Prima la terra che trema con una violenza mai sentita prima, gli edifici che crollano, le fughe in strada. Poi le morti, la disperazione, il dolore. Ma non solo. Immediatamente, il Marocco stravolto dal terremoto di magnitudo 6.8 che lo ha colpito nella notte di venerdì ha reagito. Lo ha fatto con i soccorritori ancora intenti a raggiungere i villaggi più remoti e isolati dell’Atlante, ma anche con una popolazione che da subito si è attivata per portare sostegno a parenti, amici o semplicemente connazionali che vivono nelle aree più colpite dal sisma. Un attivismo dal quale Romeo Gigli, firma dell’alta moda degli anni 80 e 90 che da anni ormai vive con la sua famiglia a Marrakech, dove gestisce una sua guest house, è rimasto colpito e al quale ha poi deciso di prendere parte, come racconta a Ilfattoquotidiano.it, insieme alla figlia Diletta. Quell’Africa che anni fa ha portato in passerella, che lo ha contaminato artisticamente e umanamente, oggi gli si presenta diversa: ferita ma altruista, attiva e pronta a venire in aiuto dei suoi figli. “Sì, le difficoltà dei soccorsi nei villaggi più remoti ci sono – racconta – Ma allo spavento iniziale, almeno qui in città, si è presto sostituita la volontà di tutti di dare una mano. C’è chi è partito volontario, chi aiuta a trasportare beni di prima necessità e chi semplicemente ha affollato i supermercati e i mercati per acquistare qualcosa da donare alle famiglie più sfortunate”.

A tre giorni dal sisma, le vittime sono già più di 2.600, un numero destinato ad aumentare con lo scorrere del tempo, il principale nemico dei soccorsi. Una stima dei dispersi ancora non esiste, ma sul campo la popolazione, insieme ai militari e ai medici, sta cercando di rendere meno pesante un bollettino già disastroso. Per questo la decisione di Rabat di accettare gli aiuti internazionali solo da 4 Paesi (Gran Bretagna, Spagna, Emirati e Qatar), rifiutando ad esempio quello francese, ha sorpreso e provocato risentimento a livello internazionale. “Non qui – sostiene lo stilista – Ho sentito parlare di inefficienza dei soccorsi, di burocrazia paralizzante con termini al limite del denigratorio. Ma io ho visto altro. Ho visto un popolo che in tutte le sue facce, dai soccorritori ai militari, fino alle persone comuni, ha mostrato un grande spirito di fratellanza con un’ampia mobilitazione. Un’ora dopo la scossa gli elicotteri volavano già in cielo, unici mezzi in grado di raggiungere, insieme ai muli, i villaggi isolati dalle frane che hanno reso inagibili le già scarse vie di comunicazione sulle montagne”. Una mobilitazione che, aggiunge, gli ha ricordato quella in periodo di pandemia: “In quei mesi re Muhammad VI mise in campo la sua forza militare per imporre restrizioni anche dure. Oggi quella stessa manifestazione di forza io la rivedo nei soccorsi”.

Chi sulle montagne ha deciso di andare a offrire soccorso è sua figlia Diletta. Lei, insieme ad altri volontari, si è unita ai numerosi gruppi in partenza dalla città per dare supporto alle popolazioni delle aree rurali: “Qui la distruzione è ovunque – dice a Ilfattoquotidiano.it -, le persone vivono in case fatte prevalentemente di roccia e fango e quindi tutto è crollato. In questi giorni abbiamo raccolto beni di prima necessità donati dalle persone comuni e li stiamo portando nei villaggi. Siamo stati ad Asni, Ouirgane, Ijoukak, Amizmiz, Kik, Imlil e continueremo a muoverci”. Dai cellulari di questi villaggi sono partiti i messaggi di aiuto, le foto e i video delle devastazioni che hanno raggiunto i conoscenti nelle città, convincendo sempre più persone a salire su uno dei convogli in partenza per dare una mano sulle pendici dell’Atlante.

I volontari aspettano che l’esercito e i bulldozer aprano un varco verso un nuovo villaggio da soccorrere, gli elicotteri solcano il cielo e le sirene delle ambulanze stridono consapevoli che non saranno mai abbastanza. Così, nell’emergenza, sono le stesse vittime a mettersi l’elmetto: “È ciò che più colpisce – conclude Diletta Gigli – A dare una mano non ci siamo solo noi, i più fortunati. Ai gruppi d’aiuto si sono uniti anche abitanti di alcuni villaggi colpiti dal sisma che hanno ricevuto i soccorsi per primi. Fino ad oggi hanno avuto il sostegno dei loro connazionali, ora sanno che è arrivato il momento di fare la loro parte”.

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