Ervin Hatibi (Tirana, 1974), poeta, saggista e pittore, è l’enfant prodige della poesia albanese. Il suo primo libro di poesie Përditë shoh qiellin (Ogni giorno osservo il cielo), con prefazione di Ismail Kadare, è stato pubblicato quando aveva quindici anni. Perfino il Regime celebrò il suo talento, ma poi il Regime cadde, e gli anni Novanta si spalancarono davanti a Ervin.

Co-fondò la rivista di avant-garde letteraria E për-7-shme (ne uscirono quattro numeri), scrisse le liriche di alcuni dei brani di successo del gruppo pop-rock Ritfolk, lui stesso fu il frontman di un gruppo rock underground nella Tirana del tempo, espose le sue opere di pittura e collages, si laureò in Letteratura Albanese presso l’Università di Tirana… Ma soprattutto scrisse poesia nuova, simbolista, piene di metafore improvvise e strane. Il suo secondo libro di poesie, intitolato 6 maç (6 di picche), che lo rese famoso nel mondo albanese, specialmente tra i giovani, uscì nel 1995.

Ecco come Ervin descrive, anni dopo, la rivista E për-7-shme e, in fondo, anche la sua stessa arte: “Passando tra surrealismo, dadaismo, agit-prop, simpatie per lo yoga e per il rock aggressivo, E për-7-shme ha contornato il suo volto fetish, per poi morire per mancanza di fondi, come succede in questi casi. Era questo il suo messaggio più forte, il suo prossimo numero. (Prosegue anche oggi). L’arte è un atto di autosacrificio e autodenuncia, etc., etc. In poche parole, è un orgoglio e fine a se stesso: perdere. E për-7-shme, forse, non era un giornale, ma il decoro teatrale di un dramma o una lettera d’amore alle soglie di un presentimento”.

La fine degli anni Novanta segnò una svolta nella sua vita. Dopo essere stato per un po’ redattore capo di Drita islame (Luce islamica), la rivista della comunità mussulmana albanese, se ne andò in Giordania per studiare lingua e civiltà araba. Nel 2004 esce il suo terzo libro di poesie Pasqyra e lëndës (Sommario). Col tempo la sua arte vira verso la saggistica, e lui rimane sempre attivo nella stampa albanese con saggi su cultura, religione, arte, dove esprime i suoi ideali Sufi per cercare di rimodellare la società. Dopo un lungo silenzio, nel 2020 esce il suo quarto libro di poesie (quaranta testi) Transkript nga krevati tjetër (Trascrizione dall’altro letto).

Alla domanda di un intervistatore se si considera il più grande poeta albanese ha risposto: “Non saprei, ma, di sicuro, sono il più alto” (come Majakovskij, è alto quasi due metri). Il suo prossimo progetto è la pubblicazione di un’antologia di poesie scelte, che altri hanno scritto e pubblicato nei social media e hanno spacciato per poesie di Ervin Hatibi. Ervin attualmente risulta disperso ai più da qualche parte tra Istanbul e Giordania. Ecco qui tre poesie scritte prima dei vent’anni.

A.D.

Piano per un suicidio parziale

Immutabile lo schema dei giorni
Che contengono il lunedì, il martedì, sabbath
Sono in realtà
Vertebre del mio corpo da verme

Passano i venerdì, senza pietà i mercoledì
E uno non tollera affatto all’altro
I carrelli ambulanti che vendono lo stesso frutto
Mentre il sole fertilizza la mia tomba spalancata
E scalda i miei bicchieri difficili
E così la settimana si riempie di musiche da film
E di vermi in frutti proibiti

Fare morire i venerdì, calpestare i giovedì
Spaccare due denti alla bocca che ogni giorno morde la vita
E riempire già adesso la tomba con quelli
Che oggi sono e che verranno
(p. es. solo con i lunedì e i mercoledì)

28 maggio 1993

La metà migliore della fucilazione

Farfalle svuotate, annaffiate con geometrie arabe
Mi si sono posate sulle dita come anelli matrimoniali
Da queste giornate, da queste giornate non riesco a sfuggire
Tutto quel che serve e lì
Il guardaroba del disgusto
Scarpe da passeggio lucidate fino alla retina
Cravatte
Che te le offrono
Come per bendare gli occhi prima della fucilazione
E io che le rifiuto, perché alla fucilazione ho girato la schiena
Come a tutte le cose che dovrebbero incontrarmi
Per diventare compiute
Così questi giorni non mi dicono nulla, solo
Ti fanno ricordare
Un presagio logorato tra le memorie
Che ti viene rubato così polveroso nelle pozzanghere della fronte
E non ti lascia formulare la frase dell’ultimo desiderio
Che serve anche domani trovarla
Nulla mi ha insegnato la mia storia dell’umanità
So solo che verso il nulla ti attrae
Una libidine senza oggetto

16 luglio 1993

St. Exupéry

Così tanti giorni sulla terra che cammino
Il me stesso sulla schiena è stanco
I piedi gonfi, freddi gli occhi
Così tanti giorni e ho paura di osservare
Le parole che avrò imparato
Le notizie
Perciò oggi di nuovo ho deciso
di lasciare questa povera vita
di fanteria
Strano come si possa
Sopportare fino in fondo
Questa povera mia vita
Ho preparato allora le ali, polverose, spennate
Per ricominciare quell’altra vita
Non posticcia
Dove le notti sono giorni di sforzi sotto le stelle, e da questo
gli occhi si rallegrano di essere gonfi
Inventerò il vero aereo!

18 febbraio 1991

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