L’acqua è vita e morte, dolcezza e disperazione, vicinanza e separatezza. In musica, come in pittura, ha ispirato opere d’arte sublimi: da Händel a Britten, da Mendelssohn a Schubert, che se ne valse come filo conduttore e vettore di sentimenti, in due capolavori della liederistica: Die schöne Müllerin e Winterreise.

Per lo spumeggiante ciclo autunnale “Il Nuovo e l’Antico”, il Bologna Festival ha proposto (27 settembre) un concerto di Laura Catrani, voce, e Claudio Astronio, clavicembalo e organo, intitolato “Flowing Water”: dell’acqua esso ha offerto immagini sonore e sentimentali diversissime, dal Seicento ai giorni nostri. Lacrime ed effusione canora sciolgono la malinconia e il dolore del tradimento nell’Eraclito amoroso di Barbara Strozzi (1619-1677), la squisita diva canora dei salotti libertini di Venezia; una dolcezza bamboleggiante e rassegnata permea Deep Water di Marianne Faithfull (1946); la passione bruciante emerge in What the Water Gave Me di Florence Welch (1986) fondatrice del gruppo “Florence and The Machine”. Tre musiciste diverse, tre idee dell’elemento liquido, tre istantanee miracolose, rese da Catrani con stile, eleganza, trasporto, intensità.

La Sequenza III per voce sola di Luciano Berio (1925-2003), un exploit canoro e istrionico concepito per Cathy Berberian nel 1965, rifrange la voce femminile in uno spettro multiforme di effetti: sussurro, urlo, indugio, abbandono, scroscio di risa, bisbiglio, ammiccamento, strillo, borbottio. La cantante fa sfoggio di risorse tecniche e interpretative che superano qualsiasi difficoltà e asprezza con assoluta nonchalance: la sua voce è di volta in volta disincarnata, birichina, diafana, sguaiata, sempre pervasa da un impulso erotico irrefrenabile. Grandi doti istrioniche esibisce l’artista in Gutta cavat lapidem, spassosa e dissacrante gag musicale di Leonardo Marino (1992): il pubblico si diverte, viene coinvolto in un gioco collettivo, tutto scherzi e sottintesi. Sconvolgente è The Cold Song di Henry Purcell (1659-1695), dalle musiche di scena del King Arthur di John Dryden (1691). Rappresenta il Genio del Freddo, svegliato da Cupido, ma desideroso soltanto di morire in pace: è diventato famoso presso il grande pubblico anche nell’interpretazione dolorosa che, nel 1982, ne diede il cantante pop Klaus Nomi, già condannato dall’AIDS.

L’accompagnamento ad accordi isocroni ribattuti, implacabilmente intriso di dissonanze, sollecita l’angoscia dell’ascoltatore: Catrani ne dà un’esecuzione sofferente e lacerante, che impressiona. Deliziosamente garrula e serena è l’aria di Georg Friedrich Händel (1685-1759), D’una torbida sorgente nasce il rio più chiaro figlio. La intona la protagonista dell’opera Lotario, la principessa Adelaide di Borgogna in cattività e sotto assedio, nel punto più cupo e periglioso della sua traiettoria drammatica: presagio di un lieto fine che, pur tra mille traversie, non le verrà negato.

Da parte sua, Claudio Astronio, partner intelligente e duttile nel lungo barcheggio musicale della Catrani, sa piegare la rigidità sonora del clavicembalo al naturalismo scintillante di Vertigo, un rondeau di Joseph-Nicolas-Pancrace Royer (1705-1755), attivo alla corte di Luigi XV. Con altrettanta perizia sa distillare, dal minimalismo inesorabile di Philip Glass in Mad Rush (La matta corsa), attimi di tranquillità e squassanti sonorità arpeggiate. Concerto davvero memorabile, impreziosito dalle belle note di sala di Carlo Vitali. Pubblico osannante.

Il ciclo “Il Nuovo e l’Antico” intavola quest’anno numerose prelibatezze: musicisti come Jan Michiels (musiche di Debussy, Chopin, Ligeti); la violinista Nurit Stark; l’ensemble Tetraktis Percussioni e il clavicembalista Enrico Baiano, nel concerto “Musica assoluta e strumenti ben temperati”: qui sono coinvolti sei compositori, che ripensano per i loro strumenti altrettanti Preludi e Fughe del Clavicembalo ben temperato. Sarà poi la volta del “Quartetto Vanvitelli”, violino, arciliuto, violoncello e clavicembalo. Concluderà Francesco Cera, col suo “Ensemble Arte Musica”, che ripropone gli sconvolgenti Responsoria di Carlo Gesualdo da Venosa.

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