Una storica vittoria per i popoli indigeni del Brasile e una buona notizia per i destini della foresta Amazzonica: la Corte Suprema Federale ha infine sancito l’incostituzionalità del cosiddetto ‘Marco temporal’ (‘quadro temporale’). Se fosse passato, le popolazioni autoctone avrebbero avuto diritto solo alle terre già occupate prima dell’entrata in vigore della Costituzione federale, il 5 ottobre 1988. Il principio, insomma, avrebbe cancellato la possibilità di riconoscere nuove riserve protette nei territori che i nativi non occupavano prima del 1988: le popolazioni autoctone, spalleggiate dal governo di Luiz Inacio Lula da Silva, lo consideravano come il più grande attacco ai loro diritti. Per gli indios brasiliani il verdetto del 21 settembre è dunque una vittoria importante, seppur non definitiva. Il caso si sposta ora al Congresso di Brasilia, dove è in corso un dibattito sullo stesso tema. In linea di principio, il parlamento può ancora approvare una propria legge, che potrebbe anche entrare in contrasto con la decisione dei giudici supremi.

LE MOTIVAZIONI DEI GIUDICI – Lo storico risultato è stato raggiunto con il voto di 9 giudici contro 2. Non è un caso che i magistrati favorevoli alla legge – Kassio Nunes Marques e André Mendonça – fossero stati nominati dall’ex presidente Jair Bolsonaro, noto per le posizioni vicine agli interessi delle imprese agricole. Prima di diventare giudice federale, Mendonça era pure stato ministro della Giustizia di Bolsonaro. In occasione del voto del 21 settembre, la Corte Suprema Federale ha riservato, in aula, 100 posti per i rappresentanti dei popoli indigeni, mentre altri 500 hanno potuto assistere al dibattito fuori della sede, nel centro di Brasilia. Per il giudice Luiz Fux, che ha reso note le motivazioni della corte, “le aree occupate dai popoli indigeni e le aree legate agli antenati e alle tradizioni dei popoli indigeni devono godere di protezione costituzionale, anche se non sono delimitate”. Come ha dichiarato la giudice della corte Cármen Lúcia Antunes Rocha, “la Costituzione brasiliana garantisce ai popoli indigeni la tutela delle loro organizzazioni sociali, costumi, lingue, credo e tradizioni, insieme al diritto alla terra che tradizionalmente occupano”. La giudice ha poi sottolineato: “Noi ci stiamo preoccupando per la dignità etnica di persone che sono state decimate e oppresse durante cinque secoli di storia”. Mentre Fiona Watson di Survival International, gruppo in difesa dei diritti degli indigeni, ha parlato di “massiccia sconfitta per la lobby dell’agribusiness” e di vittoria “per la lotta globale al cambiamento climatico”.

L’ATTACCO AI XOKLENG – Il tutto era partito con la causa intentata dallo stato di Santa Catarina nel 2013, con il sostegno dei proprietari terrieri, che avrebbero infatti avuto maggiori certezze giuridiche con il ‘Marco temporal’. Le autorità dello stato avevano usato con successo questo principio per giustificare la sottrazione della terra ai Xokleng, che erano stati cacciati dai loro territori da coloni in maggioranza tedeschi. “Sono felice perché riavremo la nostra terra, abbiamo sofferto molto”, ha dichiarato all’emittente Globo Tv Jaciara Priprá, 25enne di etnia Xokleng. “E’ un sollievo, un sentimento di vittoria, un sentimento per i miei antenati”. Per Keli Regina Caxias Popó, 42 anni, la decisione della Corte “è una vittoria immensa per noi. La nostra terra rappresenta la vita e la cultura della nostra gente”. Malgrado il caso coinvolgesse un unico gruppo, il verdetto della corte si configura però come portatore di “ripercussioni generali”: si tratta di un “precedente” di cui si dovrà tenere conto in tutte le cause concernenti gli indigeni brasiliani. Si abbatterà dunque su centinaia di procedure amministrative e sull’iniziativa in corso a livello nazionale.

LE ALTRE MINACCE AI NATIVI – A differenza dell’era Bolsonaro, il Brasile può contare ora su un presidente decisamente favorevole alle rivendicazioni delle popolazioni autoctone. Lula ha infatti creato il primo ministero dei Popoli indigeni di tutta la storia del paese, nominando peraltro a capo del dicastero una nativa, Sonia Guajajara. Per di più, il leader brasiliano ha marcato otto nuovi territori indigeni: nel complesso, l’area attualmente riconosciuta alle popolazioni native rappresenta il 14% dell’intero Brasile, secondo i dati dell’Instituto Socioambiental. E tuttavia, rimangono molte altre minacce nei confronti degli indios: l’allentamento delle restrizioni allo sfruttamento minerario, la costruzione di dighe, i progetti agricoli e le infrastrutture di trasporto che passerebbero attraverso i loro territori. “Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra”, ha commentato Dinamam Tuxá, coordinatore esecutivo del gruppo di attivisti Apib. “Continueremo a combattere finché i territori indigeni non saranno finalmente delimitati, di modo che i diritti del popolo indigeno siano salvaguardati e protetti”.

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