Si presentano a scuola con le divise macchiate, i capelli sporchi e senza essersi lavarsi i denti. Una condizione mortificante di miseria igienica che impatta sul benessere psicologico ed emotivo di questi studenti britannici, e che mal cela non pigrizia e noncuranza ma la povertà, quella economica, che affligge le loro famiglie. Sempre più insegnanti assistono a questo scenario in classe, la cartina di tornasole di un fenomeno in crescita noto con il nome di ‘povertà igienica’. La punta dell’iceberg della crisi del carovita che imperversa in Regno Unito.

A definire la povertà igienica come la condizione di coloro che sono intrappolati nella scelta tra riscaldare la casa, pagare le bollette, comprare da mangiare o curare l’igiene personale è la onlus The Hygiene Bank. Da un loro sondaggio effettuato in 500 scuole del regno, emerge che il 72% del personale scolastico ha notato un incremento di povertà igienica tra gli studenti lo scorso anno ed il 71% si aspetta che i livelli continuino ad aumentare anche in questo primo quadrimestre, con ricadute sull’apprendimento e sull’autostima degli alunni. Oltre la metà degli insegnanti ha riportato che i ragazzi che non curano la propria igiene vengono isolati dalla classe, secondo il 50% questo ha impatto negativo sulla loro salute mentale, mentre il 26% degli intervistati nota che la povertà igienica incida sulle assenze scolastiche.

Quando lavarsi diventa un lusso
Non tutti gli insegnanti assistono impotenti, alcuni rivelano di lavare a casa propria le uniformi e le divise per l’educazione fisica degli studenti più bisognosi, altri forniscono detersivi alle famiglie che non possono permettersi di comprare prodotti per la pulizia o di possedere una lavatrice. “La povertà igienica è legata a livelli estremamente alti di deprivazione perché le famiglie fanno fatica a gestire il costo di beni come lavatrici, bollette energetiche e vestiti. Molte scuole cercano di aiutare i ragazzi in modo discreto lavando i vestiti e fornendo indumenti per le loro divise” ha commentato al Guardian Julie McCulloch, direttrice della Association of School and College Leaders (ASCL).

Nove scuole su dieci in Inghilterra si trovano a dover fornire alle famiglie supporto economico. Pacchi di cibo, alimenti per la prima colazione, voucher, vestiti, spazzolini da denti e dentifrici. Beni di prima necessità che le famiglie non possono permettersi nella quinta potenza mondiale come il Regno Unito. Lo rivela una ricerca della National Foundation for Educational Research (NFER), secondo cui oltre l’80% dei direttori scolastici inglesi ha riportato che le pressioni della crisi del carovita hanno aumentato sia il numero di ragazzi che necessitano di aiuti, sia il tipo di supporto richiesto con alcuni bambini che sono addirittura senza sedie a rotelle e deambulatori.

“La crisi del costo della vita sta avendo un impatto profondo su alunni e famiglie: le scuole stanno fornendo un livello di supporto d’emergenza senza precedenti a studenti che vengono a scuola affamati, o non riescono a sostenere i costi delle uniformi o dei trasporti – ha detto Jenna Julius, direttrice della ricerca del NFER – se non si prenderanno provvedimenti urgentemente c’è il rischio che la crisi avrà un impatto di lunga durata sugli studenti“. La povertà igienica è una delle conseguenze più eclatanti della spirale inflazionistica e della crisi del caro vita che ha avviluppato il Regno Unito in una morsa peggiore di quella degli altri paesi del G7. Un anno horribilis per l’economia britannica in cui rialzo del costo del cibo fino al 19%, mancanza di forza lavoro e crisi energetica hanno mantenuto la pressione su livelli di inflazione schizzati addirittura ad oltre l’11%. Dati che tengono sveglio il premier Rishi Sunak in vista delle elezioni politiche del 2024, quando la carta della povertà si preannuncia decisiva alle urne, facile da usare dalle opposizioni per dare lo scacco preannunciato ai 12 anni di conservatori al governo, con il ritorno dei laburisti a Downing Street.

“L’inflazione si sta abbassando rapidamente, siamo già al 7% ed il trend è in diminuzione. L’obiettivo del primo ministro è di dimezzare l’inflazione entro la fine dell’anno e le previsioni della Banca d’Inghilterra suggeriscono che potrebbe farcela, ma i giochi non sono ancora fatti – spiega Adam Corlett, capo economista dell’organizzazione Resolution Foundation – I sussidi per aiutare le famiglie meno abbienti con il carovita sono stati molto utili ma finiranno nel 2024. I benefit per chi lavora dovrebbero salire in linea con l’inflazione dal prossimo aprile, il che equivale ad un aumento di circa il 7% ma guardando in termini reali, considerate le tasse, il sostegno del governo di fatto avrà una diminuzione del 13% del potere d’acquisto dei meno abbienti. Dunque ci sono dei segnali incoraggianti sul fronte inflazione e aumento salari ma mi sento di dire che la crisi del carovita non è ancora finita per i nuclei familiari a basso reddito”.

Il carovita infiamma l’atmosfera elettorale
Stato dell’economia e stato del costo della vita sono le maggiori preoccupazioni del pubblico, con 3 persone su 10 che ammettono di aver usato i propri risparmi per coprire le spese correnti e 1 su 4 che dice di far fatica finanziariamente con le spese di tutti i giorni. I dati del leader delle statistiche, Ipsos, scaldano l’atmosfera elettorale. Il dito è puntato principalmente contro il governo con 3 persone su 4 che non credono che Sunak abbia gestito bene la crisi del carovita. “Una delle statistiche più significative risale al 1998 – dice a ilfattoquotidiano.it Kelly Beaver Chief Executive di Ipsos – allora quando abbiamo chiesto come vedevano il paese, il 24% ha risposto che stava diventando un posto migliore in cui vivere, il 40% che stava peggiorando. Oggi alla stessa domanda il 6% sente che il paese stia migliorando contro il 76% secondo cui va a peggiorare. Dunque il pubblico è molto avvilito, le famiglie a basso reddito non avvertono che le notizie sul miglioramento dell’inflazione si traslino sul loro potere d’acquisto. E questo in vista delle elezioni cambia la narrativa e la cornice della campagna elettorale“.

La battaglia elettorale si giocherà senza esclusione di colpi. Ipsos identifica già la tendenza al voto: “La fetta più anziana della popolazione, con casa di proprietà (che quindi non deve pagare i mutui da capogiro) sarà orientata verso i conservatori per l’orgoglio di Sunak che alla fine si vanterà di aver domato l’inflazione. I laburisti invece cavalcheranno l’onda dell’ineguaglianza sociale che è stata amplificata dal governo Tory, con la nuova ministro al Livellamento, Angela Rainer, che la metterà al centro della sua campagna nelle aree contese. Il gap è del 17% di consensi a favore dei laburisti tra chi ha un mutuo e del 27% tra gli elettori che sono in affitto”.

In definitiva però Beaver rivela quale sia il trend cruciale: “Che si pensi che i conservatori abbiano fatto bene o male, o che i laburisti potrebbero fare bene o male al governo, il dato è che due terzi della popolazione vuole votare per un cambiamento. Questo è un indicatore critico, la gente vuole cambiamento, il che non vuol dire che di per siano follemente innamorate dei laburisti. Il pubblico sembra fidarsi di più dei laburisti, ma sono alquanto neutrali se gli si chiede se riusciranno a gestire meglio tasse ed economia. E nel mezzo ci sono molti indecisi quindi entrambi i partiti devono ancora lavorare sodo sulle questioni che premono davvero al grande pubblico“.

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