All’estero con una bugia si va a casa: così accade in Gran Bretagna, in Germania, in altri paesi europei e perfino in Uruguay (per conferma chiedere ad Adrian Peña). Un vecchio incontro con Putin inventato dal ministro degli Esteri olandese o una multa scaricata sulla moglie dal ministro dell’Ambiente britannico sono stati sufficienti per considerare tradita la fiducia dei cittadini e quindi lasciare l’incarico. Una sola bugia è costata la carica di ministra della Famiglia e la carriera politica anche alla tedesca Anne Spiegel: aveva dichiarato di aver partecipato alle riunioni sull’alluvione che colpì la Germania nel 2021 anche se era in vacanza, in realtà mandò i suoi sottosegretari (pratica formalmente lecita). Daniela Santanché invece per il momento resta saldamente ancorata alla sua poltrona di ministra del Turismo del governo Meloni. Eppure, c’è una lista di bugie, omissioni e mezze verità che ha dichiarato nell’Aula di Palazzo Madama lo scorso 5 luglio (e non solo). Santanché ha sostenuto di non aver “mai rivestito ruoli nella costituzione né nell’abbattimento” di KiGroup, una delle società al centro delle inchieste che la riguardano. Una circostanza smentita dal documento relativo alla sua situazione patrimoniale dal 2018 al 2022, nel quale ha dichiarato di essere presidente del consiglio d’amministrazione. E sbugiardata anche da una ex dipendente nel corso di una conferenza stampa con il leader M5s Giuseppe Conte. Non solo, il ruolo attivo di Santanché in meno di 9 anni le ha permesso di portarsi a casa, tra stipendi e indennità per le cariche sociali, circa 2,5 milioni di euro, mentre durante l’audizione in Senato aveva affermato di aver incassato poco più di 500mila euro. E ancora: Santanché ai senatori ha dichiarato di aver saputo dai giornali di essere indagata, non avendo ricevuto “alcun avviso di garanzia”, mentre le sarebbe bastato un accesso al registro delle notizie di reato per scoprirlo, visto che la sua iscrizione da mesi non è più secretata. L’edizione odierna del Fatto Quotidiano svela anche un altro particolare (leggi): la ministra era a conoscenza dell’“informazione di garanzia” per le indagini della Procura di Milano sulle vicende del gruppo Visibilia almeno sin dal 27 marzo. Nel 2017 anche il primo Segretario di Stato e ministro dell’ufficio di gabinetto di Theresa May, Damian Green, aveva mentito ai suoi colleghi. Sia sulle accuse della giornalista e attivista Kate Malby, sia sul fatto di non essere a conoscenza delle foto a luci rosse trovate dalla polizia nel suo pc da parlamentare. Invece era stato informato eccome di quei controlli eseguiti da Scotland Yard. L’epilogo di questa vicenda? Il 20 dicembre dello stesso anno lui si è dimesso.

D’altronde sempre a Londra anche un primo ministro, Boris Johnson, si è dimesso per aver mentito: nel suo caso sulle feste a Downing Street durante il lockdown. In Svezia il giornalista Peter Magnus Nilsson, braccio destro del premier Ulf Kristersson, ha lasciato il suo incarico al governo per aver mentito in un caso di pesca senza permesso di anguille. Tornando ai casi che riguardano i ministri, ecco un elenco (non esaustivi) di coloro che negli ultimi anni si sono dimessi per una bugia. Avevano negato i fatti, una volta smascherati sono usciti di scena con le proprie gambe.

Adrian Peña – L’ultimo caso di ministro dimesso per una bugia arriva dall’Uruguay. Lo scorso 31 gennaio il ministro dell’Ambiente e membro del Partito Colorado del presidente Luis Lacalle Pou lascia il suo incarico per un titolo di laurea mai definitivamente ottenuto ma inserito nel curriculum. La vicenda emerge grazie a uno ‘scoop’ del settimanale Busqueda. Peña inizialmente nega, per poi ammettere di non aver mai presentato la tesi. “È stata una bugia infantile”, ammette rassegnando le dimissioni.

