Una sconfitta per il Green Deal e un regalo agli allevamenti intensivi e inquinanti. In plenaria l’Europarlamento vota per escludere gli allevamenti bovini dalla direttiva sulle emissioni industriali, bocciando così la proposta che la Commissione Ue aveva presentato ad aprile 2022 in vista della revisione del testo. Se gli eurodeputati chiedono di estendere le regole per ridurre l’inquinamento a miniere e impianti dell’industria estrattiva e alle installazioni di grandi dimensioni che fabbricano batterie, nel caso degli allevamenti intensivi, alla faccia della revisione, il motto è ‘status quo’. Nonostante questi impianti siano responsabili di ingenti emissioni di ammoniaca, ossidi di azoto e metano, ribattono le ong ambientaliste. E le organizzazioni degli agricoltori tirano un sospiro di sollievo: restano nel campo di applicazione della normativa solo gli allevamenti di suini con più di 2mila capi (oltre 30 chilogrammi) o 750 scrofe e quelli di pollame con più di 40mila capi, esattamente come avviene già. Non solo: se gli impianti che superano queste soglie finora hanno dovuto ottenere specifiche autorizzazioni dalle autorità nazionali, con il voto in plenaria gli eurodeputati hanno chiesto una ‘procedura di registrazione semplificata’. Con queste premesse, iniziano i negoziati con Commissione e Consiglio Ue. Un segnale chiaro dato da un’alleanza di eurodeputati conservatori e di destra, sostenuta da esponenti liberali, alla vigilia di un altro voto cruciale: quello sulla proposta di regolamento sul Ripristino della natura.

Un regalo a chi emette – Certamente l’esclusione dei bovini dalla direttiva sulle emissioni industriali segna un netto cambio di prospettiva rispetto al Green Deal di Ursula von der Leyen. Come ricorda a ilfattoquotidiano.it Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, “secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, il settore zootecnico da solo è responsabile del 54% di tutte le emissioni di metano di origine antropica dell’Unione europea, soprattutto a causa dei bovini”, mentre gli allevamenti sono responsabili del 73% dell’inquinamento idrico dell’agricoltura dell’Unione. “L’allevamento intensivo in Europa è responsabile del 94% delle emissioni di ammoniaca e – aggiunge – in Italia, costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili, che ogni anno provocano circa 50mila morti premature nel nostro Paese”.

La proposta iniziale completamente abbandonata – La proposta originaria della Commissione Ue abbassava di molto le soglie attuali, chiedendo che la direttiva si estendesse a tutti gli allevamenti intensivi (bovini inclusi) con più di 150 Unità di bestiame adulto (Uba), ossia 150 bovini adulti o 375 vitelli, 500 suini o 300 scrofe e 10mila galline ovaiole. Secondo le stime della stessa Commissione questa modifica avrebbe permesso di intercettare il 60% delle emissioni di ammoniaca e il 43% di quelle di metano, coinvolgendo comunque circa il 10% degli allevamenti bovini, il 18% di quelli suini e il 15% di quelli di pollame. Percentuali, dunque, più ambiziose rispetto a quelle che si sarebbero ottenute con le modifiche proposte negli ultimi mesi. “Le misure bocciate avrebbero riguardato meno del 2% degli allevamenti più inquinanti dell’Ue” commenta Greenpeace.

Dal Consiglio dei ministro al Parlamento Ue, il tira e molla – Già a marzo 2023, infatti, il Consiglio dei ministri dell’Ambiente aveva approvato un testo di compromesso, con il voto contrario – nonostante tutto – dell’Italia e del ministro Gilberto Pichetto Fratin. Non più 150, ma 350 unità di bestiame adulto: quindi 350 bovini (stessa soglia per gli allevamenti misti), 875 maiali, 700 scrofe, circa 21.500 galline ovaiole o polli. Per quanto riguarda le soglie, sempre meglio rispetto a quanto votato in plenaria, ma con l’inghippo. Il testo, infatti, prevedeva la sola registrazione per gli allevamenti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva e non la richiesta di specifici permessi per avviare l’attività, come attualmente avviene. A fine aprile, il voto in Commissione Agricoltura del Parlamento Ue, dove storicamente si fanno maggiormente sentire le pressioni di Copa e Cogeca, le associazioni che rappresentano circa 22 milioni di agricoltori europei e secondo cui l’approccio proposto da Bruxelles era “punitivo”. Il risultato? La Commissione Agricoltura aveva respinto l’inserimento degli allevamenti bovini, chiedendo il mantenimento delle soglie attuali per pollame e suini e la “registrazione semplificata” per l’avvio di nuove attività. A maggio, persino il voto in Commissione Ambiente (ENVI) del Parlamento Ue si è chiuso al ribasso rispetto al testo di Bruxelles: certo, la Commissione ha respinto l’emendamento del Partito popolare europeo a favore dell’esclusione gli allevamenti bovini dalla direttiva, adottando quello di S&D (Socialisti e Democratici) e Renew (Liberali) che, però, chiedeva di aumentare le soglie rispetto a quelle proposte da Bruxelles, prevedendo l’applicazione delle norme sulle emissioni industriali ad allevamenti di vacche da latte da 300 capi in su. Se non una bocciatura piena, un annacquamento. In plenaria, il colpo finale: gli emendamenti sostenuti dalla commissione Agricoltura sono stati approvati, mentre sono stati bocciati quelli della commissione Ambiente.

Le reazioni – “Il Parlamento non ha permesso che gli allevamenti che allevano mucche fossero elencati come grandi inquinatori industriali e abbiamo evitato di imporre loro un nuovo onere amministrativo” ha commentato Benoit Lutgen (Ppe, Belgio). Per il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, il voto degli eurodeputati rappresenta “una decisione di grande rilievo per le prospettive della zootecnia italiana ed europea”. “Qualsiasi contrazione del potenziale produttivo europeo – commenta – determina l’aumento delle importazioni dai Paesi terzi dove non sempre vigono regole rigorose come quelle dell’Ue in materia di protezione dell’ambiente”. Anche per il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini “la zootecnia non è assolutamente equiparabile a settori altamente industrializzati”. Ma le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra. “Gli allevamenti di bovini più grandi e più tossici, così come migliaia di allevamenti di suini e polli, potranno continuare a inquinare la nostra aria, il suolo e l’acqua” è il commento di Greenpeace Europa. “Un danno enorme per l’agricoltura sostenibile – conclude Federica Ferrario – che premia gli allevamenti intensivi e inquinanti che distruggono gli ecosistemi, creando un danno per le realtà più piccole, sempre più penalizzate dalle politiche europee. Non credo sia questo il modello del made in Italy”.

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