“Dall’altra parte piovono parole di circostanza. «Tuo nonno è forte». «Lo aspettiamo». «Vedrai che si rimetterà». So che non è così. Per questo, mentre sono sdraiato sul lettino assieme a Carlotta e cerco inutilmente una distrazione, mi aspetto che da un momento all’altro ci arrivi alle spalle e lanci nella nostra direzione un ghiacciolo o un cornetto. Le tue improvvisate, il tuo modo di volerci bene”.

Lungomare nostalgia, di Andrea Malabaila (Edizioni Spartaco), è un viaggio nella storia italiana e nel ricordo di una persona cara persa, fisicamente, per sempre. La vicenda prende avvio nel 1924, a Cuneo, quando Natale, il nonno dell’Io narrante, nasce, e si conclude in una clinica per anziani a Torino ai giorni nostri. In mezzo ci sono il Ventennio fascista, la Seconda guerra mondiale, il Miracolo Economico, un’eccezionale vincita alla lotteria e il meticoloso lavoro come linotipista in una tipografia torinese dove venivano stampati i libri di Cesare Pavese. Parallelamente alle vicende di Natale, la voce narrante racconta il rapporto intimo, ironico e formante avuto con il nonno e il dramma della sofferenza vissuta da Natale alla fine dei suoi giorni. Lungomare nostalgia è un romanzo commovente, che scava nell’emotività del ricevente-lettore, che pone domande e fa riflettere sui rapporti che tutti noi ci siamo lasciati alle spalle, in senso materiale, per affidarli al nostro ricordo e al lavorio ininterrotto della memoria. Un testo profondo e sentimentalmente denso.

Due anni dopo, a Caracas, mise incinta una giovinetta della bidonville di San paolo del Limone, la quale diede alla luce un gigante, anche lui predestinato a un meraviglioso viaggio. Quando la ragazza gli chiese quale nome volesse dare al bambino, Benoît Bramont si ricordò di Mouchot, del laboratorio imperiale di Meudon, del premio, della notte di bagordi, e gli sembrò che quella valanga di ricordi fosse soltanto il lontano miraggio di un’altra vita. E così, per rendere omaggio al congegno che aveva reso possibile quell’avventura caraibica, rispose: «Lo chiameremo Ottaviano». «Troppo esotico» disse la ragazza tenendo in braccio il bambino. «Lo chiameremo Octavio»”.

L’inventore, di Miguel Bonnefoy (traduzione di Francesca Bononi; 66thand2nd), è un appassionante romanzo che cala il lettore nell’atmosfera della prima metà del Diciannovesimo secolo. Augustin Mouchot, figlio di un fabbro, professore di matematica, scopre l’energia solare. La macchina da lui costruita, soprannominata Ottaviano, suscita l’interesse del presidente (e poi imperatore) Napoleone III, viene presentata all‘Esposizione Universale di Parigi del 1878 e permette prodigi, straordinari tra cui quello di realizzare blocchi di ghiaccio con l’energia solare. Ma siamo nell’epoca del carbone, della inarrestabile Rivoluzione Industriale e il progetto di Mouchot, giudicato troppo costoso, viene abbandonato, portando l’inventore a tentare di far fiorire il deserto algerino. L’inventore è il ritratto di un eccentrico genio originale, raccontato attraverso un linguaggio poetico e onirico amalgamato con una dose di realismo (magico) che riporta in luce una vicenda avventurosa e appassionante caduta nel dimenticatoio della Storia ufficiale.

“Anche la giacca a righe verdi era la stessa che indossava suo nonno in quella foto che doveva essere ancora lì, sul comodino della casa da pranzo dei suoi genitori. Se non avesse avuto la certezza del contrario, dell’impossibilità della cosa, avrebbe giurato che l’uomo sulla porta era suo nonno materno. Quello morto trent’anni prima”.

Disagi, di Fabio Testini (Amazon), è un’ottima raccolta di cinque racconti che tratteggiano le varie forme del disagio contemporaneo. L’avversa reazione emotiva che impedisce una reale sinergia con il prossimo, viene raccontata attraverso la trasformazione di una donna diventata improvvisamente blu, l’eccitazione tiepida di una coppia catapultata in un appartamento libero, l’acquisto di un vestito nero per un’occasione speciale, il passaggio a un criptico autostoppista, e nel cuore di un processo dialogico tra gli ospiti di un ospedale psichiatrico. Asciutto, secco, Disagi richiama a una scrittura postmodernista capace, con pochi tratti, di stendere profili di spessore dei personaggi coinvolti.

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