Futuri ministri da spingere verso incarichi più importanti, magistrati interessati a nomine, investimenti sull’olio di palma, che avrebbe dovuto sostituire il petrolio nelle raffinerie dell’Eni, soldi ai dipendenti del suo partito dall’avvocato esterno dell’azienda del cane a sei zampe. C’è di tutto nelle dichiarazioni rese da Denis Verdini davanti al procuratore di Perugia, Raffaele Cantone. L’ufficio inquirente umbro è quello competente per le indagini relative alla cosiddetta loggia Ungheria, l’associazione segreta di cui ha parlato Piero Amara, l’avvocato di Siracusa finito in mille rivoli giudiziari. L’ex legale esterno dell’Eni ha già alle spalle un patteggiamento per corruzione in atti giudiziari e vari procedimenti in corso in giro per l’Italia. A Milano, per esempio, lo indagano per calunnia e autocalunnia in relazione proprio ai racconti sulla loggia Ungheria, che sarebbe stato un gruppo segreto formato da politici, magistrati e personaggi pubblici. Sulla fantomatica loggia ha indagato anche Perugia, che poi ha optato per l’archiviazione dell’inchiesta. È nell’ambito di quest’indagine che Cantone sente Verdini, indicato da Amara come uno dei vertici dell’Ungheria e indagato (prima dell’archiviazione) per violazione della legge Anselmi sulle logge segrete. Il verbale dell’ex senatore di Forza Italia, riportato dal quotidiano La Verità, si trasforma in un racconto di vari retroscena dell’epoca del patto del Nazareno, cioè l’alleanza tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Nelle dichiarazioni di Verdini, che fornisce ai pm anche le sue chat con Amara e Luca Lotti, compare pure il nome di Matteo Piantedosi, attuale ministro dell’Interno in quota Lega, già capo di gabinetto di Matteo Salvini al Viminale.

L’interrogatorio di Verdini: “Non sono massone” – È il 28 ottobre del 2021 quando Cantone chiede a Verdini – oggi ai domiciliari per scontare una pena definitiva a sei anni e mezzo per bancarotta – se avesse mai fatto parte della loggia Ungheria. “Lo escludo categoricamente. Amara non me ne ha mai parlato. La voce della mia appartenenza alla massoneria venne messa in giro durante la campagna elettorale del Mugello del senatore Antonio Di Pietro (sono le supplettive del 1996, ndr). Fu addirittura il Presidente Cossiga, forse per scherzo, a fare una dichiarazione in tal senso. Io, tuttavia, sono lontano per cultura da qualsiasi loggia massonica”, sostiene l’ex senatore. Che poi racconta come nasce il rapporto con l’avvocato di Siracusa. “La conoscenza con l’avvocato Amara inizia nel 2014- dice – Per comprendere l’origine di tale rapporto devo fare una premessa relativa alla mia storia politica e a quella della costituzione del movimento Ala. Nell’anno 2013, a distanza di quindici giorni dall’espulsione di Silvio Berlusconi dal Senato, l’8 dicembre, venne nominato segretario del Pd Matteo Renzi. Dopo poco venne stipulato il cosiddetto Patto del Nazareno. Con tale accordo nasce di fatto il governo presieduto da Renzi. La gestione di tale fase venne affidata per il centrodestra a Berlusconi, Letta e io, mentre per il centrosinistra vi erano Renzi, Guerini e Lotti. L’accordo e le trattative riguardavano le riforme da portare a termine nell’interesse del Paese”. Sono i mesi in cui Renzi prende il posto di Enrico Letta a Palazzo Chigi e governa grazie all’intesa con Berlusconi. Un asse che si rompe nel gennaio del 2015, quando l’allora leader del Pd spinge per eleggere Sergio Mattarella al Quirinale. “Dopo il venir meno del Patto del Nazareno, io, che ritenevo quello un grave errore di Berlusconi, creai il gruppo politico di Ala”, racconta Verdini, ricordando il piccolo gruppo parlamentare nato per mettere in sicurezza il governo Renzi. “Io non frequentavo Palazzo Chigi – sottolinea Verdini – io frequentavo il Nazareno”.

