“L’umanità sta fallendo”, ha detto il rappresentante per gli Affari umanitari dell’Onu, Martin Griffiths. Temendo che “il peggio debba ancora venire”. Come spiegato al Fatto dalla direttrice per l’Europa dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ai rifugiati palestinesi, se l’assedio in corso nella Striscia non si ferma immediatamente “sarà una catastrofe umanitaria”. Un’emergenza condivisa da centinaia di operatori sanitari italiani: “Siamo un gruppo di operatori sanitari profondamente preoccupati e indignati per il silenzio delle nostre istituzioni e della nostra politica, per l’unilateralità mediatica riguardo a ciò che sta accadendo da una settimana in Medio Oriente”. Inizia così l’appello firmato da oltre 500 tra medici, infermieri, psicologi e operatori della riabilitazione perché le istituzioni italiane ed europee intervengano per “fermare immediatamente il massacro”. L’elenco delle adesioni è pubblicato sul sito di Medicina Democratica, che ha promosso l’iniziativa lanciata dagli psicologi Guido Veronese e Chiara Fiscone e dai medici Haitham Alhourani e Vittorio Agnoletto. L’appello, che è possibile sottoscrivere, denuncia gli effetti dei bombardamenti israeliani nella Striscia, da giorni senza elettricità, acqua e rifornimenti sanitari. “Questi devastanti attacchi hanno portato gli ospedali sull’orlo del collasso (mancano forniture mediche di base, scorte di ossigeno, posti di terapia intensiva), impedendo loro di far fronte all’afflusso incessante di pazienti feriti e di sfollati in cerca di rifugi sicuri”.

Come scritto nei giorni scorsi da ActionAid, “all’interno della Striscia di Gaza attualmente si trovano circa 50.000 donne incinte, le quali purtroppo non sono in grado di accedere ai servizi sanitari essenziali. Di queste – prosegue l’appello – circa 5.500 donne si preparano a dare alla luce un figlio nel corso del prossimo mese, generando una media di 166 nascite al giorno. Tutto ciò avviene in condizioni di accesso inadeguato all’assistenza sanitaria e persino all’acqua pulita. Testimonianze dirette hanno mostrato come, per esempio, le persone siano costrette a bere acqua non potabile, originariamente destinata ai servizi igienici, in mancanza di alternative”. E ancora: “La mancanza di elettricità e carburante per attivare i generatori di elettricità mette a serio rischio la vita dei feriti, aggravando ulteriormente una situazione già estremamente critica. I continui e indiscriminati bombardamenti contro la popolazione civile distruggono case, scuole, campi rifugiati e ospedali, creando una spirale di violenza senza fine”.

“L’esercito israeliano ha ordinato a più di un milione di persone nelle zone settentrionali e centrali di Gaza di evacuare le proprie case, scuole e ospedali per spostarsi verso il sud della Striscia. Questa richiesta – si legge nell’appello –è stata fortemente contestata dalle Nazioni Unite e dalle più importanti organizzazioni umanitarie, in quanto non solo viola il diritto internazionale, ma mette anche a rischio la vita di pazienti vulnerabili ricoverati negli ospedali della zona settentrionale e centrale, e, più in generale, della popolazione civile a causa della mancanza di mezzi di trasporto per l’evacuazione, destinazioni sicure e assistenza medica”. I sanitari si appellano “alle nostre istituzioni locali e Nazionali affinché esercitino pressione per mettere fine alla perpetrazione di violenze indiscriminate contro civili inermi che risulta in una vera e propria punizione collettiva. Chiediamo pertanto al Nostro Governo e all’Unione Europea che facciano tutti gli sforzi necessari per fermare la strage di civili”. E sollecitano “l’immediata creazione di corridoi umanitari sicuri che consentano alle persone di spostarsi verso luoghi di protezione. Questa misura è dovuta dall’esercito israeliano e vitale per salvare vite umane e alleviare la sofferenza delle persone coinvolte in questa crisi”. Infine, “ribadiamo l’importanza del totale rispetto della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale. Queste norme sono fondamentali per proteggere i diritti umani e la dignità delle persone coinvolte in conflitti armati ed è un dovere imprescindibile sia morale che militare dell’esercito israeliano”

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