Guarda alla Casa Rosada e proclama già la “fine della casta corrotta“, ora che è uscito vincitore dalle primarie presidenziali argentine del 13 agosto, dove soltanto il 69% dei 35 milioni degli aventi diritto ha espresso il suo voto. Quello del candidato ultra-liberista della coalizione “La libertà avanza” (Lla), Javier Milei, è stata la vittoria clamorosa di un outsider, che col 30% delle preferenze incassa la candidatura da favorito alle elezioni del 22 ottobre. Un risultato che rappresenta un vero e proprio terremoto politico per la nazione sudamericana, dove gli elettori hanno scelto un economista considerato il “Jair Bolsonaro argentino” per i suoi eccessi verbali e le idee estreme che lo avvicinano all’ex leader di destra brasiliano.

Le idee e gli avversari – Così, nell’anno che segna quattro decenni dalla ripresa democratica, l’egemonia kirchnerista rischia di non vedere rinnovato il suo mandato alla guida del governo e portare così avanti una stabilizzazione definitiva dell’economia del Paese, che finora è stata condizionata dal debito multimilionario contratto con l’Fmi, dall’impatto della pandemia di coronavirus, dalla siccità e dalla guerra in Ucraina. Nel suo programma di governo Milei promette tra l’altro di falciare gli impieghi nella pubblica amministrazione, la ‘dollarizzazione’ della valuta, la privatizzazione dei servizi pubblici (incluse sanità e istruzione) e l’eliminazione della Banca centrale. Con oltre il 92% dei seggi scrutinati, l’attuale ministro dell’Economia, Sergio Massa, candidato della coalizione di governo “Unione por la patria” (Upp), e l’ex ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, candidata della coalizione di centro-destra all’opposizione “Juntos por el Cambio” (JxC), saranno gli altri due principali contendenti, rispettivamente con il 21% e il 16,7% dei voti ottenuti.

La disfatta dei peronisti – A uscire con le ossa rotte dal sorprendente risultato delle primarie è soprattutto il peronismo al governo: Lla risulta oggi la prima forza politica dell’Argentina con il 30% dei voti, JxC la seconda con il 28,25% e Upp si piazza solo terza con il 27,07%. Meno di tre punti di differenza separano le tre forze più votate. È la “fine della casta parassitaria, ladra e inutile di questo Paese”, ha urlato, commentando il suo trionfo, Milei. Enfatico anche l’ex presidente conservatore, Mauricio Macri: “L’Argentina sta entrando in un cambio epocale che lascia definitivamente alle spalle idee molto dannose che hanno solo generato povertà, problemi e disunione tra gli argentini”. Il presidente uscente, Alberto Fernandez, ha invece celebrato la vittoria di Patricia Bullrich su Horacio Rodríguez Larreta nella contesa interna all’opposizione di centrodestra. “Congratulazioni a Patricia per la campagna, la voglia, la forza e il cuore che hai messo nel girare il Paese”. Esiste “una maggioranza di argentini che propone un cambiamento profondo come non esisteva in Argentina da decenni”, ha sottolineato il capo dello Stato.

Record negativo di affluenza – Solo il 69% dei 35 milioni di aventi diritto che ha espresso il suo voto. Si tratta della percentuale più bassa registrata in elezioni primarie e, in termini nominali, di 1,4 milioni di elettori in meno rispetto alle precedenti primarie del 2019 e di circa 10 milioni di elettori che non si sono recati a votare. La giornata è stata caratterizzata da inconvenienti registrati nel sistema di voto elettronico utilizzato nella capitale Buenos Aires che hanno provocato un notevole ritardo nell’apertura di diversi seggi e obbligato la giustizia elettorale ad autorizzare una proroga dell’orario di chiusura di sette seggi. Secondo quanto mostravano i sondaggi prima delle elezioni lo scenario dovrebbe polarizzarsi tra la coalizione di governo Unione por la patria (Up), il cui principale candidato è il ministro dell’Economia, Sergio Massa, e la coalizione all’opposizione Juntos por el Cambio (JxC), i cui due candidati presidenziali sono Patricia Bullrich e Horacio Rodriguez Larreta, attuale capo del governo di Buenos Aires.

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