È stata perquisita l’abitazione di Yulia Donnichenko, la tutrice di minori ucraini che ha tentato di riportare con forza e minacce numerosi bambini nel Paese d’origine. Come anticipato dal Fatto, Donnichenko è indagata per violenza privata, minacce aggravate, estorsione e tentata estorsione dalla Procura di Catania. Secondo l’accusa coordinata dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Francesco Camerano, la donna ha abusato dei suoi poteri di tutrice per convincere i minori a tornare in Ucraina, e in altre circostanze ha chiesto soldi a famiglie italiane per agevolare l’arrivo di ragazzi ucraini in Italia o la loro adozione.

“Ho paura di morire” – Sono giorni che il Fatto racconta le storie dei minori rimpatriati, mentre la politica italiana resta in silenzio, ad eccezione dell’interrogazione del M5s al ministro degli esteri Antonio Tajani. Il consolato ucraino non ha risposto alle nostre domande, ma invitato i media a “non diffondere informazioni non verificate, distorte e contraddittorie”. Oggi il commissario per i diritti umani del parlamento di Kiev, Dmytro Lubinets, ha incontrato a Roma il capo dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, Antonio Sangermano, per parlare dei rimpatri forzati dei minori. Eppure sono mesi che molti bambini, terrorizzati, sono tornati in Ucraina, un Paese in pieno conflitto bellico dove vige la legge marziale. “Ho paura della guerra. Ho paura di morire”, sono le parole del piccolo Marco (nome di fantasia), appena 11 anni, che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi. Donnichenko è stata nominata tutrice dal console generale dell’Ucraina a Napoli, Maksym Kovalenko, e da quel momento in poi, secondo l’ipotesi accusatoria, ha fatto più di una pressione sui minori, compreso Marco. “Tu adesso hai la possibilità di avere una famiglia, che sta aspettando già da sei mesi, tu valuti”, le dice quando lo incontra. La donna prova in tutti i modi a convincerlo con le buone, ma quando il piccolo inizia a singhiozzare, reagisce: “Perché piangi? Sei un uomo, non devi piangere”. “Ma io non sono un uomo”, risponde lui, “sono un bambino, ho 11 anni”. La conversazione audio registrata è agli atti dell’inchiesta di Catania.

“Meloni ci aiuti” – Insieme a Marco, ci sono molti altri minori partiti in fretta e furia per l’Ucraina. Lo scorso 10 agosto è toccato ad Anna (nome di fantasia), una bambina di 15 anni con una disabilità alla gamba. Il giorno in cui sale sul bus che l’avrebbe riportata nel suo Paese d’origine, la madre affidataria Maria Cavallaro non trattiene le lacrime. “Quando mi ha visto piangere è scesa dall’auto per abbracciarmi e ha iniziato a piangere anche lei”, racconta. Il viaggio dura tre giorni. La bambina le scrive su Telegram qualche giorno dopo: “Ti voglio bene mammina mia. Grazie di tutto. Io voglio tornare da te. Qui mi trattano male”. Cavallaro si rivolge direttamente alla presidente del Consiglio: “Giorgia (Meloni, ndr), la prego, ci aiuti: faccia rientrare Anna in Italia. Anche oggi mi ha chiamato per dirmi che vuole tornare da noi”, è il suo appello.

Il Viminale sapeva – Per tutta l’estate, il garante dell’infanzia della Sicilia, Giuseppe Vecchio, ha allertato le istituzioni italiane della situazione, informando il garante nazionale Carla Garlatti, il commissario straordinario per l’emergenza migranti Valerio Valenti e l’assessora regionale siciliana alla famiglia Nuccia Albano. Nelle sue lettere, Vecchio spiega che il console ucraino di Napoli “avrebbe espresso, per le vie brevi, la volontà del governo di quel Paese di non far rimpatriare i minori fino al termine delle operazioni militari”. Il 10 agosto, il prefetto Valenti informa i dicasteri degli Esteri e della Giustizia: “Si segnala che continuano a pervenire segnalazioni di paventati rientri in Ucraina e Polonia di minori ospitati presso strutture di accoglienza sul territorio nazionale a seguito di pressioni esercitate da sedicenti tutori ucraini in relazione ai quali i tribunale si sarebbero riservati di decidere”. Chiede agli altri ministeri di essere aggiornato “in ordine alle eventuali iniziative assunte”. Dopo giorni di silenzi, con il consolato generale ucraino di Napoli che non ha risposto alle nostre domande, c’è stato un incontro tra il Commissario per i diritti umani del Parlamento di Kiev, Dmytro Lubinets, e il capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, Antonio Sangermano. “Durante l’incontro ho menzionato anche casi specifici di adozione illegale di bambini, nonché casi problematici di sfollati nella Repubblica Italiana, che richiedono assistenza per risolverli. Sono a conoscenza del ritardo di specifici processi giudiziari riguardanti le decisioni sul ritorno dei bambini e delle famiglie in Ucraina”.

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