Un dipendente del British Museum di Londra è stato licenziato con l’accusa di aver rubato alcuni pezzi da collezione del museo non esposti al pubblico, che, come chiarito da una nota ufficiale del museo, risultavano “mancanti, rubati o danneggiati”. Nel comunicato l’istituzione culturale rende noto che gli oggetti in questione sono gioielli in oro e gemme di pietre semi-preziose risalenti a un periodo compreso tra il XV secolo a.C. e il XIX secolo, conservati perlopiù a scopi accademici e di ricerca. Il presidente del museo, George Osborne, ha dichiarato che la priorità è quella di recuperare gli oggetti rubati e ha annunciato l’introduzione di nuove misure di sicurezza interne.

“È un incidente molto insolito. So di parlare a nome di tutti i colleghi quando dico che prendiamo molto sul serio la salvaguardia di tutti gli oggetti in nostra custodia”, ha sottolineato Hartwig Fischer, direttore del British Museum. Nei confronti dell’uomo, oltre al licenziamento, è scattata un’azione legale, che accompagnerà l’inchiesta interna guidata da Sir Nigel Boardman, ex membro del consiglio di amministrazione del museo, e dalla comandante della British Transport Police, Lucy D’Orsi.

La sottrazione va avanti da anni ed è iniziata “almeno” nel 2019, ha rivelato il Daily Telegraph. Stando al giornale, in quella che emerge come una possibile attività criminale compiuta dall’interno dell’istituzione culturale del Regno Unito, è stato sfruttato anche il lungo periodo di chiusura del museo, ben 163 giorni, durante la pandemia da Covid. Il membro dello staff sospettato dei furti è stato licenziato prima del coinvolgimento delle forze dell’ordine che al momento non hanno compiuto nessun arresto. Non è stata rilasciata dal British Museum una descrizione precisa o immagini degli oggetti rubati che secondo alcuni esperti hanno un valore inestimabile. Si teme inoltre, alla luce di una attività iniziata nel 2019, che le opere non verranno mai recuperate in quanto già fuse, tagliate o vendute nel mercato nero internazionale degli oggetti antichi.

*foto Creative Commons da Flickr

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