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Il petrolio supera i 92 dollari al barile. Nuovi rialzi in vista per la benzina. Si attendono le contromosse del governo

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Sale e sale il petrolio. Il brent, greggio di riferimento per il mercato europeo, supera i 92 dollari al barile, ritrovando valori che non si vedevano dallo scorso novembre. La settimana scorsa Russia ed Arabia Saudita hanno annunciato l’estensione fino alla fine dell’anno dei tagli produttivi decisi a inizio estate, con l’intento di sostenere le quotazioni petrolifere e ottenere quindi maggiori introiti dal loro export. Arabia e Russia sono rispettivamente il primo e il terzo esportatore di greggio al mondo. Secondo l’Opec, l’organizzazione dei principali paesi esportatori di petrolio, nel prossimo trimestre il mercato mondiale rischia di fare i conti con un deficit di produzione di 3,3 milioni di barili al giorno, stabilendo quello che potrebbe rivelarsi come lo sbilancio tra domanda e offerta più consistente in oltre un decennio. Una condizione che, a dispetto del rallentamento economico, lascia presagire ulteriori pressioni al rialzo sui prezzi.

È piuttosto facile prevedere ulteriori aumenti della benzina, in Italia ormai stabilmente prossima ai due euro al litro. “Domani vedremo altri aumenti alla pompa, stasera andate a fare il pieno, perché oggi” il petrolio “prende due dollari e ci sono scorte basse e c’è carenza di capacità in giro“, avvisa il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli. L’equazione è semplice ma giova ricordare che il costo del petrolio incide per meno della metà sul prezzo dei carburanti sui cui gravano Iva e accise oltre ai costi di raffinazione e di distribuzione. Più il prezzo sale più aumentano gli incassi da Iva mentre le accise sono fisse (i proventi variano in base alla quantità di benzina e gasolio venduti, non in base al prezzo). Già nei primi giorni di settembre è stata superata la soglia di prezzo che impone al ministero dell’Economia di scegliere se attivare la cosiddetta accisa mobile, cioè compensare il maggior gettito Iva con una revisione al ribasso delle imposte. La norma, che recupera una disposizione introdotta dalle leggi Bersani, è inserita nel decreto trasparenza dello scorso gennaio.

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