di Savino Balzano

Ciò che in queste ore più mi impensierisce non è paradossalmente l’abolizione del sussidio da parte del governo, che come promesso tira lo sgambetto a chi non ce la fa e non dispone di risorse sufficienti a vivere una vita dignitosa. La scelta dell’esecutivo è sbagliata dal mio punto di vista, ma coerente con l’ideologia che lo muove: quello di Meloni è un governo che continua a perseguire la stessa agenda di quelli che l’hanno preceduto. Certo, assai meno ottusamente “appecoronato” dei precedenti, tuttavia ancora abbarbicato alla fanatica religione del pareggio di bilancio, della tecnocrazia europea, del pilota automatico della Bce: Giorgia Meloni non riesce a imporre le ragioni economiche del Paese e dunque sceglie di tirare una coperta corta piuttosto che pretenderne la sostituzione, esponendo al freddo i poveri e i disoccupati.

L’idea che sottende la decisione di non riconoscere il sussidio agli “occupabili” (categoria peraltro calibrata malissimo e inglobante persone che un lavoro potrebbero trovarlo solo per intercessione dello Spirito Santo) consiste nel dipingere la disoccupazione come una colpa: dopo mesi e mesi di propaganda si è riusciti nell’imprimere a fuoco sulla fronte dei disoccupati lo stigma della vergogna. Tanti, tantissimi sono i babbei che se la son bevuta: e si affannano a berciare, ad additare, a indirizzare con veemenza parole di insulto alla volta di chi osa protestare, di chi osa urlare il proprio disagio, la propria difficoltà nel portare il piatto in tavola.

Purtroppo l’opinione pubblica non può che nutrirsi del dibattito e l’opposizione dimostra tutta la sua inadeguatezza in questa fase: il Partito Democratico era contrario al reddito di cittadinanza, come lo era al decreto dignità, a quota 100 e a qualsiasi riforma espansiva, anti-regressiva, indirizzata alla piena occupazione secondo l’agenda e il disegno costituzionale. È una forza politica autenticamente neoliberale e tale vocazione è confermata dal fanatismo europeo che ancora oggi esprime la sua leader, la “federalista europea”.

E ammettendolo pure che Elly Schlein davvero qualcosa la voglia cambiare, mai lo potrebbe fare con uomini come Piero Fassino, le cui recenti uscite sono tanto squalificanti da imbarazzare qualsiasi tentativo di analisi: ecco, un segnale forte e notabile sarebbe certamente stato quello di buttarlo fuori dal partito, ma manco a sperarlo perché è più facile che alla fine ad essere cacciata sarà proprio la leader.

Ed è proprio il Pd a minare alla credibilità di Giuseppe Conte e del M5s: l’avvocato pare non aver rinunciato all’ipotesi di un’alleanza giallo-rossa, foriera di mediocrità e insignificanza. Al reddito di cittadinanza, poi, molto male l’han fatto anche i Cinque Stelle e va detto: se non fosse stato descritto e presentato per quello che non era, ad esempio come uno strumento utile a incrociare l’eccesso di offerta di lavoro con un’inesistente domanda di lavoro, le cose forse sarebbero state più complicate per l’attuale maggioranza. Come abolire infatti uno strumento volto esclusivamente a contrastare la povertà? Forse il debole argomento dei furbetti e lo spauracchio di chi di questo strumento ha abusato sarebbero stati meno efficaci: a chi verrebbe in mente di abolire le pensioni di invalidità per impedire a qualche farabutto di percepirla indebitamente?

Ad ogni modo, il dibattito pubblico non si nutre solo di politica: ci sono ad esempio gli intellettuali, i giornalisti e così via. E devo dire che la reazione alle proteste di chi ha perso il sussidio sono davvero sconvolgenti, quantomeno a me risultano tali. L’ultima di ieri, quando allibito ascoltavo Maria Teresa Meli, su La7, qualificarle come “sceneggiate”.

Vi confesso per onestà di non nutrire particolare simpatia per lei, francamente non riesco a ricordare una sola circostanza nella quale abbia colto un barlume di vaga originalità nelle sue affermazioni (limite mio, ovviamente), però mi sono domandato: ammettiamo anche che quella fosse una folla di svogliati parassiti spinti dalla sola voglia di campare di assistenzialismo (ammettiamo e non concediamo, ovviamente: solo un cretino potrebbe ritenerlo vero), come escludere che là in mezzo vi fosse davvero anche solo una persona bisognosa, una che disperatamente prova a sbarcare il lunario e non ce la fa, una pronta a tutto pur di garantire qualcosa alla propria famiglia: come si sarà sentita nel vedersi così intimamente insultata e quale la colpa per averlo “meritato”?

La verità, in definitiva, è che tutto questo dibattito nutre un carsico odio sociale che mai smette di scorrere nelle vene di questo Paese diviso: un odio che di tanto in tanto emerge drammaticamente, mettendo in luce come tragico possa essere lo scontro tra indigenza materiale e miseria morale.

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