti in ordine.

La politica, di destra o di sinistra, vuole intervenire prima che ci tolgano la dignità di essere curati tutti allo stesso modo? La politica che deve decidere anche della salute di tutti e che ha da scegliere dove investire vuole avere idee o continua a proporre parole indefinite? “L’intenzione è quella di incentivare il lavoro nella sanità pubblica“? Come?

Aggiornamento del 16/10, ore 17:

Proprio oggi, quasi ad ascoltarmi, il governo ha deciso di istituire un contributo di 2000 euro all’anno per i cittadini non aderenti alla Unione Europea che lavorano in Italia. I residenti continueranno ad avere diritto all’assistenza gratuita. Il problema resta per gli irregolari i cui numeri sono ignoti da ogni punto di vista.

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