Non verranno pignorati e venduti i beni della Germania in Italia per risarcire le vittime del Terzo Reich. I ristori saranno invece a carico del Fondo finanziato con quasi 61 milioni di euro fino al 2026 istituito dal governo Draghi con il decreto legge 36 del 2022. La Corte costituzionale ha infatti stabilito che non è illegittima l’estinzione delle procedure esecutive nei confronti di Berlino per il risarcimento dei danni per crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante la seconda guerra mondiale.

La questione di legittimità costituzionale dell’articolo 43 del dl 36 era stata sollevata dalla giudice dell’esecuzione del tribunale di Roma Miriam Iappelli, che si sarebbe dovuta pronunciare sull’autorizzazione alla vendita di immobili pignorati alla Germania a Roma (tra i quali il Goethe Institut) a seguito delle sentenze di condanna al risarcimento dei danni subiti da due vittime del Terzo Reich, il fante Angelantonio Giorgio e il partigiano Gualberto Cavallina, entrambi deportati a Dachau. Prima della decisione era intervenuto il decreto e la Germania aveva chiesto in forza della nuova norma di dichiarare estinta la procedura. Alla richiesta si era associata l’Avvocatura dello Stato per conto della presidenza del Consiglio. Gli eredi delle vittime si erano opposti, sostenendo l’illegittimità della disciplina introdotta. Il 21 novembre scorso Iappelli aveva sollevato la questione di incostituzionalità prospettando la violazione degli articoli 2,3, 24 e 111 della Carta.

La Consulta oggi ha definito “non fondate” le questioni di illegittimità sollevate dalla giudice riguardo l’articolo 43 che ha istituito il Fondo in continuità con il precedente Accordo di Bonn del 1961 tra Italia e Germania, che già aveva riconosciuto indennizzi (40 milioni di marchi versati da Berlino) in favore di cittadini italiani colpiti da misure di persecuzione naziste. La norma ha stabilito che può accedere al Fondo e chiedere il ristoro chi ha ottenuto, o ottiene, una sentenza passata in giudicato, che abbia ad oggetto l’accertamento e la liquidazione dei danni, a seguito di azione giudiziaria avviata alla data di entrata in vigore del dl 36 o comunque promossa entro il termine di decadenza prorogato fino al 28 giugno 2023. La stessa norma ha poi previsto che i giudizi di esecuzione già intrapresi e pendenti sono dichiarati estinti e non possono essere iniziate o proseguite procedure esecutive.

Con la sentenza depositata oggi la Corte ha affermato che nelle procedure esecutive opera l’immunità ristretta degli Stati, come già riconosciuto in favore della Germania dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, e ha ritenuto che l’estinzione di diritto delle procedure pendenti è compensata dalla tutela introdotta con l’istituzione del Fondo ristori, di importo pari alle somme liquidate con sentenze passate in giudicato. Per la Consulta la disposizione realizza un “non irragionevole equilibrio tra la tutela giurisdizionale di chi abbia ottenuto una sentenza passata in giudicato e l’obbligo del rispetto dell’Accordo di Bonn del 1961”.

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