La dichiarazione del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, secondo il quale “spesso i poveri italiani mangiano meglio dei ricchi perché cercando dal produttore l’acquisto a basso costo comprano qualità” crea, da un punto di vista scientifico, non pochi problemi. Innanzitutto bisogna definire di chi siano per il ministro i “poveri”, i “ricchi” e cosa possa rappresentare per lui un prodotto di “qualità”. In dubiis, ci limiteremo a sottolineare che secondo uno studio apparso sull’ultimo numero del “Bollettino epidemiologico nazionale” dell’Istituto Superiore di Sanità a prima firma di Maria Masocco del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, in Italia “le prevalenze di sovrappeso e obesità sono più elevate fra le persone economicamente più svantaggiate per risorse economiche o bassa istruzione e fra i residenti nelle Regioni meridionali”. Più nello specifico è “significativo il gradiente sociale dell’obesità con una quota di persone obese tra chi ha molte difficoltà economiche quasi doppia di quella osservata fra le persone più abbienti (16% vs 9% nel 2021), che nel tempo si mantiene sostanzialmente invariato”.

Vale la pena di ricordare – come fa lo studio – che “l’eccesso ponderale, inteso come sovrappeso e obesità, favorisce l’insorgenza di numerose patologie e/o aggrava quelle preesistenti, riducendo la durata della vita e peggiorandone la qualità.” Nel solo nostro paese, “si stima che sia responsabile di oltre 64.000 decessi (ovvero del 10% di tutti i decessi) e di oltre 571.000 anni vissuti con disabilità” e anche “per quanto riguarda la popolazione infantile, l’Italia è tra i Paesi europei con la maggior prevalenza di sovrappeso e obesità. Una scorretta alimentazione e una inadeguata attività fisica, seppur legati a comportamenti individuali, sono fortemente influenzati dalle condizioni sociali, economiche e culturali del contesto in cui si vive”.

Certo i dati di questo studio si fermano al 2021 e quindi negli ultimi due anni le cose potrebbero essere nettamente cambiate. Così come lo stesso studio – come ogni buon studio scientifico – ha sottolineato i suoi limiti relativi ad esempio al numero di dati. Dati che però trovano interessatamente riscontro ad esempio in quanto emerso di recente dal convegno “Panorama Diabete – Prevedere per prevenire”, promosso al Palazzo dei Congressi di Riccione dalla Società Italiana di Diabetologia. Facendo riferimento ai risultati del confronto accademico il Presidente Eletto della SID, Raffaella Buzzetti ha dichiarato che “il reddito gioca un ruolo fondamentale nella scelta dell’alimentazione dove gli alimenti di bassa qualità hanno una maggiore densità calorica, hanno più grassi e sono fatti per essere conservati più a lungo”, aggiungendo che “bisogna sostenere coloro che hanno meno strumenti culturali e meno istruzione, dimostrandosi capaci di raggiungere anche chi non è incline alla ricerca di informazioni serie e affidabili riguardo gli stili di vita, fondamentali per la prevenzione del diabete”. Un problema, quello della “mala nutrizione” legata a situazioni economicamente svantaggiate che, d’altro canto, è diffuso anche a livello mondiale. Secondo il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per il 2022 sulla obesità in Europa: “Diversi studi hanno dimostrato che i bambini provenienti da un contesto socioeconomico più basso sono più vulnerabili al sovrappeso e all’obesità nella tarda infanzia, anche se le condizioni economiche della loro famiglia migliorano”. Insomma, sembra che le parole del ministro trovino poco o addirittura nessun riscontro nella realtà, quella scientifica.

Gianmarco Pondrano Altavilla

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