Riconoscimento degli indigeni in Costituzione e creazione di un ente consultivo in grado di rappresentarli di fronte a Parlamento e governo: queste, in sostanza, le proposte su cui circa 18 milioni di australiani saranno chiamati a esprimersi il 14 ottobre. Uno storico referendum costituzionale, il primo per l’Australia negli ultimi 24 anni, dagli effetti potenzialmente macroscopici per una popolazione che rappresenta circa il 3% degli australiani (700 mila persone) e che spesso vive in condizioni di povertà e discriminazione. Ad esempio, l’aspettativa di vita degli aborigeni australiani è di circa otto anni più bassa di quella degli altri cittadini, mentre i bambini dei nativi hanno meno probabilità di andare a scuola e di essere alfabetizzati, nonché il doppio della probabilità di morire durante l’infanzia.

Il referendum è stato proposto dal Governo del laburista Anthony Albanese, eletto nel 2022 dopo circa un decennio di governi conservatori. Secondo il primo ministro, il “sì” porrebbe fine a “duecento anni di promesse non mantenute e di tradimenti, di fallimenti e di false partenze”. Insomma, le misure aiuterebbero a fare ammenda per le brutalità compiute in passato nei confronti degli indigeni, tra colonizzazione britannica e oppressione razziale in epoca post-coloniale, che per molti costituiscono il peccato originale della nazione. Con il riconoscimento nella Costituzione del 1901 e con l’istituzione dell’organo rappresentativo chiamato ‘Voce’, ai nativi sarebbe infatti garantito il diritto di essere consultati da Parlamento e governo su norme che riguardano le loro comunità, come i bassi salari e le barriere di accesso all’istruzione. Un cambiamento non di poco conto, per una popolazione che vive nel continente da oltre 65 mila anni.

Durante la campagna per le elezioni del maggio 2022, il primo ministro aveva inserito il referendum tra gli impegni del futuro esecutivo. Adesso si è detto fiducioso in un risultato positivo, anche se i sondaggi danno in vantaggio il “no”, seppur in calo. Secondo le ultime rilevazioni, a esprimersi in favore della proposta sarebbe infatti il 41.6% della popolazione, soprattutto giovani e donne, mentre gli indecisi sarebbero circa il 4%. Il “sì” dovrebbe vincere negli Stati del Nuovo Galles del Sud (Sydney) e di Victoria (Melbourne), mentre i ‘no’ dovrebbero prevalere nel Queensland (Brisbane) e nello Stato dell’Australia Occidentale (Perth). Stando a queste previsioni, saranno dunque decisivi gli Stati ‘minori’ di Australia del Sud (Adelaide) e Tasmania (Hobart).

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