Resilienti, ipertecnologiche, inclini all’uso della corruzione che ha quasi sostituito del tutto la violenza, proiettate agli affari e a quello che si appresta essere il migliore in questo momento: i fondi pubblici nazionali e comunitari del Pnrr. Le mafie vengono così disegnate nell’ultima Relazione semestrale della Dia e mostrano come sempre di essere un passo avanti alle società non criminali. Ma con fatturati enormi e impressionanti se si guarda ai tesori confiscati o sequestrati dagli investigatori: nel secondo semestre 2022 la Dia ha confiscato beni per 181, 4 milioni di euro rispetto ai 43,4 dei primi sei mesi dello scorso anno. Per quanto riguarda i sequestri la cifra si attesta sui 31 milioni di euro mentre nei primi sei mesi erano stati 92,8 milioni. Nel dettaglio l’attività ha riguardato 6,4 milioni di euro di beni riconducibili alla camorra, 1,2 milioni di Cosa nostra e 0,7 dell’ndrangheta e 22 milioni di altre organizzazioni criminali. Le confische hanno riguardato per 177,6 milioni la ‘ndrangheta, per 1,1 milioni Cosa nostra, per 1,2 milioni la camorra e per 1,4 milioni altre organizzazioni.

Metaverso e web – Dall’analisi degli investigatori dell’Antimafia emerge una “resilienza della criminalità organizzata e sulla capacità di cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni opportunità di profitto e realizzando una notevole espansione speculativa, non da ultimo grazie agli strumenti tecnologici connessi al metaverso, alle piattaforme di comunicazioni criptate e in generale al web (sia la rete internet che il dark web) e ad altri settori del mondo digitale meno conosciuti”. L’utilizzo sempre più diffuso delle comunicazioni criptate – sottolinea la relazione della Dia- rappresenta una sfida attuale e futura che la tecnologia offre di continuo e che in futuro potrebbe essere affiancata dal diffondersi su scala globale del metaverso, scenario rispetto al quale Europol ha già evidenziato le potenzialità criticità cercando di veicolare alle Forze dell’ordine dell’Unione Europea le raccomandazioni su quello che potrebbe accadere e come adattarsi e prepararsi all’intervento operativo nel nuovo contesto.

Più corruzione e sempre meno violenza – Le mafie si sono trasformate e hanno perso quasi del tutto alcune caratteristiche che le hanno contraddistinte in passato ed è per questo che “le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza e delle intimidazioni, sempre più residuali, con strategie di silenziosa infiltrazione e con pratiche corruttive. La Dia – sottolinea l’ultima relazione semestrale -ha continuato a garantire il constante monitoraggio dei flussi finanziari finalizzato ad individuare e recuperare i patrimoni illecitamente accumulati dalle mafie, anche fuori dai confini”. Le mafie, ed è una conferma rispetto anche agli passati, “prediligono agire negli ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano ingenti profitti gradualmente immessi nei circuiti legali con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati.

Il senso degli affari e il Pnrr – Associazioni a delinquere finalizzate all’arricchimento illecito di fatto “le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni sempre più ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite. Si tratta di modi operandi dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e PNRR)”.

‘Ndrangheta dominatrice – “In ragione della coesa struttura, delle sue capacità ‘militari’ e del forte radicamento nel territorio, la ‘ndrangheta si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni italiane (Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna). Proiezioni che si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania e Romania), il continente australiano e quello americano (Canada, Usa, Messico, Colombia, Brasile, Perù, Argentina, Australia, Turchia ed Ecuador)”. “La situazione della criminalità organizzata in Calabria permarrebbe sostanzialmente immutata rispetto al precedente periodo dell’anno… tuttavia, gli elementi emersi dalle inchieste concluse nel periodo in esame, nel prosieguo, hanno mostrato taluni aspetti d’interesse che, da un’attenta analisi, potrebbero rivelare possibili evoluzioni dei gruppi ‘ndranghetisti avvenute nei vari contesti di riferimento”.

