Era ricercato per un mandato d’arresto internazionale, ma dice di non aver mai saputo nulla, non solo della condanna, anche del procedimento avviato nei suoi confronti dalla magistratura della Romania. Lo ha appreso quando è arrivato in un albergo altoatesino, dove la Polizia lo ha rintracciato e arrestato. Il reato? Aver abbattuto un orso (un animale che in quel paese gode di una ferrea protezione) durante una battuta di caccia che risale al 2017. Protagonista della vicenda è un imprenditore tedesco di 65 anni che ora si trova ai domiciliari in un residence di San Genesio, in attesa che la corte d’Appello decida sul ricorso contro la validità dell’arresto.

Senza sospettare l’esito che avrebbe avuto la sua vacanza, l’uomo è arrivato il 2 luglio ad Anterselva, dove ha preso alloggio in un albergo. Si era recato in Slovenia con un gruppo di amici e rientrando a casa aveva pensato di fermarsi in provincia di Bolzano. Dopo la registrazione in albergo, i suoi dati sono stati controllati dalla Questura che ha accertato l’esistenza di un provvedimento di arresto per scontare una pena di un anno e tre mesi di reclusione. Così i carabinieri lo hanno prelevato e lo hanno portato in carcere. L’uomo è caduto dalle nuvole, pensava a un equivoco. Sostiene che non aveva saputo niente delle accuse nei suoi confronti. In realtà, in Romania è stato istruito un processo e l’imputato è stato condannato perché ritenuto colpevole dell’uccisione dell’orso durante una battuta di caccia al cinghiale.

Assistito dagli avvocati Flavio Moccia ed Ernest Cuccarollo, l’uomo ha ora impugnato l’estradizione, sulla base di una serie di considerazioni giuridiche che ruotano attorno alla mancata conoscenza del giudizio penale nei suoi confronti in Romania, con relativa condanna. I difensori, oltre al ricorso in Italia, hanno incaricato un loro collega rumeno di impugnare la condanna che si era fermata al primo grado, visto che l’imprenditore non aveva presentato ricorso. Sostengono che non vi può essere sentenza definitiva, considerando che l’imputato è stato privato del diritto alla difesa. Si tratta di procedure giuridiche che dovranno essere verificate, soprattutto per quanto riguarda la regolarità delle notifiche alla persona accusata, che non risiede in Romania.

I legali italiani hanno spiegato al Corriere dell’Alto Adige: “Il nostro assistito andò in Romania per cacciare il cinghiale con permessi e concessioni amministrative regolari”. Durante la battuta al cinghiale venne ucciso un orso. Di qui l’accusa di abbattimento di specie protetta in base a una norma del 2016. “Non si sa, però, chi dei partecipanti abbia realmente colpito l’animale” precisa l’avvocato. A sostegno della richiesta di rigetto dell’estradizione ci sono anche il cattivo stato delle carceri rumene e il trattamento riservato ai detenuti. Se l’istanza sarà accolta, l’uomo potrebbe tornare in Germania.

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