“Prima lo Stato ci ha finanziato, per far sì che potessimo crescere. Poi ha fatto una legge che ci impedisce di vendere i nostri prodotti, rendendo potenzialmente inutili quei soldi pubblici e mettendo in difficoltà tutte le aziende che, come noi, operano nel mercato del cbd in Italia”. A parlare è Matteo Moretti, amministratore unico di JustMary, impresa di delivery di cannabis legale, nata a Milano nel 2015. Nell’aprile del 2022, partecipando a un bando pubblico del Pnrr, l’azienda ha ottenuto 65mila euro: 16mila a fondo perduto, il resto in forma di finanziamenti statali a tasso agevolato. Questi fondi, erogati dalla Simest – la società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti che supporta lo sviluppo internazionale delle imprese italiane – sono serviti per portare JustMary al di là delle Alpi, in Francia. Ma ora, con il decreto firmato dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, che equipara i prodotti a base di cbd a sostanze stupefacenti, l’azienda di Moretti rischia di vedere il suo fatturato crollare del 30%.

“Stanno mettendo in difficoltà le stesse società che hanno finanziato con i soldi pubblici”, dichiara Moretti a ilfattoquotidiano.it, preoccupato che la stretta sulla cbd – l’estratto ottenuto dalla cannabis privo dell’effetto psicotropo -, possa essere allargata ulteriormente nei prossimi mesi. Per il momento, infatti, il decreto del governo riguarda solo i “prodotti da ingerire” che, a partire dal 22 settembre, potranno essere venduti solo nelle farmacie. Resta fuori dalla stretta, dunque, la cannabis light da fumare, cioè i fiori di canapa che contengono il cbd e non il thc. Ma il timore di Moretti, e di tutto il comparto, è che presto la vendita della sostanza possa essere vietata integralmente. “In quel caso altro che il 30% – spiega l’amministratore unico -, le perdite sarebbero del 99%”.

Quella introdotta del governo Meloni, in realtà, non è una novità assoluta. La misura che inserisce le composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo nella tabella dei medicinali stupefacenti è contenuta in un decreto di ottobre 2020 del ministro della Salute del governo Conte II, Roberto Speranza. Dopo numerose proteste, il decreto era stato sospeso solo quattro settimane più tardi. L’esecutivo Meloni ha ora revocato quella sospensione, scatenando nuovamente le contestazioni delle associazioni di categoria che promettono un ricorso al Tar.

Per Federcanapa, la posizione italiana, oltre a essere in antitesi con le decisioni assunte dalle analoghe autorità dei principali paesi europei, è “illogica in quanto non potrà impedire la libera circolazione in Italia di alimenti e cosmetici al cbd prodotti legalmente in altri Stati Ue”. Anche secondo Moretti la misura è destinata a danneggiare unicamente i produttori nazionali: “Il farmacista che ora vorrà vendere prodotti al cbd, li comprerà all’estero, perché non potrà più maneggiarli nessuno qui”. E vale anche per il consumatore finale: “Banalmente, la merce si potrà comprare su Amazon. Il produttore estero userà le piattaforme di e-commerce per distribuirla e ammazzerà tutti”, dichiara l’amministratore unico di JustMary. Che conclude: “Il mercato italiano sarà fatto fuori”.

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