“Fuori dalla regione d’origine, le cosche calabresi, oltre ad infiltrare significativamente i principali settori economici e produttivi, replicano i modelli mafiosi basati sui tradizionali valori identitari, con ‘proiezioni’ che fanno sempre riferimento al Crimine, quale organo unitario di vertice, che adotta ed impone le principali strategie, dirime le controversie e stabilisce la soppressione ovvero la costituzione di nuove locali. – evidenzia la relazione – Le inchieste ad oggi concluse hanno, infatti, permesso di individuare nel Nord Italia 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. Più di recente, anche in Emilia-Romagna le attività d’indagine hanno gradualmente disvelato una ragguardevole incisività della ‘ndrangheta”.

Cosa nostra attrattiva per i giovani – – Cosa Nostra riesce ancora oggi ad avere una “capacità attrattiva” sulle giovani generazioni. La criminalità organizzata siciliana riesce a coinvolgere non sol “la diretta discendenza delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, un bacino di utenza più esteso al fine di ampliare la necessaria manovalanza criminale“. E ancora: “nel territorio siciliano si registra altresì la presenza di altre organizzazioni mafiose sia autoctone, sia straniere, che riescono a coesistere con cosa nostra in ragione di un’ampia varietà di rapporti e di mutevoli equilibri”. Nella relazione si aggiunge, inoltre, che l’ormai “consolidata strategia di ‘sommersione’ dettata dalle organizzazioni siciliane prevede il minimale ricorso alla violenza al fine di evitare allarme sociale e garantire, nel contempo, un ‘sereno’ arricchimento economico tramite l’acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere”.

“In cosa nostra palermitana, come nelle consorterie mafiose attive nelle province occidentali e orientali della Sicilia, la prolungata assenza al vertice di una autorevole e riconosciuta leadership starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa. – prosegue la relazione – Non mancherebbero, tuttavia, i tentativi da parte di anziani uomini d’onore, recentemente ritornati in libertà, di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di appartenenza”. “Ad Agrigento continua a registrarsi l’operatività anche della stidda e di altri sodalizi para-mafiosi, come paracchi e famigghiedde. In provincia di Catania e, più in generale nella Sicilia Orientale, risultano ancora attive importanti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra che al suo modello fanno riferimento sotto gli aspetti organizzativo, funzionale e criminale. – si legge nella relazione – In tale contesto territoriale operano, inoltre, altri sodalizi di tipo mafioso non ricompresi in cosa nostra che possiedono la medesima articolazione delle famiglie di Catania e, in altri casi, alternano ad una matrice banditesca schemi organizzativi adattivi e fluidi tipici dei quartieri in cui i tali gruppi insistono. Evidente, inoltre, è la propensione dei sodalizi catanesi ad espandere la loro zona di influenza nei contesti circostanti. Difatti, nelle province di Siracusa e Ragusa risultano tangibili le influenze di cosa nostra catanese e, in misura più ridotta, anche della stidda gelese”.

“L’ormai consolidata strategia di ‘sommersione’ dettata dalle organizzazioni siciliane prevede il minimale ricorso alla violenza al fine di evitare allarme sociale e garantire, nel contempo, un ”sereno” arricchimento economico tramite l’acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere. – continua la relazione – Nel periodo di riferimento vengono confermati quali principali interessi criminali delle mafie siciliane, il traffico di stupefacenti, le estorsioni, l’infiltrazione nei comparti della pubblica amministrazione, nell’economia legale, nel gioco e nelle scommesse online, settore quest’ultimo che garantisce una singolare modalità di controllo del territorio, strumentale anche per il riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.

“Nel traffico degli stupefacenti si conferma la capacità di cosa nostra di instaurare relazioni commerciali e di stringere alleanze o forme di cooperazione con altre matrici mafiose, quali ‘ndrangheta e camorra, per l’acquisto di ingenti quantitativi su larga scala. Dalle attività investigative concluse nel periodo di riferimento è emerso come cosa nostra, per l’approvvigionamento di cocaina, abbia mantenuto un privilegiato canale di negoziazione soprattutto con le cosche calabresi. Tuttavia non può escludersi che cosa nostra riesca, nel tempo, a riattivare i vecchi flussi con i fornitori del continente americano e riacquisire lo storico ruolo di player internazionale nell’ambito del narcotraffico. Con riferimento allo spaccio al minuto, le organizzazioni criminali ricercherebbero manovalanza anche tra i più giovani nelle periferiche e più degradate aree urbane. – prosegue la relazione – L’interesse delle consorterie mafiose siciliane fuori regione si rivolge prevalentemente (con riferimento alle presenze in Lazio, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Toscana) all’infiltrazione nell’economia con la commissione di frodi fiscali e riciclaggio di capitali. All’estero, tra i Paesi più interessati al fenomeno si segnalano Spagna, Belgio, Germania, Austria, Romania, Malta, Canada, Usa”.

