Dopo più di cinque anni, c’è un nuovo arresto per la morte di Marielle Franco, esponente del Partito Socialismo e Libertà (Psol; sinistra), attivista dei diritti umani, simbolo di lotta e astro nascente della politica brasiliana, assassinata mentre era in macchina con il suo autista Anderson Gomes con 13 colpi di arma da fuoco la notte del 14 marzo 2018 nel centro di Rio de Janeiro. La polizia federale brasiliana e l’ufficio del pubblico ministero di Rio hanno notificato un arresto (custodia cautelare) e sette mandati di perquisizione nell’ambito delle indagini. Il ministro della Giustizia, Flavio Dino, ha annunciato l’arresto sul suo profilo Twitter, spiegando che ci sono “progressi” sul caso.

Per la sua morte sono state aperte due inchieste: la prima sui mandanti, la seconda sugli esecutori materiali. Attualmente è sotto processo l’ex poliziotto Ronnie Lessa, ritenuto tra i sicari insieme a Elcio Vieira de Queiroz, poi diventato collaboratore di giustizia. Resta però ancora mistero su chi siano i veri mandanti del delitto. Lessa, pensionato della polizia militare, è indicato come l’uomo che ha aperto fuoco sull’automobile in cui viaggiava Marielle con una mitragliatrice, mentre Vieira de Queiroz era alla guida della macchina da cui sono partiti gli spari. Nel 2020 è stato inoltre arrestato Maxwell Simões Corrêa, accusato di aver contribuito a far sparire le armi usate nell’attentato poco dopo l’arresto di Lessa. Secondo Dino il racconto del pentito conferma e rafforza l’impostazione accusatoria, fornendo elementi che aprono nuovi fronti per l’inchiesta. “Indubbiamente c’è stata la partecipazione di altre persone”, ha detto il guardasigilli, annunciando “altre novità nelle prossime settimane”, e parlando della partecipazione di milizie e criminalità organizzata.

Marielle Franco, 38 anni, nata in una favela di Rio e dichiaratamente lesbica, aveva denunciato la violenza della polizia e della parapolizia nelle favelas. La notte in cui è stata assassinata stava tornando a casa dopo aver partecipato ad una riunione nel centro di Rio de Janeiro. All’epoca della sua morte la città era sotto il controllo militare del generale Walter Braga Neto, su ordine dell’allora presidente, Michel Temer. L’inchiesta della polizia civile e della procura di Rio è stata in subbuglio sin dall’inizio. La polizia ha cambiato il commissario responsabile delle indagini, ha indicato diversi mandanti e ha perso tempo con una falsa testimonianza.

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