“Amara? Me lo presentò Saverio Romano” – La conoscenza di Verdini con Amara, però, è precedente e risale alle trattative sulle nomine. “Dopo la costituzione del governo vennero effettuate delle trattative per la nomina dei vertici delle grandi società di Stato. Le nomine che occorreva rinnovare erano state fatte in passato dal governo Berlusconi. Io partecipai a varie riunioni per mediare su tali nomine. Dopo gli incontri tra le varie forze, io mi recavo al mio partito, essendo all’epoca coordinatore di Forza Italia, e riferivo quale era l’orientamento che era emerso. All’Eni, Berlusconi voleva che venisse riconfermato Paolo Scaroni, mentre Renzi puntava su Claudio Descalzi, che venne effettivamente nominato. Saverio Romano, che era un politico di rilievo nel mio gruppo politico, mi disse che doveva presentarmi un professionista che aveva un peso nel mondo Eni”. Dunque a presentare Amara a Verdini è l’ex delfino di Totò Cuffaro, già enfant prodige dell’Udc poi passato nell’area di Forza Italia.

I soldi di Amara al partito di Verdini – Tra Verdini e Amara nasce un rapporto di frequentazione. Lo racconta lo stesso ex senatore, spiegando che l’avvocato gli propose addirittura un affare: “Importare dell’olio di palma“. A sentire Amara avrebbe dovuto “sostituire il petrolio nelle centrali di Gela e Venezia“, cioè due raffinerie dell’Eni. “Ricordo che in vista dell’organizzazione di tale affare, ci recammo a Dubai io, Amara, Saverio Romano, mio figlio ed il figlio di Romano. In tale località verificammo la possibilità di portare a termine l’affare, consistente nell’acquisto di olio di palma da una compagnia che aveva il monopolio mondiale di tale prodotto. Tuttavia, l’affare non andò in porto. Non aprimmo alcun conto a Dubai”. Dopo quest’affare fallito Amara comunicò a Verdini di avere “costituito una società in Slovenia e che la stessa funzionava. Non escludo che poi effettivamente qualche operazione sia stata fatta. A un certo punto. affermò che io e Romano eravamo per lui dei soci, almeno dal punto di vista ideale. Ricordo che consegnò delle somme di denaro ai dipendenti di Ala e giustificò tali erogazioni in due modi. Affermò che tali impiegati lo aiutavano nel fornirgli la rassegna stampa e che la somma che lui aveva erogato proveniva dai suoi guadagni con la società slovena”. Nell’interrogatorio si parla anche di appunti di Verdini, in cui compaiono le cifre delle donazioni di Amara: “Portò per alcune volte dei soldi, non ricordo gli importi, ma stimo 50/70“. A proposito di soldi, a un certo punto Verdini chiese ad Amara: “E a Saverio?”. Amara avrebbe replicato: “A lui ci penso io“. Davanti ai pm il politico ha sostenuto: “Durante il 2014 io non ho avuto nulla. A un certo punto Amara si giustificò che non poteva proseguire perché l’operazione di trasformazione delle centrali con l’olio di palma si era interrotto, non ricordo se nel 2015 o nel 2016”.

