Ad un anno e mezzo dall’annuncio ufficiale, Heineken lascia il mercato russo mantenendo così fede alla propria promessa fatta di tagliare ogni rapporto economico e di affari con il paese a causa dell’invasione dell’Ucraina. La mossa del colosso olandese è stata resa possibile grazie all’accordo firmato con il gruppo russo Arnest, principale produttore di bombolette spray per la cosmetica, profumi e prodotti casalinghi della Russia, il quale con un solo euro comprerà gli asset di Heineken, che comprendono sette birrifici e 1.800 dipendenti ma anche 100 milioni di euro di debiti. Un’uscita che pesa per 300 milioni di euro sulle casse di Heineken, ma che la stessa società giudica come “trascurabile” sotto il piano dell’impatto sugli utili complessivi.

A chi, come il professore di Yale Jeff Sonnenfeld, aveva mosso critiche nei confronti di grandi aziende accusandole di aver sacrificato alcuni buoni propositi in nome degli affari, la società olandese ha risposto menzionando un contesto “molto complesso” nel quale si è ritrovata ad agire, nonché un mercato russo chiuso e autonomo, senza flussi finanziari né in entrata né in uscita, elemento che non permetteva ad Heineken di tutelare, a suo dire, i propri dipendenti dal rischio di nazionalizzazione come accaduto ad altre società come Carlsberg e Danone.

Oltre a questi termini, l’accordo prevede anche che Arnest cessi, entro sei mesi, la produzione di birra Amstel, secondo marchio di Heineken, e che vengano interrotte le licenze degli altri marchi internazionali mentre saranno mantenute per tre anni quelle di alcuni brand regionali al fine di garantire la continuità del business e ottenere l’approvazione di Mosca. Heineken ha fatto anche sapere che non riceverà introiti o royalties e non ha siglato, sotto forma di opzioni call, accordi per rientrare in possesso dei suoi asset.

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