Camorra e le imprese mafiose attrattive – C’è poi la camorra e la sua tradizione criminale sempre più votata all’imprenditorialità “Le province di Napoli e Caserta rimangono i territori a più alta e qualificata densità mafiosa. È qui, infatti, che si registra la presenza dei grandi cartelli camorristici e dei sodalizi più strutturati i quali, oltre ad aver assunto la gestione di tutte le attività illecite, si sono gradualmente evoluti nella forma delle così dette ‘imprese mafiose’ divenendo nel tempo competitivi e fortemente attrattivi anche nei diversi settori dell’economia legale. Ne consegue, pertanto, la crescente tendenza dei clan più evoluti a ‘delocalizzare’ le attività economiche anche all’estero per fini di riciclaggio e di reinvestimento con l’obiettivo di trasferire le ricchezze in aree geografiche ritenute più sicure e più remunerative”.

La relazione evidenzia poi “un’ulteriore e insidiosa minaccia è costituita dalle strategie più subdole e raffinate adottate dalle organizzazioni camorristiche più strutturate ed orientate all’infiltrazione dell’economia e della finanza anche tramite pratiche collusive e corruttive. I consistenti capitali illeciti di cui dispongono tali organizzazioni, derivanti soprattutto dal traffico di stupefacenti, non appena reimpiegati nell’economia legale alterano, talvolta irreversibilmente, le normali regole di mercato e della libertà di impresa, consentendo ad esse di acquisire posizioni dominanti, o addirittura monopolistiche, in interi comparti economici”. “Frequenti risultano i casi di pervasiva ingerenza all’interno della pubblica amministrazione campana volti a condizionarne i regolari processi decisionali per l’affidamento degli appalti pubblici, altro settore di prioritario interesse criminale – sottolinea la relazione – Grazie alla rete di relazioni intessuta tra taluni esponenti delle Amministrazioni locali e delle imprese, i clan riescono ad aggiudicarsi importanti commesse pubbliche sia con affidamenti diretti in favore di aziende ad essi collegate, sia tramite i sub-appalti”.

Nell’attività criminale dei clan di stampo camorristico “frequenti risultano i casi di pervasiva ingerenza all’interno della pubblica amministrazione campana volti a condizionarne i regolari processi decisionali per l’affidamento degli appalti pubblici, altro settore di prioritario interesse criminale. Grazie alla rete di relazioni intessuta tra taluni esponenti delle amministrazioni locali e delle imprese – si aggiunge -, i clan riescono ad aggiudicarsi importanti commesse pubbliche sia con affidamenti diretti in favore di aziende a essi collegate, sia tramite i sub-appalti”. Per la Dia si tratta di “una ulteriore e insidiosa minaccia“, costituita “dalle strategie più subdole e raffinate adottate dalle organizzazioni camorristiche più strutturate e orientate all’infiltrazione dell’economia e della finanza anche tramite pratiche collusive e corruttive”.

In Puglia conflittualità tra clan e controllo militare – “La parcellizzazione e il dinamismo dei fenomeni associativi continuano a caratterizzare l’intero scenario mafioso pugliese in cui le diverse costellazioni di clan e di sodalizi, tra loro in altalenanti rapporti di conflittualità ed alleanze, proseguono il loro percorso in ascesa verso l’acquisizione di forme imprenditoriali sempre più complesse e strutturate. Le organizzazioni criminali della Regione, infatti, benché continuino ad esercitare variegate modalità di controllo militare del territorio, sembrerebbero orientarsi verso l’attuazione di un mirato ed evoluto modello di mafia degli affari”.

