Conferenze stampa? Meglio farle all’estero, dopo il vertice Nato di Vilnius o dopo aver incontrato il presidente americano Joe Biden, quando le domande per protocollo e per forma si guardano bene dal toccare gli argomenti più delicati, come le beghe interne alla maggioranza, i provvedimenti adottati e quelli sul tavolo del governo, le emergenze del momento. Così, solo quando si trova fuori dai confini italiani, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non disdegna il confronto con i giornalisti. Ha incontrato la stampa a fine giugno durante il consiglio Ue, ha tenuto tre conferenze stampa a luglio: di queste, una a Vilnius e una Washington. L’unica eccezione il 23 luglio a Roma, ma in occasione della Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni. Il confronto con un suo collega, il cancelliere Olaf Scholz, è impietoso: il capo del governo tedesco nello stesso periodo, gli ultimi tre mesi, si è presentato in conferenza stampa per ben 16 volte, più del triplo rispetto a quelle di Meloni.

Avevano cominciato insieme l’8 giugno dopo un incontro istituzionale a Roma. In quel caso la premier italiana non si era sottratta al confronto con i giornalisti, vista appunto la presenza di Scholz, abituato a rispondere quasi quotidianamente alle domande della stampa. Da quel momento in poi, però, salvo l’intervista con Bruno Vespa del giorno successivo, Meloni per tutta l’estate ha evitato ogni tipo di contradditorio con i cronisti. Un’allergia alle domande che viene da lontano: l’ultima conferenza stampa con la premier dopo un Consiglio dei ministri è datata addirittura 9 marzo, quasi 6 mesi fa. Meloni aveva riunito il Cdm a Cutro dopo il naufragio costato la vita a quasi 100 persone e poi era si presentata davanti ai giornalisti. Era andata malino, tra errori ed eloquente nervosismo della premier di fronte ai cronisti che la incalzavano sulla ricostruzione della tragedia. Quella di Cutro rimane, fino ad oggi, uno degli ultimi confronti della presidente del consiglio con i giornalisti italiani. Nemmeno a Caivano, dopo un’altra tragedia che in questo ha riguardato due bambine vittime di uno stupro di gruppo, Meloni ha deciso di dedicare qualche minuto alle domande dei cronisti presenti.

È questo il dato che emerge: Meloni fugge dalle domande quando deve annunciare o spiegare un provvedimento. Caivano è solo l’ultimo di una serie di esempi. Il 28 agosto in Consiglio dei ministri è stato affrontato il tema dei flussi migratori. Ad ammettere davanti ai microfoni che il numero di migranti arrivato in Italia è cresciuto del 103% rispetto agli stessi mesi del 2022 si è presentato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Il 7 agosto il governo ha varato una raffica di provvedimenti, compreso – a sorpresa – un prelievo sugli extraprofitti delle banche. La premier però non si è presentata in conferenza stampa e in silenzio ha cominciato le sue vacanze. Ancora, tornando indietro nel tempo: nemmeno dopo il decreto del 23 maggio che ha riguardato l’alluvione in Emilia-Romagna Meloni ha deciso di rispondere alle domande dei cronisti presenti a Palazzo Chigi. Non lo ha fatto neanche dopo il discusso provvedimento sul lavoro, approvato dal Consiglio dei ministri il primo maggio nonostante le proteste dei sindacati.

Insomma, conferenze stampa vade retro. È stato così per tutto il 2023: anche quando il governo ha varato altri provvedimenti delicati – dalla delega fiscale, al nuovo codice appalti fino al Ponte sullo Stretto – la premier non si è seduta davanti ai cronisti, che magari avrebbero avuto più di qualche domanda da porre sulle misure adottate dall’esecutivo. Meloni si era concessa alla rituale conferenza stampa di fine anno, poi gli appuntamenti coi giornalisti dopo i Cdm o importanti attività di governo si sono ridotte al minimo. E dopo il precedente di Cutro le conferenze stampa post Consigli dei ministri con la presenza di Meloni e la possibilità di porre quesiti sono praticamente sparite.

E anche qui si nota una differenza con i suoi colleghi all’estero. Negli ultimi tre mesi, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha partecipato a conferenze stampa solo in occasione di eventi o incontri internazionali. Lo ha fatto perché il 23 luglio in Spagna si sono tenute le elezioni politiche: da candidato e capo del governo uscente, ha preferito non usare la Moncloa come veicolo della sua campagna elettorale. Un caso diverso, quindi. Il premier inglese Rishi Sunak nei mesi estivi non si è concesso spesso ai cronisti, ma non si è sottratto a lunghe conferenze stampe nelle due occasioni in cui ha dovuto presentare importanti iniziative del suo governo: il 30 giugno, ad esempio, ha parlato del piano per la forza lavoro a lungo termine del servizio sanitario nazionale. Il successivo 13 luglio ha presentato alla stampa, con domande e risposte, la sua revisione delle retribuzioni nel settore pubblico.

Il confronto più emblematico però viene ancora una volta guardando a Scholz: mercoledì 30 agosto, dopo il “ritiro” del governo al castello di Meseberg per una due giorni di gabinetto, il cancelliere tedesco si è presentato davanti alla stampa per spiegare le decisioni prese. Al suo fianco, i ministri Robert Habeck e Christian Lindner, che sono anche rispettivamente il co-leader dei Verdi e il leader dei liberali tedeschi. È come se Meloni, Salvini e Tajani insieme si concedessero alle domande dei giornalisti per rispondere e chiarire quale linea intende seguire l’esecutivo sui temi più scottanti. Nel caso della Germania, Scholz ha parlato di crescita economica, snellimento della burocrazia e digitalizzazione. Ma poi sono arrivate le richieste incalzanti dei giornalisti, ad esempio in merito a un chiarimento sulle misure in ambito energetico, su cui gli alleati di governo sono ancora divisi. Le risposte sono state di circostanza, ma quanto meno hanno portato alla luce l’imbarazzo dei tre esponenti di governo su un tema chiave.

In Italia invece Meloni ormai da mesi ha cominciato a privilegiare i videomessaggi, gli interventi e le dichiarazioni rilasciate a margine, dunque senza la possibilità di fare domande. E senza il rischio di incappare in gaffe o equivoci. Il 4 dicembre sono nati “Gli appunti di Giorgia“, videorubrica diffusa sui social in cui affronta gli argomenti legati all’attività di governo. Ma anche la pagina istituzionale che raccoglie gli interventi della presidente del Consiglio da ottobre ad oggi è piena zeppa di vari “punto stampa” e “videomessaggi”, mentre le conferenze stampa appaiono di rado e appunto solo in compagnia di altri capi di governo o di altri ministri. L’estate non ha portato a un cambiamento, anzi: Meloni continua a fuggire alle domande dei giornalisti. E il confronto formale con Scholz lo dimostra in modo eloquente: 5 conferenze stampa negli ultimi tre mesi contro le 16 del cancelliere tedesco.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

I nuovi Re di Roma

di Il Fatto Quotidiano 6.50€ Acquista
Articolo Precedente

Esautorato sui migranti, smentito a Caivano: così Meloni delegittima Piantedosi per rispondere al fuoco amico di Salvini

next
Articolo Successivo

Sull’omicidio di Angelo Vassallo nessuna novità: la marcia in ricordo del ‘sindaco pescatore’

next