Tutti invocano la via diplomatica, ma nel frattempo a Niamey si preparano alla guerra. La crisi politica in Niger, dopo il colpo di Stato compiuto dagli uomini del generale Abdourahamane Tchiani a scapito del deposto presidente Mohamed Bazoum, rischia di trasformarsi ogni giorno che passa in un conflitto che potrebbe coinvolgere un’ampia area geografica dell’Africa occidentale. La notizia del giorno, mentre le potenze occidentali continuano a chiedere un colloquio con i golpisti, è che la giunta militare ha chiuso alla possibilità di un nuovo viaggio della delegazione Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) nel Paese, mentre secondo il Centro nazionale della resistenza ucraino, in base a informazioni non confermate ufficialmente, un nuovo volo con mercenari Wagner è recentemente decollato dalla Bielorussia verso il Niger.
Intanto l’esercito fedele ai golpisti sta aumentando la presenza nella capitale Niamey, allarmato da un possibile intervento militare dei Paesi limitrofi, con Nigeria e Costa d’Avorio tra i Paesi più propensi all’azione per ripristinare il precedente governo eletto democraticamente. Un convoglio di circa 40 pick-up, secondo quanto si apprende, è arrivato al tramonto di domenica sera, portando truppe da altre parti del Paese per prepararsi a un’eventuale battaglia.
Intanto i militari hanno informato Ecowas che per il momento la delegazione non può essere accolta per motivi di “sicurezza”: “L’attuale contesto di rabbia e rivolte della popolazione a seguito delle sanzioni imposte dall’Ecowas non consente di accogliere la suddetta delegazione nella serenità e sicurezza richieste”, si legge nella missiva. L’Unione europea cerca di abbassare il livello della tensione, anche se dalle parole del portavoce per la politica estera dell’Ue, Peter Stano, traspare l’urgenza di una svolta in tempi brevi per evitare la definitiva escalation: “L’Unione europea esprime fermo sostegno alle attività dell’Ecowas e alla posizione che ha assunto. Siamo in attesa della riunione straordinaria convocata per giovedì. Pensiamo che fino a quel momento ci sia ancora spazio per la mediazione“, ha dichiarato ribadendo comunque “pieno sostegno a qualsiasi decisione sarà presa” dall’Ecowas. Quindi anche l’intervento armato.
Intervento che vedrebbe opporsi agli eserciti Ecowas, secondo quanto affermato da fonti ucraine, anche i paramilitari di Yevgeny Prigozhin, volati con un nuovo convoglio verso il Paese: “I campi dislocati in Bielorussia sono utilizzati dal fondatore della milizia privata di mercenari Yevgeny Prigozhin per riaddestrare i suoi mercenari e trasferirli nei Paesi africani. In questo modo, la Wagner agisce come un esportatore di guerra in tutto il mondo”, dicono. Proprio il capo di Wagner ha inviato un messaggio ai golpisti: potete “chiamare in qualunque momento”, ha detto in un audio di 30 secondi pubblicato oggi su un canale Telegram. “Siamo sempre dalla parte del bene, dalla parte della giustizia e dalla parte di coloro che combattono per la sovranità e i diritti del loro popolo”, ha aggiunto.
Intanto le potenze occidentali continuano a chiedere moderazione. Il sottosegretario di Stato Usa, Victoria Nuland, ha dichiarato di aver incontrato i leader militari del Niger, ma di non aver fatto progressi immediati dato che i golpisti non hanno accolto i suggerimenti degli Stati Uniti per cercare di ripristinare l’ordine democratico e che la sua richiesta di incontrare il leader spodestato del Niger Mohamed Bazoum è stata rifiutata. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in un’intervista si è limitato a dire che la diplomazia è il “modo preferibile” per risolvere la crisi, aggiungendo che Washington sostiene “gli sforzi dell’Ecowas per ripristinare l’ordine costituzionale”.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha assicurato di lavorare affinché “ci sia una soluzione diplomatica, dobbiamo scongiurare assolutamente una guerra in Niger”. Anche perché l’Europa, e soprattutto un Paese di confine come l’Italia, teme non solo le ripercussioni economiche, ma soprattutto quelle in tema migratorio, essendo il Niger un punto di snodo fondamentale della cosiddetta rotta del Mediterraneo. Non lo nasconde nemmeno il portavoce dell’Ue Peter Stano: la gestione della migrazione “è uno dei molti problemi che la situazione in Niger pone perché” il colpo di Stato “rappresenta un pericolo generale per la stabilità e la sicurezza nell’intera regione. Se il colpo di Stato sarà autorizzato ad avanzare, non ci saranno conseguenze positive. Come si è già visto nella regione, ogni volta in cui si è verificato un colpo di stato militare e il rovesciamento delle istituzioni democratiche, questo ha portato a rischi per la sicurezza, inclusa l’incapacità della comunità internazionale di aiutare a regolare i flussi migratori“.