Lo sponsor di Piantedosi – A sentire l’ex senatore di Forza Italia il rapporto con Amara si sarebbe sviluppato soprattutto nel campo delle segnalazioni. L’avvocato gli parlava spesso di Matteo Piantedosi, l’attuale ministro dell’Interno che all’epoca era in servizio al Viminale come vice direttore generale della Pubblica sicurezza: “Amara mi fece il nome di Piantedosi e mi propose di parlarci. lo, nonostante le insistenze, non lo incontrai, sebbene Amara voleva che io lo vedessi. Piantedosi all’epoca era in disgrazia nell’ambito del ministero. Probabilmente Amara aveva dei rapporti con Piantedosi, ma io non so di che natura”, dice Verdini. Che però nei suoi appunti, sequestrati dai magistrati aveva scritto: “Mi ha invitato decine di volte agli incontri a casa sua e in altri luoghi. Io sono andato una volta a casa, dove ho incontrato Piantedosi“. Quando i magistrati gli contestano la differenza tra il suo memoriale e le sue dichiarazioni, Verdini risponde: “Sì, effettivamente sugli appunti che mi sono stati sequestrati è scritto che ho incontrato Piantedosi. Al momento non lo ricordavo, ma se l’ho scritto è vero. Piantedosi, come ho detto, non era valorizzato e, per quello che ricordo, voleva un’occasione per parlare con il ministro”. All’epoca dei fatti al Viminale c’era Angelino Alfano. A confermare di essersi interessato alla carriera di Piantedosi è stato lo stesso Amara, interrogato dal pm Mario Formisano: “Lui aveva due aspirazioni, una è fare il capo dei Servizi, ebbe un incontro insieme a me, Denis Verdini, […] proprio a casa mia. Poi voleva diventare capo della Polizia“. Dopo essere diventato capo di gabinetto al Viminale con Salvini, che è fidanzato con la figlia di Verdini, Piantedosi diventerà lui stesso ministro dell’Interno in quota Lega.

L’incontro col fratello di Pignatone – Verdini racconta anche altro. Per esempio di un suo dialogo con Amara: “Io gli dissi che non doveva coinvolgermi in operazioni poco chiare, trovandomi già in situazioni problematiche. Mentre lui si adoperava per trovarmi una fideiussione, un giorno, mi contattò e mi invitò a salire in uno studio. Salii in questo studio, che si trova vicino l’ambasciata americana, e vi trovai un uomo che mi fu presentato come il fratello del dottor Pignatone. Dopo aver parlato con tale professionista, Amara mi disse: Vedi con chi ho contatti? Sono una persona seria, che lavora con gente rispettabile. Amara mi disse che Roberto Pignatone era un suo consulente. Parlammo circa cinque minuti. Fu solo una presentazione”. Di quell’incontro c’è conferma nelle annotazioni dell’ex senatore: “Una volta in ufficio mi ha presentato il fratello di Pignatone dicendomi che lavorava con lui e per lui. Questo perché gli dicevo che non volevo pasticci”. Poi, però, Amara è finito nei guai. E’ il periodo del “falso complotto Eni”, cioè l’operazione che doveva servire a dimostrare come i vertici del cane a sei zampe erano stati screditati da alcuni consiglieri indipendenti del gruppo, mentre la procura di Milano li indagava per corruzione internazionale. In realtà si trattava di un depistaggio orchestrato dalo stesso Amara.

