L’analisi del Dna ha confermato che il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, si trovava a bordo del jet privato precipitato lo scorso 23 agosto in Russia. Ora resta da capire cosa abbia causato l’incidente aereo che ha “decapitato” il gruppo di mercenari russi. L’ultima ipotesi, riportata dal quotidiano russo Moskovskij Komsomolets, è che lo schianto sia stato provocato dall’esplosione di un ordigno, piazzato nel condizionatore del velivolo pochi giorni prima del decollo.

Secondo quanto ricostruito dal giornale moscovita, il 18 luglio sull’aereo è accaduto un imprevisto: il condizionatore d’aria si è rotto. Per porre rimedio al malfunzionamento, il jet è rimasto nell’area aperta dell’aeroporto Sheremetyevo di Mosca. Moskovskij Komsomolets scrive che durante il tempo della riparazione “tre persone hanno avuto accesso all’Embraer E35 Legacy 600 (l’aereo di Prigozhin): due ingegneri, Sergey Kitrish e Alexey Anshukov, e il direttore tecnico Minchenkov. L’installazione del turbocooler è iniziata la mattina del 19 agosto e si è conclusa la sera del 20 agosto”.

Il giornale cita, però, anche l’opinione dell’esperto pilota militare ed ex viceministro dell’aviazione civile dell’Urss, Oleg Smirnov, il quale si dice “scettico” sulla versione della bomba nel condizionatore, sebbene ammetta che i moderni ordigni esplosivi, grazie alle loro piccole dimensioni, possono essere installati ovunque. Secondo altre fonti riportate dal quotidiano, alcuni esperti che hanno studiato l’incidente dell’aereo ritengono più probabile che l’ordigno potesse trovarsi nella cabina di comando, nella zona di attacco dell’ala. “Forse il dispositivo era posizionato sotto il sedile sul lato destro della cabina. Ma sicuramente non nel telaio”, ha affermato uno degli esperti citato nell’articolo.

Nel frattempo, tutti i passeggeri dati per morti dopo lo schianto avvenuto nella regione di Tver sono stati confermati dal test del Dna effettuato dal Comitato investigativo russo. Fino alla notizia dell’ufficialità della morte del capo della Wagner, si erano rincorse molte tesi riguardo alla possibilità che l’incidente aereo fosse stato solo una messa in scena, studiata in seguito al tentativo di colpo di stato dello scorso 24 giugno. Queste voci venivano alimentate anche dal fatto che Prigozhin fosse già stato dato per morto una volta, nel 2019, quando nella Repubblica democratica del Congo precipitò un aereo da trasporto, a bordo del quale si disse che c’erano due russi. Uno dei due doveva essere lui, ma ricomparve tre giorni dopo. Senza dimenticare che, al momento dell’incidente, c’era un altro aereo che volava nei cieli russi, sempre di proprietà di Prigozhin, atterrato poi a Mosca. Il test del Dna dovrebbe porre fine a tutte queste ricostruzioni.

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