“I dati contenuti nelle Relazioni sull’Amministrazione della Giustizia, presentate in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2023 presso le Corti di Appello di Bari e Lecce, confermano il trend in crescita delle mafie pugliesi nella tradizionale distinzione tra mafie foggiane, camorra barese e sacra corona unita. – continua la relazione – Le attività di analisi e di indagine del semestre documentano anche come il polimorfismo mafioso non pregiudichi forme di simbiosi e sinergiche strategie, funzionali al soddisfacimento di comuni interessi illeciti ed altamente remunerativi”. “I percorsi di infiltrazione mafiosa nei circuiti economico-imprenditoriali traggono origine dal considerevole afflusso di capitali illeciti derivanti dal traffico, anche internazionale, di stupefacenti e dagli ingenti profitti discendenti dalla recrudescenza del fenomeno estorsivo, attuate con prevaricanti strategie intimidatorie dalle organizzazioni criminali pugliesi ai danni di attività imprenditoriali e commerciali. – prosegue la relazione – Le accennate interazioni con le mafie storiche interessano, ad esempio, i clan della provincia di Barletta Andria Trani (BAT) che sembrerebbero interloquire non solo con le realtà criminali del territorio dauno e barese, ma anche con quelle di origine calabrese e campana”.

La mafia albanese e le alleanze – C’è poi la mafia albanese perfettamente integrata. “I gruppi di criminalità albanese nel tempo si sono integrati con la delinquenza locale, diventando, non solo in Italia, una delle più complesse e articolate espressioni nello scenario della criminalità, quali partners e fornitori di servizi criminali per altri gruppi, forti di una reputazione di notevole affidabilità, soprattutto per il narcotraffico. L’ingente disponibilità di denaro, inoltre, permette alle mafie albanesi di poter disporre di sofisticate attrezzature tecnologiche ed informatiche per eludere il contrasto da parte delle Autorità di polizia e giudiziarie, rendendo sempre difficoltoso ed impegnativo lo sforzo investigativo”. “La Dia – si legge nella relazione – ha continuato a garantire il constante monitoraggio dei flussi finanziari finalizzato ad individuare e recuperare i patrimoni illecitamente accumulati dalle mafie, anche fuori dai confini”.

Gli appalti pubblici e le Olimpiadi Milano-Cortina – I “sodalizi mafiosi sarebbero ‘scesi a patti’ per assicurare alle aziende affiliate una sorta di rotazione nell’assegnazione dei contratti pubblici, pilotando le offerte da presentare e contenendo anche le offerte al ribasso degli oneri connessi” secondo gli investigatori della Dia. In questa “fase di ripresa economica – si legge – la soglia di attenzione è particolarmente elevata sul rischio di accaparramento, da parte delle organizzazioni criminali, di fondi pubblici stanziati dapprima per l’emergenza sanitaria e per le ristrutturazioni edilizie e, in prospettiva, per il perfezionamento del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”. E anche “in funzione delle potenziali criticità legate alle opere già in corso di realizzazione per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026, le investigazioni giudiziarie, in linea con gli indirizzi della locale Dda, puntano ad una maggiore attenzione riguardo a tale ambiti”. Nelle pagine della relazione, relative alla presenza della mafie in Lombardia, dove si riportano tutte le indagini dell’ultimo periodo, viene spiegato che “nella regione, risulterebbero operativi 25 ‘localì di ‘ndrangheta”. L’obiettivo dei “gruppi criminali” di “infiltrarsi” nelle opere pubbliche “viene perseguito con raffinate strategie sia per intercettare gli ingenti stanziamenti, sia per avviare manovre di corruttela” anche nei confronti di “professionisti-tecnici incaricati”. E si arriva, poi, anche a “pressioni estorsive” sulle “aziende affidatarie” dei lavori.

Articolo Precedente

Gratteri non ha ‘rivenduto’ le ultime news sul caso Chindamo: errata l’ipotesi di certa stampa

next
Articolo Successivo

Quando andremo a votare pensiamo al volto sorridente di Maria Chindamo

next