Dopo Milano, anche la Procura di Torino apre un’inchiesta (per ora senza indagati) sui colossi della vigilanza privata con l’ipotesi di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Il fascicolo, affidato al pm Gianfranco Colace, è nato sulla scorta di un esposto firmato dal segretario generale della Uiltucs (Unione italiana lavoratori turismo commercio servizi) Paolo Andreani, in cui si denunciano le condizioni di lavoro dei “vigilantes” e di centinaia di altri lavoratori impiegati nell’organizzazione di eventi, nella gestione di centralini telefonici, nello smistamento di corrispondenza e altri. Ai quali viene applicato il contratto collettivo della vigilanza privata e dei servizi fiduciari, dichiarato più volte in contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, ma tuttora largamente applicato.

L’accordo incriminato prevede una paga base sotto gli 800 euro al mese, del 30% più bassa rispetto al Ccnl Multiservizi e ritenuta da diverse sentenze “ampiamente inferiore al valore monetario del paniere di beni e servizi essenziali al di sotto del quale si configura la povertà assoluta”. Ma anche “condizioni di sfruttamento” e “l’approfittamento di uno stato di bisogno”. E ancora “turni sempre differenti” (talvolta “doppi” nell’arco di 24 ore) comunicati con poco anticipo, tale da impedire ai dipendenti di “integrare la misera retribuzione mensile” con un altro lavoro.

L’elenco delle condizioni “degradanti” è molto più lungo di così. I delegati che seguono il comparto parlano di portavalori costretti a svolgere turni da 8-9 ore in due, con una sola persona a caricare e scaricare più volte dai furgoni cassaforti con somme fino a 100mila euro. Ma anche lavoratori messi a controllare gli scontrini e i dispositivi antitaccheggio nei centri commerciali (Le Gru di Grugliasco, per citarne uno) per 4 euro l’ora senza essere guardie giurate, esposti alle lamentele (e in qualche caso all’aggressività) dei clienti.

In sintesi, trovandosi in uno stato di bisogno, è il ragionamento, i lavoratori sarebbero disposti più degli altri ad accettare “demansionamenti, attribuzione di compiti esorbitanti le mansioni oggetto di assunzione (ma con analogo stipendio), l’errato computo delle ore di lavoro (contratti part time che celano attività full time) pur di non perdere il proprio lavoro”. Gli autori poi parlano di una “sovente disapplicazione in pejus di un contratto già iniquo” e portano l’esempio di Servizi Fiduciari (cooperativa aderente al consorzio Sicuritalia Group Service) che, dopo aver deliberato uno “stato di crisi” interno, avrebbe decurtato il pagamento delle maggiorazioni, le indennità di malattia e abbreviato il periodo di comporto, ovvero il periodo massimo di malattia superato il quale il lavoratore può essere licenziato.

Per il sindacato si tratta proprio di quegli “indici di sfruttamento” contemplati dal reato di caporalato e per questo chiede ai magistrati di accertare l’operato di alcune società e cooperative: oltre a Sicuritalia, Civis, Gruppo servizi associati, Mattioli sicur group, Cosmopol e Gsi security. Realtà che lavorano sia per committenti pubblici che privati: Asl, Comuni, musei, palazzetti, supermercati, centri commerciali e banche. Solo a Torino e provincia si trovano vigilantes privati negli ospedali Don Bosco, San Luigi Gonzaga, allo Stadio Olimpico e nel centro di produzione Rai (dove svolgono la vigilanza antincendio e il servizio di sicurezza integrata), alla Città Metropolitana e al grattacielo Intesa San Paolo. Qui, confidano gli addetti, i turni da 12-13 ore e i turni doppi sono la prassi e non solo nei periodi in cui manca personale.

“Nel 2015 lo etichettammo contratto bidone e non lo firmammo, ma siamo rimasti isolati e dalle istituzioni abbiamo ricevuto solo indifferenza. Ma ora diciamo basta”, commenta il segretario generale della della UILTuCS Piemonte, Gianni Pezzetta. Dopo vari tentativi di rinnovo, falliti per “ostracismo della controparte datoriale”, come è scritto dell’esposto, il sindacato, assistito dagli avvocati Marino Careglio e Alessio Pergola, ha deciso di passare alle vie legali. “A quel punto le aziende sono tornate al tavolo e si sono degnate di offrire 120 euro di aumento salariale. Ora ci aspettiamo una trattativa anche in sede ministeriale”. Un sussulto di coscienza anche da parte di chi, nel pubblico, sulla pelle di quei lavoratori realizza cospicui risparmi.

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