“È necessario un riepilogo degli ultimi 17 anni per capire cosa sta succedendo oggi”. Queste le parole dell’esperto di affari palestinesi Tariq Hammoud in un articolo pubblicato sul sito dell’emittente panarabo Al Jazeera in riferimento alla guerra scoppiata tra Gaza e Israele in seguito all’avvio dell’operazione “Tempesta al-Aqsa” in Israele a partire dalla mattina del 7 ottobre da parte di Hamas e altri gruppi combattenti palestinesi (tra i quali il Fronte Democratico, il Fronte per la Liberazione della Palestina e il Jihad Islamico Palestinese).

Secondo Hammoud il conflitto deve essere contestualizzato partendo almeno “dalla fine della seconda Intifada palestinese e dall’accettazione da parte di Hamas del gioco elettorale e del suo coinvolgimento nel processo politico, i cui risultati furono respinti dall’occupazione (di Israele, ndr) e dal mondo democratico occidentale che la sosteneva”. “Dal 2006 Gaza è stata, ed è tuttora, una grande prigione dalla quale uscire è diventato come un sogno per i prigionieri della libertà”, conclude l’analista arabo.

L’opinione pubblica araba si è quasi all’unanimità schierata (non sempre nel metodo, ma sicuramente nel merito) con i palestinesi e con il loro diritto all’autodifesa, criticando invece la posizione (a sua volta quasi unanime) di sostegno incondizionato dell’Occidente allo Stato di Israele. Il giornalista Motasem Dalloul pone sulle pagine del Middle East Monitor una domanda all’apparenza molto semplice: “Quando i leader mondiali inizieranno a trattare con le diverse parti basandosi sulle regole del diritto internazionale e non quelle basate sui propri pregiudizi e interessi?”

In un articolo di Al-Quds al-Arabi, il giornalista Hussein Majdoubi scrive invece che l’attacco palestinese “è stato un’operazione militare di grande qualità”, le cui “ripercussioni politiche saranno molto grandi, soprattutto sul processo di normalizzazione e sulla ripresa dell’iniziativa da parte dei palestinesi”. Questo perché, sempre secondo quanto riporta il quotidiano arabo, “questo attacco farà sì che i palestinesi riprendano il controllo della soluzione palestinese dalle mani di alcuni regimi arabi, e spingerà l’Occidente a convincere Israele che la soluzione dei due Stati è l’unica plausibile se desidera preservare la propria sicurezza nazionale”. “Il 7 ottobre – conclude infine Majdoubi – è diventato un giorno speciale nel conflitto in Medio Oriente, poiché gli israeliani lo ricorderanno come il ‘giorno della battuta d’arresto’ in cui Pegasus (potente sistema di spyware che viene installato sui telefoni, ndr) non è stato di alcuna utilità”.

“Hamas ha attraversato il Rubicone”. Così titola invece il quotidiano saudita Arab News in un editoriale del suo caporedattore Faisal Abbas che critica la ferocia dei palestinesi nel portare avanti la loro lotta. Abbas scrive però che “coloro che sostengono che l’attacco non è stato provocato si sbagliano: questa è precisamente la reazione che l’intimidazione deliberata e sistematica da parte dell’attuale governo israeliano ottiene quando al danno si aggiunge la beffa”. “Si può dare la colpa alla continua occupazione e intimidazione di Israele. – continua poi il giornalista di Arab News – Tuttavia, i contro sembrano superare i pro per i palestinesi” in quanto così “Israele dirà di avere il diritto di difendersi, dichiarerà una guerra su vasta scala e infliggerà il massimo dolore possibile come ritorsione”.

Marwan Bishara, analista politico di Al Jazeera, sostiene in un articolo dal titolo “Dall’arroganza all’umiliazione: le 10 ore che hanno scioccato Israele” che “Israele non avrà la possibilità di annullare ciò che il mondo ha visto sabato mattina: un paese frenetico perso nelle sue stesse fantastiche illusioni”. “La scandalosa umiliazione di Israele – continua Bishara – sta già minando la sua posizione strategica e politica nella regione. I regimi arabi che hanno normalizzato le relazioni con Israele e stanno collaborando con il governo Netanyahu appaiono sempre più sciocchi ogni ora che passa”. Non mancano poi le critiche all’establishment dell’Autorità Nazionale Palestinese: “Anche Abbas sta fallendo politicamente, cercando di restare in bilico tra la condanna dell’occupazione israeliana e il coordinamento della sicurezza con essa. Un simile atto di bilanciamento non è più sostenibile”. E conclude infine: “I palestinesi hanno chiarito oggi che preferirebbero lottare in piedi per la giustizia e la libertà piuttosto che morire in ginocchio nell’umiliazione. È giunto il momento che gli israeliani prestino attenzione alle lezioni della storia”.

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