Il gruppo Atlantia della famiglia Benetton (ora denominato Mundys) ha ottenuto una proroga per un’autorizzazione che non esiste da un ente non competente in materia. Il 14 luglio il Comune di Fiumicino ha concesso una proroga autorizzativa di sessanta giorni all’impianto di depurazione acque reflue dell’aeroporto Leonardo Da Vinci, che circa un mese prima era stato sospeso e sanzionato da Arpa Lazio (Agenzia regionale protezione ambientale) perché sprovvisto dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera. Aeroporti di Roma, la società controllata da Atlantia che gestisce lo scalo, non ha infatti mai ricevuto quel via libera, pur avendolo richiesto nel lontano ottobre 2007. Ma a “sanare” la situazione ci ha pensato il Comune di Fiumicino – governato dal centrodestra dopo anni di amministrazione di centrosinistra – che ha deliberato la proroga… del documento inesistente. Non solo: l’ha fatto pur non avendo alcuna competenza, in quanto – come si evince dalla stessa determina comunale – nel 2007 la richiesta di Adr era stata presentata all’amministrazione provinciale di Roma (ora Città metropolitana).

L’autorizzazione si rende necessaria a causa delle emissioni prodotte nell’atmosfera dall’essiccazione dei fanghi derivanti dal trattamento dei reflui aeroportuali. “Noi abbiamo fatto richiesta sin dal 2007, reiterata nel 2013, e a oggi non l’abbiamo ancora ottenuta per i cambiamenti delle disposizioni legislative. Ora finalmente c’è stata un’accelerata e a metà agosto ci sarà una conferenza dei servizi tra Adr, Comune e Città metropolitana di Roma per dare un parere propedeutico”, fa sapere la società. Una versione che però sembra differire con le prescrizioni dell’Arpa citate nella determina del Comune: nel verbale di metà giugno che ordina l’interruzione delle emissioni, infatti, l’Agenzia ambientale prescrive anche ad Adr di presentare la domanda “di autorizzazione dandone evidenza entro trenta giorni dalla notifica del verbale”, confermando indirettamente che la richiesta fino a quel momento non era stata fatta. Abbiamo chiesto chiarimenti ad Arpa, che ha risposto così: “Sono state rilevate delle criticità segnalate all’Autorità giudiziaria ed essendoci un procedimento ancora in corso non è possibile dare informazioni in merito”. La stessa confusione emerge sui tempi della conferenza dei servizi in programma per deliberare sull’eventuale rilascio dell’autorizzazione. Adr dice che si terrà verso la metà di agosto, mentre secondo la Città metropolitana si è già svolta, con esito positivo. Il tema forse meriterebbe un po’ di chiarezza, visto che parliamo del primo aeroporto d’Italia per traffico di passeggeri, con circa trenta milioni di viaggiatori transitati nel 2022 e oltre 43 milioni nel 2019 (pre-Covid), e di un impianto di depurazione che ha una capacità di trattamento di ottomila metri cubi di acque reflue al giorno, con le emissioni conseguenti.

Ma aldilà della confusione, una certezza inconfutabile rimane: il Comune di Fiumicino, con nessuna competenza in tema di emissioni in atmosfera, bypassa le decisioni dell’ente regionale preposto alla tutela ambientale, un organo tecnico composto da professionisti qualificati che, dopo un sopralluogo, hanno prescritto ad Adr di interrompere le emissioni in atmosfera del depuratore fino all’ottenimento dell’autorizzazione necessaria. Una determina – firmata dal dirigente dell’area Ambiente del Comune, laureata in giurisprudenza – che senza alcuna valutazione tecnica concede la proroga sposando appieno la tesi contenuta nell’istanza presentata da Adr “secondo la quale l’interruzione della linea fanghi avrebbe un impatto in termini di emissioni in atmosfera di gran lunga maggiore rispetto al permanere in esercizio della stessa linea, dovendo avviare tramite trasporto su gomma i reflui presso impianti di smaltimento/recupero con tutte le conseguenze in termini di emissioni di CO2”.

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