Amara mi accusa per la mia notorietà negativa” – L’avvocato di Siracusa finisce sotto indagine e decide di rendere dichiarazioni ai pubblici ministeri di Roma, Milano e Messina: nelle sue dichiarazioni accusa Verdini di aver fatto parte della loggia Ungheria, di averla guidata, di aver deciso la nomina di Descalzi al vertice dell’Eni. Accuse che suonano credibili “per la mia notorietà negativa”, dice l’ex senatore. Che però smentisce di aver fatto parte dell’Ungheria, ma anche di aver lavorato per la nomina dell’attuale ad dell’Eni. “Prima della nomina di Descalzi nessuno aveva avuto modo di interloquire su tali nomine che furono decise dagli esponenti politici di cui ho parlato attraverso una mediazione. Come ho già detto è completamente falso quanto riferisce Amara in merito ad un suo intervento per la nomina di Descalzi. Mi fece intendere che secondo i vertici dell’Eni ero stato io a favorire la nomina in oggetto. Io gli dissi che tale circostanza non rispondeva al vero e che Descalzi era stato scelto non per merito mio”. Già sentito come teste a Milano, il 3 giugno 2020, Verdini aveva detto: “lo risposi loro che non avevo fatto assolutamente nulla in quanto nei tavoli, in cui venivano fatte le nomine di incarichi così importanti, io ascoltavo semplicemente e non avevo potere decisionale, anche perché il Nazareno era un tavolo di trattativa sulle riforme e non sulle nomine”. Ma perché dunque Amara lo accusa di aver lavorato per la nomina di Descalzi? Verdini sostiene di aver fatto un errore: raccontare a Saverio Romano che c’era la possibilità di far incontrare Descalzi a Londra con Renzi e questa informazione potrebbe essere stata utilizzata da Amara. Verdini spiega di aver incontrato Amara per due volte, anche dopo che dell’ex legale dell’Eni aveva fatto dichiarazioni contro di lui. “In occasione del secondo incontro era presente anche l’avvocato Montali che mi disse di essere venuto per fare delle indagini difensive. Amara disse che poteva ritrattare le sue dichiarazioni, ma io, in cambio, avrei dovuto dichiarare che lui era intervenuto per la nomina di Descalzi e che aveva fatto da tramite tra me e Granata (ex braccio destro di Descalzi in Eni ndr). Io rifiutai di rendere tali false dichiarazioni. Faccio presente che nel primo incontro lui non aveva indicato tali condizioni per ritrattare. Aveva semplicemente ipotizzato che venissi sentito nell’ambito di investigazioni difensive. A questo punto secondo me nasce l’avversione nei miei confronti di Amara. A mio avviso, tale rifiuto ha indotto Amara ad indicarmi come uno dei vertici della loggia segreta”. Assediato dalle accuse dell’ex avvocato dell’Eni a un certo punto l’ex senatore di Forza Italia ha detto ai magistrati: “Se leggete le mie chat, troverete la soluzione di tutto. Vi autorizzo a leggerle e ad utilizzarle”.

Le chat: “Denis, puoi vedere Piantedosi oggi?” – Nelle chat fornite da Verdini ai pm si trova effettivamente traccia delle richieste di Amara. “Ciao Denis, un’altra cortesia personale. Possiamo vedere Carlo Capristo che è qui oggi?”, scrive l’avvocato il 15 ottobre del 2015. Il riferimento è a Carlo Maria Capristo, ex procuratore di Trani e Taranto, oggi a giudizio per corruzione in atti giudiziari. Amara ci tiene che il magistrato, che all’epoca era interessato a guidare la procura di Firenze, incontri Verdini: “Scusa se mi permetto di insistere ma l’ho fatto venire da Trani per parlare con te. Per questione Firenze. Oppure ceniamo insieme se non hai impegni”. Verdini non risponde, ma mezz’ora dopo Amara invia un altro messaggio che suggerisce come l’incontro sia stato comunque concesso: “Tre minuti siamo con la scorta”. Il 16 dicembre del 2015 Amara torna a chiedere udienza a Verdini: “Denis mi puoi dare delle disponibilità per Piantedosi oggi? Grazie”. Non segue alcun messaggio, ma nel pomeriggio Amara scrive di nuovo un laconico: “Arrivo”. Verdini non è probabilmente l’unico con il quale Amara parla di Piantedosi. Il 21 aprile del 2016, per esempio, l’avvocato scrive all’ex senatore: “Ciao ti ricordi di Matteo Piantedosi?”. Subito dopo, però, si correggeva: “Scusa non era per te il messaggio”.

