Il piccolo corpo sarebbe rimasto alla deriva per settimane o mesi, prima di essere restituito alla terra su una spiaggia di Costa Daurada-Cal Guinovart a Roda de Berà (Tarragona). In avanzato stato di decomposizione, lo scorso 11 luglio il cadavere era stato addirittura scambiato per quello di una bambola senza testa. A scoprire che si trattava di un essere umano, il giorno seguente, erano stati gli addetti comunali alle pulizie della spiaggia, che hanno allertato la polizia locale che ha poi affidato il caso alla Guardia Civil. L’autopsia ha confermato che si trattava di un neonato e con tutta probabilità di una delle vittime del naufragio di un’imbarcazione di 15 migranti partita lo scorso 21 marzo da Cherchell in Algeria, e affondata dopo 16 giorni di navigazione, il 6 aprile scorso.

Nel corso delle indagini della Polizia Giudiziaria del Comando di Tarragona sono stati prelevati campioni di DNA che, una volta ottenuto il profilo genetico, sono stati confrontati con la banca dati della Guardia Civil che ha restituito una corrispondenza positiva con una donna il cui corpo era stato recuperato il 6 aprile al largo delle coste delle Isole Baleari. Probabilmente si tratta della madre, che insieme alla piccola e al marito viaggiavano a bordo dell’imbarcazione partita dall’Algeria. Nessuna delle persone a bordo è sopravvissuta, molti corpi mancano ancora all’appello e le indagini sono tuttora in corso. Secondo la Guardia Civil, l’imbarcazione era affondata proprio nelle acque vicine alla costa delle Baleari, ma il corpo della piccola è rimasto in mare per mesi. Visto lo stato del cadavere e la posizione a faccia in giù, diversi testimoni hanno riferito che poteva dare l’impressione di essere un manichino o una bambola. La polizia ha avviato ora un’indagine per accertare le cause del decesso, ma la principale ipotesi è che la piccola fosse già morta quando il mare l’ha portata a riva. Al momento del ritrovamento indossava un body, una tuta e una giacca.

Negli ultimi cinque anni, una media di sei persone al giorno sono morte nel tentativo di raggiungere le coste spagnole su imbarcazioni precarie, dice la ong Caminando Fronteras nel suo ultimo rapporto sulle rotte del Mediterraneo occidentale e dell’Atlantico. La rotta percorsa anche dalla piccola, quella algerina, è la seconda più letale con 1.526 morti rispetto ai 7.692 morti di quella atlantica dalle Isole Canarie, che rappresenta il 68% dei decessi negli ultimi cinque anni. Lo studio conta che 11.286 persone hanno perso la vita dal 2018 nei loro viaggi tra la costa del Senegal meridionale e l’Algeria e rileva la scomparsa di 241 imbarcazioni con tutti i membri dell’equipaggio a bordo. Dal 2014, Caminando Fronteras ha predisposto un database che raccoglie tutte le segnalazioni ricevute di imbarcazioni in difficoltà, registrando i morti e i dispersi in stretto contatto con le loro famiglie e le comunità di migranti. Le persone morte negli ultimi cinque anni provenivano da 31 Paesi, tra cui Mali, Algeria, Marocco, Senegal e Gambia.

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