Si frammenta il fronte delle case automobilistiche americane alle prese con la dura vertenza avviata dal sindacato del settore. Lo Uaw (United automobile workers) ha fatto sapere che mentre le trattative hanno avuto progressi significativi con Ford, le risposte di Gm e Stellantis rimangono largamente insoddisfacenti. Pertanto le nuove mobilitazioni colpiranno primariamente queste due case automobilistiche. Il sindacato ha mostrato sinora grande capacità tattica e flessibilità Per ora si è fermato solo un lavoratore ogni dieci ma in posizioni chiave, in grado di provocare ripercussioni lungo la filiera. La mezzanotte di venerdì era stata fissata come scadenza per valutare se ampliare lo sciopero ed aumentare il grado di coinvolgimento dei circa 140mila dipendenti. Altri 5.600 dipendenti si uniranno ora allo sciopero che interesserà ulteriori 38 siti.

Le richieste sono molto ambiziose: aumenti delle retribuzione del 40% (lo stesso incremento ottenuto dai top manager dei tre colossi) e una riduzione del 30% dell’orario, oltre alla parificazione delle condizione contrattuali dei nuovi assunti. Le richieste arrivano dopo anni d’oro per i bilanci dei tre gruppi, nel decennio i profitti cumulati superano i 250 miliardi di dollari e, all’orizzonte, si staglia la grande torta dei sussidi per la transizione verso le motorizzazioni elettriche. La mobilitazione è guardata con favore dall’opinione pubblica. Secondo un sondaggio Gallup il 75% degli americani simpatizza con la causa dei lavoratori. Esponenti politici come il senatore democratico Bernie Sendars e l’ex presidente Barack Obama hanno espresso il loro sostegno. Il leader sindacale Shawn Fain ha invitato il presidente americano Joe Biden ad unirsi ai picchetti dei lavoratori. Un modo per spingere la Casa Bianca a schierarsi sulla vertenza.

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Marco Revelli: “Lo sciopero negli Usa riporta gli operai al centro della scena. I manager scoprono che sono uomini e non macchine”

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