Ancora una volta, il “casus” del generale Vannacci dimostra come l’indifendibile si possa difendere – anche piuttosto bene – facendo una gran caciara e confondendo le acque.

Gli acuti e meno acuti difensori del generale si sono subito ritrovati armoniosamente uniti al grido di “censura!”. Ma il pregevole lavoro autoedito Il mondo al contrario seguita ad essere regolarmente acquistabile su Amazon e, anzi, si giova grandemente della popolarità che gli sta derivando dal caso mediatico. Parafrasando Oscar Wilde, non importa che se ne parli bene, l’importante è che se ne parli.

Quindi nessuna censura. E ci mancherebbe altro: per quanto orripilanti siano le “farneticazioni” (per citare il ministro Crosetto) di Vannacci, a meno che non costituiscano reato (vilipendio? apologia?) o una violazione dei diritti della personalità di persone specifiche, il Vannacci è libero di esternarle. Come ha recentemente sostenuto l’ex giudice della Corte Costituzionale tedesca Susanne Baer (prima donna apertamente omosessuale a ricoprire tale carica), una democrazia vera e non meramente di facciata è in grado di far fronte anche ai conflitti di opinione più aspri, persino quando mettono in discussione l’ordinamento giuridico. Ecco perché i solerti sostenitori del generale si danno un gran da fare a difenderlo su ciò che ha scritto, evitando accuratamente di parlare del come, addirittura toccando insperati apici di ridicolaggine nel paragonarlo a Galileo Galilei, Giordano Bruno e Che Guevara.

E invece qui non c’è bisogno di entrare nel merito del pensiero vannacciano, perché ciò che importa non è tanto il cosa, ma il come: né Galileo, né Giordano Bruno, né Che Guevara erano generali dell’esercito di una nazione democratica che – almeno sulla carta – si ispira a valori quali l’uguaglianza, la libertà e la tolleranza. La domanda dunque è: può un militare il quale, secondo l’ordinamento, rappresenta e difende lo Repubblica Italiana, esprimere per iscritto (bontà sua) e per giunta in maniera straordinariamente articolata un ricettacolo di opinioni ed apprezzamenti in aperto contrasto con i principi costituzionali? E’ un po’ come se il cuoco si rifiutasse di mangiare nel suo ristorante: voi vi fidereste?

Dire che “si tratta solo di opinioni” non risolve il problema: se il giudice del processo a Mimmo Lucano avesse previamente fatto sapere che secondo lui “i Calabresi sono tutti farabutti” (opinione), qualcuno lo avrebbe considerato idoneo a emettere una sentenza giusta? Se un generale dell’Esercito sostiene che le persone omosessuali non sono “normali” (e, dunque, sono diverse dagli altri) o che gli immigrati “non sono uguali e devono ringraziare immensamente per la compassione e la generosità” (opinioni), sarà in grado di osservare i principi costituzionali e, più banalmente, la legge ordinaria, come d.lgs. 215/2003, che vieta ogni discriminazione “a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell’età, della nazionalità o dell’orientamento sessuale”?

Forse il generale ha sbagliato mestiere: se non gli piace questo quadro giuridico, provi a cambiare la legge. Faccia il politico.

Per curiosa coincidenza, proprio in questi giorni il governo tedesco ha approvato un disegno di legge che sembra ritagliato su misura per Vannacci. Se approvato dal Parlamento, la norma prevede che l’Esercito possa in futuro destituire e, contestualmente, licenziare (e non semplicemente trasferire ad altro incarico!) con effetto immediato i militari che dimostrino un comprovato atteggiamento “contrario ai valori costituzionali”. Di più: lo stesso dovrebbe valere anche per i funzionari pubblici.

La logica è chiara: di mestiere, devi attuare una serie di principi e norme che costituiscono le basi del nostro ordinamento democratico. Non le approvi? Non sei idoneo per questo ruolo.

La grandezza della democrazia sta anche in questo: nessuno chiede a Vannacci di smetterla di diffondere i suoi argomenti grotteschi, odiosi, completamente privi di fondamento, scostanti. Solo, faccia il favore di non farlo in divisa.

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