L’ex sede della Biblioteca provinciale di Corso Garibaldi a Potenza, destinata ad ospitare l’Archivio di Stato, istituzione nata nel 1812, è da 33 anni un cantiere, “fermo” da 13. Una storia in cui s’intrecciano le vicende relative ai passaggi di proprietà dell’immobile con quelle dei lavori di ristrutturazione, ostacolati da fallimenti e ricorsi amministrativi. Una storia di cui si fa fatica persino a ricostruire le cifre realmente spese rispetto allo stanziamento iniziale di 7.746.853,00 euro dal Fondo di garanzia del programma 2001-2003 e del programma ordinario 2002-2003 cofinanziato con il Fondo europeo di sviluppo regionale.

Intanto il patrimonio documentario dell’Archivio continua a rimanere nella sede provvisoria di via Nazario Sauro per che è costato dal 2010 al 2016 ha versato ogni anno 116. 640.92 euro, 99.144,78 dal 2017 al 2021 e quindi 60. 478,32 dal 2022. Sede provvisoria, da tempo inadeguata a rispondere alle diverse esigenze dell’Archivio. Che ha un patrimonio di più di 100.000 pezzi tra buste, volumi e registri, tra cui 1065 pergamene, circa 3.000 tra mappe e disegni, oltre a 20.000 tra libri e periodici, per un totale di circa 10 km lineari di scaffalatura metallica. Una raccolta di materiali che meriterebbe una sistemazione nella struttura che rappresenta una delle più pregevoli testimonianze dell’architettura del Novecento a Potenza, oltre che l’opera più importante di Ernesto Puppo, uno dei fondatori del Movimento di Architettura Razionale-Gruppo Roma.

La vicenda inizia nel 1990, quando l’immobile viene dichiarato inagibile e sgomberato in seguito ai danni provocati dal sisma del 5 maggio che si vanno ad aggiungere a quelli del 23 novembre 1980. Solo cinque anni più tardi, nel 1995, il materiale documentario viene spostato nella sede di via Nazario Sauro. Nel 2002 vengono poi avviate le procedure di gara per il recupero funzionale e la riqualificazione dell’immobile di Corso Garibaldi. Ad ottobre 2004 l’appalto per l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori viene provvisoriamente aggiudicato all’Impresa Generale di restauro di Roma, Pouchain Srl, capogruppo di un’Associazione temporanea di imprese. Peccato che sei mesi prima dell’affidamento dei lavori, la Pouchain abbia presentato domanda di ammissione al concordato preventivo a seguito di istanze di fallimento dei creditori. Bisogna aspettare novembre perché i soggetti mandanti dell’Ati comunichino alla stazione appaltante il fallimento della Pouchain, ma anche il loro interesse ad eseguire l’appalto costituendo una nuova mandataria. Che viene individuata nella Izzo Mario Costruzioni Srl. La questione è quindi sistemata? Neppure per idea perché l’Ati Costruzioni generali GSVMD di D’Auria Luigi & C. Sas, classificatasi subito dopo l’ATI Pouchain, chiede il provvedimento di aggiudicazione definitiva in proprio favore. Mentre il cantiere continua a rimanere fermo, si scatena un contenzioso al quale pone fine a maggio 2008 la sentenza del Tar Basilicata, confermata a dicembre dal Consiglio di Stato, che stabilisce come “non è ammissibile la sostituzione di una impresa, facente parte di un Ati, fallita prima della stipula del contratto”.

Nel 2010 si riavvia la procedura di gara e i lavori vengono affidati alla Costruzioni generali GSVMD di Luigi D’Auria e C. Sas di Barile, Potenza, che subentra come capogruppo di un’Ati costituita con la Servizi integrati Srl Engineering Services di Napoli. I lavori iniziano il 18 novembre del 2010: la gara prevede che siano completati entro il 15 aprile 2013, ma non è così. Il cantiere si ferma quasi subito, anche perché i problemi si rincorrono. Per adeguare il progetto alla nuova normativa sismica, ad esempio, servono ulteriori risorse. Motivo per il quale il Ministero prima tenta di trovare una soluzione “bonaria” con la ditta appaltatrice e poi pensa alla rescissione del contratto. In entrambi casi, senza successo. C’è poi l’acquisizione dell’immobile da parte del Ministero dei beni culturali. A gennaio 2002 la Provincia di Potenza lo cede per dieci anni, in comodato d’uso gratuito, prevedendone alla scadenza l’acquisto per 2,5 milioni di euro. Ma il passaggio avviene solo alla fine 2014. A distanza di qualche settimana, mentre i lavori continuano a rimanere fermi, Valeria Verrastro, direttrice dell’Archivio di Stato, spiega a Basilicata24.it che “gli importi spesi ammontano a 722.922,7 euro”. Aggiungendo che “si sta adoperando perché il cantiere possa ripartire quanto prima”.

L’auspicio non realizzato. I ponteggi continuano a perimetrare la struttura, che, scrive a luglio 2023 Arnaldo Lomuti del M5s in una interrogazione al Ministero della Cultura, “versa in uno stato di abbandono e di degrado, rischiando di trasformarsi in una minaccia per l’incolumità della cittadinanza”. Ma dei lavori nemmeno l’ombra. “Servirebbe una sinergia tra tutti gli enti per sbloccare una questione che si trascina da troppo tempo”, sostiene a dicembre 2022 la direttrice dell’Archivio di Stato di Potenza, Maria Carmela Benedetto. Che contattata da ilfattoquotidiano.it spiega: il cantiere è fermo “a causa di un contenzioso giudiziario tra l’Ente appaltatore e la ditta dei lavori”. Ma forse anche per altro, come sembrerebbero indiziare le testimonianza raccolte da ilfattoquotidiano.it. Del resto l’assessore alla Cultura di Potenza, Stefania D’Ottavio, spiega che la questione non dipende dal Comune. “Non siamo attori diretti, né come Soprintendenza né come Segretariato regionale, nella conduzione dei lavori”, dice la Soprintendente Luigina Tomay. Dalla Segreteria del Presidente della Regione, Vito Bardi, sostengono che della questione non si occupano loro, ma il Segretariato regionale. E così a Potenza, candidata capitale italiana della cultura 2026, la risoluzione della questione relativa all’ex Biblioteca provinciale sembra un miraggio lungo 33 anni.

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