di Dante Nicola Faraoni

Con l’inflazione crescente che erode il potere d’acquisto, con disoccupazione e lavori sottopagati che colpiscono milioni di italiani, si è acceso un rovente dibattito sull’adeguamento salariale. Si sono creati due fronti: il Governo Meloni che difende le posizioni degli imprenditori, sostenendo che salario minimo e aumento dei salari creerà disoccupazione e perdita di competitività per le nostre aziende. Opposizione, gran parte dei sindacati e qualche imprenditore rivendicano l’adeguamento dei contratti di lavoro per contrastare l’abbassamento dei consumi. Chi ha ragione? ma soprattutto, cosa è necessario fare per il benessere degli italiani?

La risposta a questo quesito già c’è, corredata da analisi e dati statistici: è la Teoria del Gap Salariale elaborata dal prof. Ravi Batra della South Metodist University di Dallas. La ricerca del prof. Batra inizia da una analisi storica dell’inflazione negli Usa. L’inflazione è il grande nemico degli economisti, perché quando sale sopra al 2-3% rompe l’equilibrio tra la domanda e l’offerta creando rallentamenti, recessioni o depressioni economiche. Il prof. Batra ci fa osservare che l’aumento dell’inflazione corrisponde in maniera inequivocabile all’aumento della circolazione della moneta.

La figura qui sopra rappresenta il parallelismo costante tra l’andamento della crescita monetaria e quella dell’inflazione negli Usa dal 1770 al 1990. Dell’Italia non abbiamo i dati, sicuramente cambieranno i periodi storici ma è evidente che nel lungo periodo la moneta è l’unico fattore a determinare l’aumento dei prezzi in tutte le economie capitaliste: l’aumento della massa monetaria determina l’inflazione. L’inflazione fa perdere potere d’acquisto ai salari, calano i consumi con conseguente contrazione della produzione. Dagli anni ’90 ad oggi il gap salariale è stato contenuto con l’espansione monetaria, azzerando i tassi d’interesse, mentre le banche rilasciavano crediti a “tutti”.

Questa operazione praticata a livello planetario ha però creato un nuovo pericoloso scenario: gli Stati, i privati e le aziende sono gravati da un debito di proporzioni gigantesche! Quando nel 2021 i prezzi di materie prime ed energetici iniziarono ad aumentare sensibilmente ingrossando la massa monetaria, anche l’inflazione è aumentata, costringendo le Banche Centrali ad alzare i tassi per contrastare gli investimenti a debito – ma tale misura si è resa poco efficace. Anche la finanza pubblica non è più in grado di sostenere con erogazioni l’economia, causa il pesante indebitamento. Quindi per rimettere in equilibrio la bilancia l’unico modo di agire è aumentare i salari di milioni di italiani ed azzerare la disoccupazione, colmando il Gap salariale che inibisce il potere d’acquisto del 70% della popolazione.

Se la massa monetaria fosse ridistribuita sui salari il gap non esisterebbe e l’inflazione sarebbe sotto controllo. Invece nel sistema capitalista di monopolio la massa monetaria si concentra nelle mani di pochi supericchi che per massimizzare i profitti continuano ad aumentare i prezzi di materie prime, energetici e al dettaglio. Ciò ha portato l’1 % della popolazione più ricca del mondo a possedere il 70% della ricchezza totale del pianeta. Questo difetto è il motivo per cui si stanno scatenando inflazione, instabilità economica, aumento delle disparità sociali, povertà, guerre.

Su questa negligenza crollerà il governo di Giorgia Meloni. Senza l’aiuto della Bce, senza soldi da investire per paura di sforare il rapporto deficit/Pil, rifiutandosi di introdurre il salario minimo, cancellando il RdC, rifiutandosi di tassare i più ricchi, questo governo sarà inghiottito da inflazione e recessione. Ciò comporta anche l’impoverimento della classe media che il centrodestra considera la sua gallina dalle uova d’oro, dalla quale ricava consensi e voti. Difendere i ricchi sfruttando gli egoismi degli italiani desiderosi di diventare straricchi non paga più! Azzerare il gap salariale è la via, se ne facciano una ragione!

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