La parola “Estetica” deriva dal greco “Aesthetis”, ossia “sensazione”, percepire attraverso i sensi, un concetto che nel tempo ha acquisito rilevanza e potere sulla vita relazionale e comunicativa dell’individuo, rendendo ormai l’estetica un valore inscindibile dal nostro equilibrio interiore. É indubbio che la percezione del nostro “Io” sia valorizzata dalla proiezione della nostra immagine nel mondo esterno; molti, infatti, definiscono questo tipo di attività come una “chirurgia dell’anima”.

Ma attenzione, non limitiamoci a valutare l’estetica con una mera accezione edonistica dell’io. La percezione della propria immagine è a tutti gli effetti uno step necessario e opportuno al processo terapeutico di un paziente deturpato da malattia, ed è indispensabile per costruire il proprio benessere psicologico.

Sebbene la chirurgia plastica estetica si proponga di correggere difetti estetici o funzionali rispetto ai canoni accettati dalla società contemporanea, la chirurgia plastica ricostruttiva è finalizzata ad avvicinarsi il più possibile ad una condizione di “normalità”, a partire da un disequilibrio dato da trauma o malattia. Si parla di due protagonisti e due sceneggiature completamente diverse, ma che hanno lo stesso scopo e finalità, il benessere.

Spesso, però, nei due diversi scenari le aspettative postoperatorie risultano sovrapponibili, seppur le condizioni di partenza siano diametralmente opposte. È facile che si possa erroneamente idealizzare il risultato di un intervento chirurgico, trasmutando come per magia il proprio pensiero e desiderio nelle mani del chirurgo. Ad ovviare tale processo è necessaria una chiave armonica nella comunicazione medico-paziente; potendo far trasparire così il probabile dall’improbabile, il possibile dall’impossibile.

Ma da dove deriva l’idealizzazione? Può partire da un disagio emotivo, nell’ambito estetico, dalla volontà di avere una serena accettazione di sé o solamente cercare di disegnare un’immagine positiva di se stessi. Nel secondo caso, nella chirurgia plastica ricostruttiva, l’aspettativa nasce dalla voglia di cancellare le tracce di un brutto e doloroso ricordo e ricominciare aprendo un nuovo capitolo.

Risulta evidente che nel parlare di benessere generale ci sia la necessità di considerare l’impatto della chirurgia sulla qualità della vita del paziente intesa come relazioni sociali, interpersonali, dell’ambito familiare e con il proprio partner.

Presso la Breast Unit del Policlinico Tor Vergata di Roma abbiamo incentivato, quindi, la somministrazione di questionari finalizzati alla valutazione della salute psico-fisica del paziente, come i patient-related outcome measures (PROMs). Quest’ultimi valutano la soddisfazione del risultato ottenuto dopo la chirurgia inteso come riacquisizione della “self-confidence” e del “well-being”, che hanno come obiettivo non solo la buona conduzione di vita del paziente, ma anche l’assetto relazionale generale ponendo l’accento sempre più al sexual well-being e alla relazione con i propri cari.

In questo contesto, abbiamo potuto osservare come i pazienti ricostruiti con il lembo FALD ergonomico (The Ergonomic FALD Flap for One-stage Total Breast Reconstruction), una nostra tecnica innovativa e recentemente pubblicata sulla rivista ufficiale della American Society of Plastic Surgeons (ASPS), siano pienamente soddisfatti della ricostruzione mammaria ottenuta con i loro tessuti (autologhi) e in un solo intervento chirurgico. Inoltre, uno studio pubblicato su JAMA surgery “Long-term patient-reported outcomes in postmastectomy breast reconstruction” ha evidenziato come i pazienti sottoposti a ricostruzione con tessuti autologhi abbiano outcomes migliori rispetto ai pazienti ricostruiti con impianto protesico. Anche uno studio australiano “Psychological impact and cosmetic outcome of surgical breast cancer strategies” ha puntato i riflettori su come pazienti sottoposti a mastectomia e ricostruzione mammaria immediata abbiano un “body image score” superiore rispetto a pazienti candidati alla sola mastectomia.

A conclusione di quanto detto, un’indicazione operatoria accurata e calibrata non cancellerà sicuramente i segni lasciati dalla malattia, ma sarà uno step imprescindibile alla ripresa di una vita postoperatoria nel pieno benessere psico-fisico del paziente.

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