Anne Spiegel – Ad aprile 2022 la nota severità tedesca colpisce l’allora ministra della Famiglia del governo Scholz. Si deve dimettere per una vicenda tirata fuori dalla Bild che risale al 2021, quando è ministra della Renania Palatinato e pochi giorni dopo l’alluvione che colpisce il suo Land decide di andare in vacanza con i suoi figli. A tradire Spiegel però è una fuga in avanti per rispondere alle critiche: chiede pubblicamente scusa per la sua condotta, assicurando che ha comunque tenuto testa a tutti i suoi impegni politici. Si scopre che è falso: mentre era in ferie, alle riunioni ha mandato a turno uno dei due sottosegretari. Una bugia che la porta a dimettersi pochi giorni dopo.

Halbe Zijlstra – A metà febbraio 2019 il ministro degli Esteri olandese, al centro della vittoria di Amsterdam su Milano per l’assegnazione della sede dell’Ema, si dimette per aver mentito su un incontro con Vladimir Putin. La bugia l’ha detta nel 2016, quando parla di un meeting con il presidente russo nel 2006 al quale aveva partecipato per il suo ruolo nella multinazionale petrolifera olandese Shell. Secondo Zijlstra, Putin aveva detto che considerava la Bielorussia, l’Ucraina e il Baltico come parte di una “Grande Russia”. Previsioni che oggi non risuonano affatto bislacche, ma Zijlstra non aveva mai visto Putin di persona e riferì cose sapute da altri.

Damian Green – Il primo Segretario di Stato e ministro dell’ufficio di gabinetto di Theresa May lascia i suoi incarichi il 20 dicembre 2017 per aver mentito ai suoi colleghi riguardo a vecchi scandali riemersi dal passato, fra un archivio di immagini porno e accuse di molestie sessuali. Green si dimette dopo che un’indagine interna bolla come “inesatte e fuorvianti” alcune sue affermazioni a proposito delle vicende che l’avevano coinvolto. Il vicepremier de facto finisce nel mirino per le presunte molestie a Westminster, in particolare dopo le accuse di comportamento inappropriato fatte nei suoi confronti da una free-lance e attivista conservatrice, Kate Maltby, risalenti al 2015. Nonché per le denunce di due ex funzionari di Scotland Yard che sostengono di aver scovato nel suo computer nell’ufficio da parlamentare, nel 2008, una sterminata galleria di immagini pornografiche. Sospetti che Green respinge ripetutamente. In particolare sulla faccenda dell’archivio porno, pesano le sue bugie: nel tentativo di screditare quando dichiarato dagli ex funzionari di Scotland Yard, nega di essere mai stato informato dalla polizia degli esiti dei controlli d’allora. Cosa dimostratasi poi evidentemente falsa.

Jacqueline Galant – Nell’aprile 2016 la ministra belga dei Trasporti si dimette: il 22 marzo precedente un attentato ha colpito la sala partenze dell’aeroporto di Bruxelles e la metro, uccidendo 32 persone. Galant lascia il suo incarico per aver mentito su un rapporto dell’Unione Europea che criticava il livello di sicurezza dell’aeroporto della capitale belga ben prima degli attentati. La ministra inizialmente dichiara infatti che il suo ufficio non era a conoscenza del rapporto, ma poi emerge che invece il dicastero un anno prima era stato informato dei rilievi mossi dall’Ue.

Chris Huhne – Il 3 febbraio 2012 il governo britannico è in subbuglio in seguito alle dimissioni del ministro dell’Ambiente, storico esponente del partito liberaldemocratico. Huhne lascia l’incarico per aver mentito alle autorità riguardo una multa per eccesso di velocità nel 2003. L’allora ministro aveva dichiarato che alla guida c’era la moglie, l’economista Vicky Pryce, addossandole la colpa. Le autorità riaprono l’inchiesta nel 2011 dopo un audio della stessa donna e nel febbraio 2012 arrivano alla decisione di incriminare Huhne. Lui si dimette poche ore dopo.

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