Un post contro la verità giudiziaria – sancita a sezioni Unite penali nel 1995 – sulla strage di Bologna, il massacro della stazione in cui morirono 85 persone e 200 ne rimasero ferite: ovvero la responsabilità penale – con la relativa condanna all’ergastolo – di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Il responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, Marcello De Angelis, su Facebook dice di sapere con certezza che non sono loro i responsabili. E lo fa a pochi giorni dalle inequivocabili parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella sulla “matrice fascista accertata” e gli “ignobili depistaggi di apparati dello Stato”. Un post che sembra una sfida proprio al Quirinale, anche se pure i presidenti di Camera, Lorenzo Fontana, e Senato, Ignazio La Russa, hanno parlato chiaramente di strage fascista. A differenza della premier Giorgia Meloni che ha parlato di terrorismo, innescando una ulteriore polemica.

“Il 2 agosto è un giorno molto difficile per chiunque conosca la verità e ami la giustizia, che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità dello Stato (e mi assumo fieramente la responsabilità di quanto ho scritto e sono pronto ad affrontarne le conseguenze). La differenza tra una persona d’onore e uno che non vale niente è il rifiuto di aderire a versioni di comodo quando invece si conosce la verità. E accettare la bugia perché così si può vivere più comodi. Intendo proclamare al mondo che Cristo non è morto di freddo e nessuno potrà mai costringermi a accettare il contrario. Così come so per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini. Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza” si legge nel post. Che prosegue anche così: “E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e ‘cariche istituzionali’. E se io dico la verità, loro, ahimè, mentono. Ma come i martiri cristiani io non accetterò mai di rinnegare la verità per salvarmi dai leoni. Posso dimostrare a chiunque abbia un’intelligenza media e un minimo di onestà intellettuale che Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla con la strage. Dire chi è responsabile non spetta a me, anche se ritengo di avere le idee chiarissime in merito nonché su chi, da più di 40 anni, sia responsabile dei depistaggi. Mi limito a dire che chi, ogni anno e con toni da crociata, grida al sacrilegio se qualcuno chiede approfondimenti sulla questione ha sicuramente qualcosa da nascondere”. De Angelis conclude invitando a rilanciare il suo pensiero. “A questo post non basta mettere un mi piace – scrive l’ex parlamentare condanna per associazione sovversiva – dovete rilanciarlo e condividerlo; altrimenti hanno vinto loro, gli apostoli della menzogna”. Alle 20 del 5 agosto i mi piace sono 127, le condivisioni 64, i commenti appena 13. Anche De Angelis ha un passato nella destra eversiva, avendo militato nel movimento neofascista Terza posizione. Inoltre è cognato dell’ex Nar Luigi Ciavardini, che ha sposato sua sorella Germana.

Le reazioni – “Queste sono le certezze dei pallonari che non tengono conto dei risultati dei processi e delle indagini che sono state fatte in tutti questi anni. Credo proprio che sia un incorreggibile che pensa che la sua parola superi tutte le prove – dice Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari della vittime della Strage di Bologna – Però non ha parlato di pista palestinese, si vede che sta passando di moda”. Anche l’Anpi interviene: “Le dichiarazioni sulla strage di Bologna di De Angelis, responsabile della comunicazione istituzionale del presidente della Regione Lazio, confermano che bene avevamo fatto nel chiedere la revoca della nomina a chi è incompatibile con i valori della Repubblica democratica e antifascista della Costituzione . dice il presidente dell’Anpi provinciale di Roma, e membro della segreteria nazionale, Fabrizio De Sanctis – dichiarare l’innocenza dei fascisti riconosciuti autori del massacro della stazione di Bologna non è solo disconoscere la verità accertata in modo definitivo dalla magistratura, ma è una vergognosa e proterva menzogna che offende le vittime e la stessa istituzione rappresentata dal suo autore”. De Sanctis chiedendo che De Angelis “si dimetta” o il presidente Rocca “revochi immediatamente la sua nomina”. “Il presidente della #Regione Lazio #Rocca non prende le distanze dal suo portavoce #Marcellodeangelis, ex terrorista Nar, che attacca il presidente #Mattarella e quanti ricordano la matrice #fascista della strage alla stazione di #Bologna?” scrive su Twitter Sandro Ruotolo, della segreteria del Pd. “Una vera e propria summa del revisionismo storico della peggior specie che nega la matrice fascista della strage di Bologna che invece proprio in questi giorni il presidente della Repubblica Mattarella ha voluto rimarcare. Il presidente Rocca condanni le dichiarazioni di De Angelis e se ne dissoci immediatamente”, ha dichiarato la consigliera regionale dem del Lazio, Eleonora Mattia, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali.

