Il riscatto nazionale, un secondo Risorgimento, lo svelamento di un inganno, quello del regime fascista guidato da Benito Mussolini. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella celebra così il 9 settembre 1943, che è la data in cui fu costituito il Comitato di liberazione nazionale ma anche quella dell’affondamento della corazzata Roma che il capo dello Stato ha voluto ricordare all’Asinara. La Roma, come noto, fu attaccata da alcuni bombardieri tedeschi – all’indomani della resa incondizionata dell’Italia agli Alleati – mentre stava cercando di raggiungere l’isola della Maddalena dopo essere partita da La Spezia. Nell’inabissamento della Roma – il cui relitto è stato recuperato nel 2012 al mille metri di profondità nel golfo dell’Asinara – morirono 1393 marinai, tra i quali il comandante della nave, l’ammiraglio Carlo Bergamini. “Siamo qui oggi a rendere onore a tanti patrioti – ha detto Mattarella parlando dalla portaerei Cavour – A dei valorosi che, onorando il giuramento di fedeltà alla bandiera, non intesero mai ammainarla. Marinai, soldati, avieri, carabinieri, militari che, in giornate terribili per la Patria, non smarrirono il senso dell’onore e, con il loro comportamento e il loro sacrificio, resero onore all’Italia”.

Quello del 9 settembre “un momento di svolta che ha segnato profondamente la memoria collettiva del nostro Paese” sottolinea il capo dello Stato. “Fu un sentimento di sbandamento – scandisce il presidente – che accompagnava lo svelamento di un inganno, quello del regime fascista, aggiunto alla acquisita consapevolezza della rottura del patto tra monarchia e popolo. In quei terribili giorni e da lì sino alla fine del conflitto, l’Italia ha pianto migliaia di morti, uomini e donne, militari e civili, in patria e all’estero, accomunati dal desiderio di vivere in pace, in un paese libero, lasciandosi alle spalle la dittatura e gli orrori della guerra. Tanti italiani morirono perché la Patria riprendesse il suo autentico e libero percorso nella storia. Da quel 9 settembre del 1943 prese inizio il riscatto nazionale, la lotta di Liberazione“.

La condanna del fascismo, colpevole tra le mille cose anche di essersi “unito al nazismo tradendo i valori autentici del popolo italiano”, avvenne anche da molti militari, ricorda Mattarella. “Ad opera dei militari internati nei campi di concentramento in Germania, ai quali venne negato lo status di prigionieri di guerra. Dei martiri di Cefalonia. Dei combattenti nei Balcani e nelle isole mediterranee. Dei reduci dalla Russia e dall’Africa”. “Si levò dai soldati e dai giovani – sottolinea – che, rifiutando di servire il governo collaborazionista di Salò, salirono in montagna, costituendo le prime formazioni armate. Umili voci ed eroici comandanti, come il capitano di vascello Adone Del Cima, comandante di nave Roma, medaglia d’argento al valor militare. L’ammiraglio Carlo Bergamini, comandante delle Forze navali da battaglia, medaglia d’oro. Il capitano di corvetta Alessandro Cavriani e il Capo di terza classe Virgilio Fasan, imbarcati su nave Vivaldi, entrambi medaglia d’oro. Alla memoria. E del loro esempio siamo qui oggi a rinnovare la memoria, a ottant’anni di distanza”.

Dai “martiri di Cefalonia” ai giovani che “decisero di salire in montagna” invece di “servire il governo collaborazionista di Salò, dai “fucilati, gli impiccati, i torturati, i morti di stenti e maltrattamenti nei campi di concentramento, le vittime di rappresaglia tedesca, da Marzabotto a Boves, alle Fosse Ardeatine, all’isola di Kos e di Lero, dove combatterono personalità come Leonetto Amadei, poi presidente della Corte costituzionale, e Virgilio Spigai che sarebbe divenuto Capo di Stato Maggiore della Marina della Repubblica. Sono loro, che con i caduti a Porta San Paolo, a Montelungo, nelle Quattro Giornate di Napoli, hanno dato vita a un secondo Risorgimento, hanno contribuito al sorgere di una nuova Italia, ricostituendo quella unità nazionale che il fascismo aveva spezzato” ribadisce il capo dello Stato. “La loro eredità – aggiunge – sono le istituzioni democratiche della Repubblica e la missione di pace iscritta nella nostra Costituzione all’articolo 11 ove si afferma solennemente che ‘L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli'”.

Questa, dice ancora il presidente della Repubblica, è la missione affidata alle forze armate: “Essere presidio delle nostre libertà, far sì che prevalga il rifiuto di ogni forma di sopraffazione e di violenza, di offesa alla dignità di ogni popolo. Che prevalgano le ragioni dello Stato di diritto e delle regole di diritto che si è data la comunità internazionale. Il no alla guerra è risuonato forte dopo il Secondo conflitto mondiale, consentendo di dar vita all’Organizzazione delle Nazioni Unite, al processo di integrazione europea, alla creazione di alleanze, come la Nato, in grado di difendere i valori che ispirano le nostre società, è ciò che ci permette oggi, di fronte all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, di invocare, a voce alta, il diritto del popolo ucraino a resistere e a pretendere di essere arbitro del proprio futuro“.

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