“Sappiamo benissimo chi è stato e i reati che ha commesso, ma è pur sempre un figlio di Dio”. Per questo si sono recate all’obitorio dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, per pregare davanti alla salma di Matteo Messina Denaro, venendo però respinte dalla polizia. A raccontarlo al Corriere.it sono state loro stesse: Madre Donatella, suor Emanuela e suor Teresa Benedetta, tre monache benedettine di clausura del monastero dei Santi Cosma e Damiano di Tagliacozzo, in provincia dell’Aquila.

Le tre donne sono arrivate in ospedale la mattina del 26 settembre, intorno alle 11, per una visita oculistica cui doveva sottoporsi la più anziana, la superiora del convento. Le suore hanno scelto per la visita proprio il giorno in cui la chiesa celebra Cosma e Damiano, i santi patroni dei medici e dei farmacisti cui è intitolato il loro convento. La visita è andata bene, ma prima di dirigersi verso l’uscita hanno fatto una deviazione. “Volevamo pregare per lui, malgrado tutto”, ha raccontato Madre Donatella. “La polizia però non ci ha fatto entrare”.

Non sapevano che era in programma l’autopsia sul corpo del boss, non sapevano che lui era ricoverato nel reparto detenuti e che l’ospedale era rimasto blindato per quasi due mesi, da agosto, ossia dal momento in cui Messina Denaro – già malato di cancro al colon – era stato operato per un’occlusione intestinale. Le suore sono dunque rimaste deluse. “Gli è stato negato il funerale religioso, va bene”, ha commentato suor Teresa Benedetta, “ma ricordatevi che ogni anima ha diritto ad essere salvata”.

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