Diciotto obiettivi sui 69 previsti dal cronoprogramma originario del Pnrr per il secondo semestre 2023 escono di scena o vengono rinviati. O almeno questa è la speranza del governo Meloni, che nella cabina di regia con ministri e rappresentanti di Regioni, Province e Comuni ha ricordato come le proposte di modifica al piano presentate alla Commissione Ue in agosto “prevedano il differimento temporale per tredici obiettivi, l’eliminazione di sei obiettivi, che potranno essere coperti con altre fonti di finanziamento e l’integrazione della milestone relativa alla nuova misura della Zes unica”. Dell’elenco fanno parte le Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico, gli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni e la promozione di impianti innovativi (incluso offshore), che secondo l’esecutivo vanno eliminate dal piano in quanto impossibili da portare a termine entro il 2026. Sono poi state chieste rimodulazioni per investimenti come quelli nelle ciclovie, nel rinnovo della flotta autobus con mezzi puliti, nelle fognature, nelle centrali operative territoriali per la telemedicina, nel potenziamento delle linee ferroviarie del Sud.

Se tutte le proposte di modifica venissero approvate, “i risultati da conseguire, al 31 dicembre 2023, passerebbero da sessantanove a cinquantuno, il numero di target da quarantasei a trenta ed il numero di milestone da ventitré a ventuno”, elenca il governo. Risultato: la quinta rata, che in origine valeva 18 miliardi di euro, è destinata a calare. Ma tutto dipende dalle valutazioni dell’esecutivo europeo sulle proposte italiane. Visto che Bruxelles si prenderà almeno fino a fine anno per dare l’ok definitivo, per mesi non ci sarà certezza sul fatto che arrivi l’ok. Si procederà al buio, seguendo la nuova tabella di marcia ancora sub iudice per evitare di accumulare ulteriori ritardi. L’Associazione nazionale dei Comuni italiani ha chiesto al governo di anticipare ai Comuni il 30% dell’importo da destinare alle imprese che si sono aggiudicate le opere del Pnrr e trovare fonti alternative di finanziamento.

“Nei prossimi giorni attendiamo la terza rata (da 18,5 miliardi ndr), nei giorni scorsi abbiamo formalmente richiesto la quarta, stiamo lavorando alacremente per raggiungere gli obiettivi della quinta e per la revisione complessiva del Piano, che include il capitolo RepowerEU“, ha detto la premier Giorgia Meloni al termine della cabina di regia. La quarta rata, salita a 16,5 miliardi perché include anche i 500 milioni slittati causa mancato raggiungimento degli obiettivi sugli studentati universitari, non è attesa prima della fine dell’anno, perché la Ue dovrà ora verificare ogni obiettivo raggiunto, un processo che per la terza rata ha richiesto oltre sei mesi.

Sul proseguimento dell’attuazione restano i timori di sindaci e presidenti di Regione di perdere i fondi per progetti già avviati. Dalla revisione del piano sono usciti infatti 6 miliardi di interventi per i Comuni, 3,3 miliardi destinati alla rigenerazione urbana e altri 2,5 miliardi per i piani urbani integrati. Alla lotta contro il rischio di alluvione e idrogeologico sono stati sottratti 1,3 miliardi. Saltati anche 1 miliardo per la voce idrogeno in settori hard-to-abate, 728 milioni per servizi e infrastrutture di comunità, 675 milioni per gli impianti innovativi (incluso offshore), 300 milioni per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie e 110 milioni per il verde urbano ed extraurbano.

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Pnrr, via libera alle modifiche sulla quarta rata per l’Italia. Ma la Ue avvisa: “Aumentano i rischi di ritardi nei lavori”

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