Le sentenze e le prove a carico – De Angelis forse non sa che i tre terroristi neri sono condannati in via definitiva anche se hanno sempre negato di essere gli autori della mattanza. Il più noto è la testimonianza di Massimo Sparti, neofascista in contatto con la banda della Magliana, secondo il quale pochi giorni dopo la strage si sarebbe visto arrivare Mambro e Fioravanti che gli chiedevano un documento falso per la donna. Inoltre sostenne che Fioravanti avesse commentato i fatti di Bologna dicendo “hai sentito che botto?” Molti anni dopo Sparti (e suo figlio) ritratteranno questa testimonianza, sostenendo che l’uomo non si trovava a Roma in quei giorni. Ma sul punto la Cassazione che confermò le condanne scriveva di Sparti che era vero che nelle dichiarazioni di Massimo Sparti c’erano state”contraddizioni” e ”numerose variazioni”, ma questi ”contrasti” hanno, rispetto al nucleo essenziale del suo racconto, un ”carattere marginale”.

Infatti a carico dei condannati solo queste parole. Mambro, Fioravanti e Ciavardini non avevano alibi o meglio erano alibi “falliti”. Il 2 agosto 1980 i primi due sostennero di essere stati in Veneto, ospiti di alcuni militanti politici a loro vicini. Ma, soprattutto per quanto riguarda la presenza di Ciavardini, cambiarono versione più volte, nel corso degli anni, dando dichiarazioni contraddittorie fra loro. Fioravanti, inoltre, sostenne a più riprese di trovarsi anche da altre parti (sulla costa dell’alto Adriatico e in Puglia), venendo smentito dai riscontri raccolti. Mentre Ciavardini alla vigilia della strage avrebbe invitato un’amica in partenza da Roma per il nord il 2 agosto 1980 a non prendere il treno perché avrebbe potuto correre dei rischi. Per gli ermellini, come si legge nelle motivazioni della sentenza, Ciavardini rinviò il viaggio della sua fidanzata e di altri due amici da Roma a Venezia, programmato per il primo agosto ’80, perché sapeva: il rinvio fu dovuto alla ”preventiva conoscenza di quello che sarebbe dovuto accadere a Bologna il 2 agosto” e non, come sostenuto da Ciavardini, alla ”mancata disponibilità di un documento falso”.

Quanto all’ omicidio di Francesco Mangiameli, questo fu deciso da Valerio Fioravanti dopo l’intervista del colonnello Amos Spiazzi all’Espresso, rilasciata prima del 2 agosto ’80, nella quale l’ufficiale rivelava che la destra eversiva si era riorganizzata, ”per una più decisa strategia terroristica” e ”indicava quale fonte informativa di tale realtà, un aderente allo stesso movimento, denominato ‘Ciccio”’. E ”null’ altro era accaduto in quel periodo – scrive ancora la Suprema corte – che potesse attivare una reazione di difesa del gruppo terroristico che faceva capo a Valerio Fioravanti, rispetto al pericolo di ulteriori rivelazioni che potevano essere fatte al colonnello Spiazzi, se si prescindeva dalla esecuzione della strage alla stazione di Bologna”. Dunque, Mangiameli era stato ucciso ”solo allorquando, attraverso la divulgazione dell’intervista rilasciata dal colonnello Spiazzi, chi quella strage aveva eseguito ha avuto la materiale certezza che Mangiameli potesse rivelare ciò di cui era venuto a conoscenza”. I giudici della Suprema corte tra le altre cose in motivazione scrissero che la sentenza di condanna della corte d’Assise di Bologna ”non si è sottratta all’onere di verificare se la personalità di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro era compatibile con la partecipazione alla strage di Bologna”. Un esame in base al quale la corte ha tratto il convincimento di come la strage del 2 agosto ’80 – sottolineano le Sezioni Unite della Cassazione nelle motivazioni della sentenza che lo scorso novembre ha condannato definitivamente all’ergastolo i due ex terroristi neri – ”era pur sempre il risultato di una scelta di vita che aveva conosciuto già il disinteresse verso la vita altrui, e come lo stesso comportamento successivo avesse una sua razionale spiegazione: confessare la partecipazione alla strage significava assumersi la tremenda responsabilità di quanto era accaduto, perdere consensi e solidarietà nello stesso ambiente e, soprattutto, la prospettiva di possibili benefici carcerari”. Per la strage di Bologna sono stati condannati in primo grado l’ex Nar Gilberto Cavallini e l’ex terrorista di Avanguardia nazionale Paolo Bellini.

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