I messaggi al Giglio magico: “Servono i nostri voti?” – Le chat fornite da Verdini ai pm coprono il periodo in cui Renzi era a Palazzo Chigi, anche grazie al sostegno di Ala in Parlamento. L’ex coordinatore di Forza Italia parla soprattutto con Luca Lotti, che all’epoca era sottosegretario alla presidenza del consiglio. “Hai problemi di numeri su fiducia oggi? Perché, se possiamo, io non lo voterei… dammi una risposta rapida, fai i conti e dimmi se dobbiamo votarlo”, scrive Verdini il 19 ottobre 2016. “Chiedo”, risponde il braccio destro di Renzi. Ma Verdini lo blocca: “Lascia stare, votiamo e basta”. Il 15 settembre 2015 Verdini scrive a Lotti: “Convocazione capigruppo Senato ore 15 per calendarizzazione riforme. Cosa dobbiamo fare?”. Mezz’ora dopo, il sottosegretario risponde: “Ti stiamo chiamando“. “Ma avete concesso qualcosa a Fitto?”, chiede subito Verdini. Lotti lo rassicura: “No. Nessuna concessione”. La tensione, in quel periodo, è alta. Cinque giorni dopo Verdini sbotta: “State facendo un disastro, è stata giornata faticosa con tutti i miei che sembravano “piedi neri” sul piede di guerra!!!! E io legato al palo del supplizio con un bruciaculo… terribile! Arriverò vivo al dopo “lottiano”?? Chi vivrà vedrà!!!!!!!”. Due giorni dopo Verdini se la prende con Bersani: “Ma Bersani è tarantolato… è chiaro che se lui vota e i voti degli altri (Verdini) non servono!! Ci ha messo a capirlo… ha vinto il mongolino d’oro!!!!”. Lotti replica serafico: “Guarda risposta Carbone (Ernesto, ex parlamentare renziano e ora componente del Csm ndr)”.

Le chat con Lotti: “Sembri Pacciani” – Ma per capire come funzionavano i rapporti tra il governo di Matteo Renzi e Ala, la componente creata da Verdini dopo la scissione da Forza Italia, è utile leggere lo scambio con Lotti del 30 settembre 2015: “Prima del Cociancich (che chiude tutto ed elimina i segreti) ci sono 4 voti e una richiesta di voto (1.902 pag. 49) per parti separate che va respinta. Poi voto sul Cociancich (un emendamento presentato dall’omonimo senatore, ndr). Avete tutto chiaro?”. In pratica il sottosegretario inviava gli ordini a Verdini. Il quale, però, in quell’occasione legge il messaggio e non risponde. Lotti replica: “Oh”. Dopo la votazione ecco il messaggio di Verdini; “Luca, 171-12=159!!! Evviva la Repubblica“. Poi fa il resoconto del voto dei suoi parlamentari: “Votanti 11 su 12 (Amoruso in Usa)di Ala +Zin (Maie) +Ruvolo (Gal)”. Il giorno dopo Lotti va alla carica di Verdini di prima mattina: “Sono 6 i segreti di oggi. Quanti ne riusciamo a far uscire di Forza Italia?”. Verdini risponde con una richiesta: “Potresti chiedere se stamattina possono far ricevere il presidente di Ance Sicilia (Santo Cutrone) da dott. Stancanelli della presidenza del consiglio (Lotti) per questione riguardante impugnativa legge regionale siciliana?”. “Ok”, risponde il sottosegretario, ma poi attacca: “Non hai letto mio sms precedente. Non fare il furbo”. Verdini lo rassicura: “Letto e sto lavorando”. Tra i due politici toscani non mancano poi scambi coloriti. Il 7 marzo del 2016, durante l’ennesimo botta e risposta sugli equilibri dei vari partitini, Verdini si rivolge a Lotti così: “Pentiti… o sarai dannato… brutto rospo, maledetta vipera….”. Il renziano risponde così: “Tu mi sembri il Pacciani quando parla della moglie …”. La controreplica di Verdini è esilarante: “Può darsi… ma parlo con “il Vanni” noto compagno di merende!!!!!!”.

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