L’aereo DC-9 che il 27 giugno 1980 si spezzò nei cieli di Ustica, precipitando nel mar Tirreno e uccidendo 81 persone a bordo di un volo di linea di Itavia, fu distrutto per errore da un missile francese destinato a uccidere il dittatore libico Muammar Gheddafi. A dirlo in un’intervista a Repubblica è Giuliano Amato, già presidente del Consiglio e presidente della Corte costituzionale, confermando la ricostruzione fatta già nel 2008 da Francesco Cossiga, presidente emerito della Repubblica e capo del governo al momento della strage (sulla base della quale è stato aperto un fascicolo d’indagine a Roma). “La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno”, afferma Amato. “Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare un’esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico: l’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario”.

Gheddafi, però, “fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig libico finì per colpire il DC-9″. Come ha fatto il Raìs a scampare all’attentato? L’ex premier chiama in causa il leader socialista Bettino Craxi, di cui è stato a lungo il braccio destro. “Quando da sottosegretario alla Presidenza ebbi un ruolo in questa vicenda, nel 1986, cominciai a ricevere a palazzo Chigi le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba esplosa dentro l’aeromobile”, racconta. “Ovviamente mi chiedevo perché venissero a dirmi queste falsità. Capivo che c’era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna.” Ma Craxi, ricorda Amato, “era insofferente alle mie perplessità sulle tesi dei generali. Andavo da lui per avere sostegno sui fatti che secondo me le smentivano e lui mi diceva senza mezzi termini che dovevo evitare di rompere le scatole ai militari. Avrei saputo più tardi – ma senza averne prova – che era stato Bettino ad avvertire Gheddafi del pericolo nei cieli italiani. Non aveva certo interesse che venisse fuori una tale verità: sarebbe stato accusato di infedeltà alla Nato e di spionaggio a favore dell’avversario”.

“Un apparato costituito da esponenti militari di più Paesi ha negato ripetutamente la verità pensando che il danno sarebbe stato irrimediabile per l’Alleanza atlantica e per la stessa sicurezza degli Stati”, spiega ancora Amato. “E quindi tutte queste persone hanno coperto il delitto per “una ragion di Stato”, anzi dovremmo dire per “una ragion di Stati” o per “una ragion di Nato”. (…) Non giustifico e tuttavia comprendo le spinte che allora portarono all’occultamento della verità, ma quarant’anni dopo è difficile da capire. Ci guadagna la Nato ad apparire ancor più disumana, nascondendo ancora una tragedia del genere?”. E lancia un appello anche all’attuale governo francese: “Mi chiedo perché un giovane presidente come Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia di Ustica, non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia. E può toglierla solo in due modi: o dimostrando che questa tesi è infondata oppure, una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo. Il protratto silenzio non mi pare una soluzione”.

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