La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno annunciato un nuovo pacchetto di aiuti per l’Ucraina da 13 miliardi di dollari che serviranno per acquistare armi e munizioni. Sebbene gli stanziamenti occidentali destinati a questo scopo superino ormai le decine di miliardi di dollari o di euro, nessuno sembra invece voler prendere seriamente in considerazione la possibilità di ridurre o cancellare il debito estero del paese aggredito dalla Russia. Un debito di quasi 130 miliardi che fa capo per lo più agli stessi paesi che sostengono Kiev (o meglio alle loro banche) oltre che a Fondo monetario internazionale e Banca Mondiale e Ue. Dallo scoppio della guerra nel Donbass, nel 2014, il Fondo monetario internazionale ha prestato all’Ucraina 17 miliardi di dollari, la Banca mondiale più di 8 miliardi mentre la Commissione europea ha anticipato al paese almeno 13 miliardi di euro. Sebbene nel 2022 il prodotto interno lordo ucraino sia sceso del 30%, gli interessi e i rimborsi su questi debiti vanno pagati. Nel 2022 il conto è stato di 22 miliardi. E c’è anche un costo “sociale”, i prestiti sono stati concessi in cambio dell’impegno di Kiev a “creare un miglior ambiente per gli investimenti”, fondamentalmente tagli al welfare state, deregolamentazioni e privatizzazioni.

Tra gli investitori privati i maggiori detentori di titoli di Stato ucraini sono le statunitensi BlackRock, Pimco e Fidelity. BlackRock insieme alla banca statunitense JP Morgan sono stati anche due dei protagonisti della recente conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina tenutasi in Gran Bretagna. BlackRock vuole finanziare le industrie estrattive, in particolare nei minerali, mentre JP Morgan punta a affermarsi come il finanziatore di riferimento per il paese. L’intero processo di ricostruzione del paese è progettato per essere controllato dalle grandi corporations e la presenza di un debito, come noto e visto in molte altri paesi, è un lazo al collo del paese. Ridurlo significherebbe dare al popolo ucraino una maggiore possibilità di autodeterminazione. Secondo alcuni esperti un precedente a cui guardare potrebbe essere quello dell’Ecuador del 2008 quando il paese rinnegò il 70% del suo debito giudicandolo illegale e le somme furono destinate a un uso sociale.

Come spiega a Il Fatto Quotidiano Vitaliy Dudin, capo dell’organizzazione socialista democratica ucraina Sotsyalnyi Rukh (“Movimento sociale”) la cancellazione del debito sarebbe di grande aiuto. “Ci darebbe la possibilità di destinare più soldi alle necessità sociali e militari, garantendo così al paese la capacità di resistere a lungo all’aggressione di Mosca”. Tuttavia, sebbene alcuni attivisti sostengano questa richiesta, Dudin rileva come il governo (che non si trova certo nella posizione di poter trattare, ndr) non la stia supportando poiché “sta agendo secondo il classico paradigma neoliberista e sta cercando di dimostrare che il nostro paese è un debitore affidabile anche in tempo di guerra. Dal lato dei creditore possiamo trovare opinioni diverse sull’ipotesi di una cancellazione del debito tra l’establishment europeo e americano. Ma entrambi sono accomunati nella volontà di tutelare il business finanziario internazionale e quindi nel non prendere granché in considerazione questa opzione. Una ragione potrebbe anche essere la paura di creare un precedente, che potrebbe essere invocato da paesi poveri che si trovassero ad affrontare condizioni politiche ed economiche straordinarie”.

L’alleggerimento dal debito sarebbe provvidenziale anche a guerra finita. La Banca mondiale ha già stimato in oltre 400 miliardi il costo della ricostruzione. Già prima della guerra l’Ucraina figurava tra i paesi più poveri d’Europa, una posizione contesa con la Moldova. Lo stipendio medio è sotto ai 500 euro al mese. Molto difficilmente in queste condizioni il paese sarà in grado di soddisfare i suoi impegni debitori senza infierire ulteriormente sulla popolazione. Una ristrutturazione del debito fu realizzata nel 2015 ma a condizioni non particolarmente favorevoli per il paese. Il taglio del 20% e l’allungamento di tre anni delle scadenze fu accompagnato dall’obbligo per Kiev di destinare il 15% della crescita del Pil eccedente il 3% e il 40% di quella sopra il 40% ai suoi creditori.

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